Capitolo 39

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Erano in viaggio già da qualche ora, tra non molto sarebbe sorta l'alba.
«Ad attirare la mia attenzione è stata la distruzione della chiesa, di cui vi ho appena parlato» spiegò Hanji, durante il cammino. «Dai documenti risulta che sia sempre stato un luogo di culto molto importante per la famiglia Reiss e il giorno della distruzione del Wall Maria ci fu questo tragico incidente: i banditi entrarono, per saccheggiare, e uccisero tutti i membri appiccando il fuoco alla chiesa. Si salvò solo il loro capofamiglia, Rod Reiss, che si mise subito in moto per rintracciare la figlia illegittima, Historia. I due eventi devono essere in qualche modo collegati, non so cosa nascondano ma è ovvio a questo punto che Historia sia importante per loro. Comunque, ciò che è strano, è proprio la condizione della chiesa: è totalmente in pietra, anche se un incendio può effettivamente rendere fragile un edificio con quella struttura, non è comunque possibile che arrivi a un livello tale di demolizione con del semplice fuoco. Oltretutto, anche se prendessimo per vera la storia dei banditi, che bisogno c'era di radere al suolo la chiesa? Potevano prendere ciò che volevano e basta, se ne sarebbero poi andati. Solo Rod Reiss, inoltre, dice di aver visto questi banditi e dopo ha pagato tutte le spese necessarie alla sua ristrutturazione, perché avrebbe dovuto farlo? Sono solo congetture e ipotesi le mie, ma conoscendo la situazione dei giganti entro le mura sento che faremmo bene ad andare a dare un'occhiata e non dare niente per scontato».
«Ecco...» mormorò Beatris, seduta sul carro di fianco ad Hanji. «Se la polizia militare lavora ancora per conto di Rod Reiss, non è pericoloso per noi andarci subito visto il nostro numero? Se le cose alla capitale sono state risolte, non potremmo attendere l'arrivo delle truppe?»
«Sì, potremmo riuscire a organizzare una squadra per questa mattina, ma vista l'attuale situazione è imprudente perdere altro tempo. Eren potrebbe essere in serio pericolo» rispose Hanji e Beatris sussultò, improvvisamente preoccupata. «Come? Perché? Non avevamo deciso di utilizzare Eren stesso come esca sicuri del fatto che non avrebbero comunque fatto lui del male? Vogliono il suo potere, giusto?»
«È proprio questo il punto. Abbiamo commesso un errore, non conoscevamo tutti i dettagli, ma il pericolo risiede proprio nel modo in cui il potere viene trasmesso. Beatris, Reiner non ti ha mai accennato niente sul perché volessero Eren?»
«Lui cercava il potere del Gigante Fondatore... voleva portarlo nella sua terra natia».
«E non sai in che modo avrebbero poi estrapolato questo potere?» continuò a chiedere Hanji e Beatris schiuse le labbra, pronta per rispondere, ma qualcosa glielo impedì. Perché non si era mai concentrata su quel dettaglio? Aveva avuto lei stessa quel dubbio, il giorno che Reiner aveva rivelato la sua vera identità al resto del corpo di ricerca, ma da allora erano successe talmente tante cose che non ci aveva neanche più pensato.
Reiner, perché vi serve Eren? Che cosa gli farete?
Glielo aveva chiesto esplicitamente, prima della fine, ma Reiner non aveva risposto. Non aveva voluto risponderle.
«La notte che sono andata via, qualche giorno fa, Eren è corso da me riportandomi alcune cose che aveva ricordato» disse Hanji, notando l'esitazione di Beatris. «Quando è stato catturato da Reiner e Bertholdt, insieme a Ymir, ha ricordato una conversazione tra loro tre prima di svenire. Pare che Ymir sia stata un gigante come gli altri, fuori dalle mura, per circa sessant'anni».
«S-sessanta?» balbettò Armin, di fronte a loro.
«Già. Ha conservato la sua età originale fino ad oggi, ma il punto è un altro...» rispose Hanji. «Lei ha chiesto a Bertholdt se la "persona che aveva mangiato" era loro amico, dopodiché si è scusata, dicendo che ovviamente non aveva coscienza di ciò che stava facendo. Quello è stato il momento in cui è tornata umana. Se la persona mangiata era amico di Bertholdt e Reiner è logico pensare che anche lui avesse il potere di trasformarsi in gigante, e se Ymir prima di allora era un comune gigante non ci resta che supporre che sia proprio questo il modo in cui il potere viene trasmesso».
Beatris si lasciò sfuggire un lamento e si portò una mano tremante alla testa.
«Eren... Eren verrà...» sibilò ma non riuscì a trovare la forza di proseguire. Reiner non le aveva risposto, non le aveva mai rivelato niente, e ora si spiegava perché nonostante avesse deciso di coinvolgerla totalmente nei suoi piani alla fine avesse deciso di esserle totalmente nemico. Non era solo una questione di portare via Eren, ciò a cui puntava lui era proprio l'omicidio. Dovevano far mangiare Eren, ucciderlo, così avrebbero ottenuto il suo potere e sapeva che una cosa del genere Beatris non l'avrebbe mai accettata. Non c'erano vie d'uscita, nemici o amici, senza mezzi termini. Ora era chiaro... ma perché non ci aveva pensato prima? Perché non si era mai concentrata su quel dettaglio così fondamentale?
«Ma Eren aveva parlato di un'iniezione che gli aveva fatto suo padre, non ha mai detto di aver divorato qualcuno» aggiunse poi, cercando l'unica cosa a cui era in grado di appigliarsi. «Anche Reiner mi ha confermato la cosa, ha parlato di un'iniezione che è stata fatta a lui e a Bertholdt. Ha detto che con quella tutti gli eldiani avrebbero potuto...» ma si bloccò, colta da un altro pensiero. Tutti i giganti erano umani e solo gli eldiani avevano quella possibilità. I giganti fuori dalle mura erano eldiani trasformati, ma nessuno di loro aveva più la propria coscienza. Nemmeno Ymir l'aveva avuta per sessant'anni, prima di mangiare l'amico di Reiner. E se quell'iniezione servisse solo per trasformarli in giganti, ma senza coscienza? In fondo c'erano così tante cose che Reiner le aveva sempre tenuto nascosto. Se veramente fosse stato che tutti gli eldiani potevano ottenere il potere del gigante indiscriminatamente perché mandare in spedizione dentro le mura solo tre di loro e non organizzare una vera e propria invasione? Forse... il potere di trasformazione era un qualcosa di più che non tutti potevano ottenere?
«Forse quell'iniezione serve solo a trasformare in giganti, ma non a dar loro il potere di farlo consapevolmente» ipotizzò anche Hanji.
«Non capisco...» mormorò Beatris, sempre più in preda al panico. «Eren non ha mai detto di aver mangiato qualcuno, ed è sempre stato sincero, almeno lui».
«Eren non ricordava nemmeno dell'iniezione, prima della sua prima trasformazione. E non aveva consapevolezza di ciò che era... anche Ymir, nel ricordo che mi ha riportato Eren, ha detto di essere stata come intrappolata in un infinito incubo per tutti i sessant'anni che è stata gigante fuori dalle mura. E non ricordava di aver mangiato un amico di Bertholdt, gli ha chiesto scusa anche per questo. Lo ha ipotizzato, basandosi su chissà quali conoscenze che noi non abbiamo ancora. Probabilmente è normale perdere la memoria di quei momenti, quando si torna umani. Se ti ricordi, Eren durante le sue prime trasformazioni, era fuori controllo e non ricordava mai cosa succedesse quando tornava normale. Ha iniziato ad essere più controllato solo negli ultimi tempi, continuando con la sperimentazione, trasformandosi più volte. Quindi è logico pensare che neanche lui ricordi di aver mangiato qualcuno, in quel momento».
«Il potere del Gigante Fondatore Reiner aveva detto che apparteneva al Re Fondatore delle mura...» mormorò Beatris, cogliendo pensieri sconnessi e improvvisi. E Hanji si incupì improvvisamente. «Se la famiglia Reiss è la vera famiglia reale, allora può essere che...» rifletté, portandosi una mano al mento.
«Che Eren possa aver mangiato la famiglia di Rod Reiss, quel giorno che la cattedrale è stata distrutta» concluse Armin per lei. «E per questo erano così ossessionati dal volerlo riprendere, vogliono riottenere il potere perduto».
«La trasformazione in gigante può avere la capacità di distruggere una struttura in pietra, a differenza di un banale incendio» confermò Hanji.
«E allora Historia?» chiese ancora Armin. «Perché non può riprenderselo semplicemente Rod Reiss? Perché coinvolgere Historia?»
«Questo ancora non lo so, ma penso che avremo le nostre risposte non appena raggiunta quella cappella» disse Hanji. «Forse è solo per poter avere poi una discendenza di sangue per continuare a tramandare il potere all'interno della famiglia reale, come da tradizione».
«Se veramente Eren e Historia si trovano lì, e ormai ne abbiamo quasi la certezza» si intromise Levi, seduto al loro fianco. «È facile supporre che anche Kenny sia lì in questo momento. Dobbiamo essere cauti, concentratevi su di lui, al momento è il nostro ostacolo più grande. Per farvi un confronto in termini di minaccia, immaginatevi che il nemico sia io. Oltretutto con armi come quelle, in realtà è molto più pericoloso».
Un uomo più pericoloso persino di Levi, il soldato più forte dell'umanità. I ragazzi vennero colti da un brivido. Era decisamente spaventoso.
«Ma allora è impossibile per noi...» balbettò Sasha, pallida in volto.
«Ma aspettare di riunirci alla forza militare è impossibile» si intromise anche Connie. «Se aspettassimo fino al mattino Eren potrebbe intanto venir divorato!»
«Ma da quello che ci ha detto finora il capitano, Kenny non sembra avere alcun tipo di debolezza...» rifletté Armin.
«Levi» chiamò Hanji. «Hai detto di aver vissuto per un po' con lui. Non hai altre informazioni da darci?»
«No» rispose Levi, truce. «Diamine, e pensare che stasera è stata anche la prima volta che ho sentito il suo cognome! Kenny Ackerman...» si voltò a guardare Mikasa. «Tu lo conosci?»
«No» rispose Mikasa, abbassando lo sguardo avvilita. «Da quello che mi raccontava mio padre, la famiglia Ackerman fino a qualche tempo fa veniva perseguitata all'interno delle città. Mia madre era di origine occidentale, anche la sua famiglia era stata perseguitata e per questo entrambi sono stati costretti a rifugiarsi lontano dalla civiltà. Si incontrarono durante quella fuga, verso le montagne, ed è lì che si sono innamorati. Ma questo è tutto ciò che so, nemmeno mio padre aveva idea del perché la nostra famiglia venisse perseguitata».
«Ascolta, Mikasa...» proseguì Levi, pensieroso. «Ti è mai capitata una volta in cui dentro di te, per qualche motivo, sentissi come se si fosse risvegliata una forza unica? Una specie di potere?»
Una domanda sconnessa, del tutto inaspettata, che lasciò perplessi tutti i loro compagni. Ma a sorprendere ancora di più fu la risposta di Mikasa. «Sì. Mi è successo una volta, da bambina...»
Non fu difficile per Beatris capire di che momento stesse parlando, conosceva fin troppo bene quella storia. La famiglia di Mikasa era stata uccisa da dei banditi, Eren e suo padre avrebbero dovuto far loro visita quel giorno e li avevano trovati morti. Grisha era corso a chiamare aiuto, mentre Eren era rimasto in quella casa e l'aveva cercata. Era riuscito a trovarla e prima di aspettare l'aiuto dei soccorritori, nonostante fosse solo un bambino, aveva iniziato a combattere contro quegli uomini. Mikasa gli aveva dato una mano e alla fine li avevano uccisi. Era stato quello il giorno in cui Mikasa era entrata a far parte della famiglia. Non faceva che ripetere che era stata colta come da un fuoco improvviso, nell'istante in cui Eren l'aveva intimata a combattere.
«Pare che anche Kenny Ackerman abbia vissuto un momento simile, nel corso della sua vita» disse Levi. «A un certo punto, in un certo momento, era come se si fosse risvegliato in lui un potere straordinario e all'improvviso sapeva cosa fare» ed esitò, prima di confessare. «Anche a me è successo, una volta».
Lui?
Alzarono tutti lo sguardo sorpreso su Levi, scoprendo sul suo volto un'espressione riflessiva, ma turbata. Erano collegati? Lui, Mikasa e Kenny... erano uniti in qualche modo?
Qual era il cognome di Levi? In effetti non se l'erano mai chiesto e pareva che nessuno lo utilizzasse mai, forse nemmeno lo conoscevano. Era sempre stato solo "il capitano Levi".
«Levi... Ackerman?» mormorò Beatris tra sé e sé e sussultò successivamente, rendendosi conto di averlo detto ad alta voce. Alzò gli occhi su Levi, spaventata all'idea di vederlo adirarsi per avergli mancato di rispetto, ma non accadde. Levi le lanciò un semplice sguardo d'assenso e tornò poi a fissare il punto sul carro che aveva preso stranamente di mira, mentre rifletteva su quei collegamenti.
Tutti e tre si chiamavano Ackerman, e tutti e tre avevano vissuto un momento di "risveglio". Che non fosse un caso che proprio lui, Mikasa e Kenny fossero tra le persone più forti che quel mondo avesse mai visto in circolazione? Forse era un altro dei misteri tenuti celati dalla famiglia reale, come il mondo fuori dalle mura e la natura dei giganti? Sicuramente lei non fu l'unica a riflettere su quella che pareva non essere più una casualità, tutti i suoi compagni restarono in silenzio, fino a che non arrivarono infine alla cattedrale. Silenziosi, scesero da cavallo e dai carri, si armarono e si sparpagliarono, setacciando la zona. Sembrava deserto, non trovarono alcuna traccia di nemici né di alcuna presenza umana. Ma non si arresero e continuarono a perlustrare, fino a quando Hanji e Levi non trovarono quella che sembrava una botola. Un ingresso segreto, nascosto sotto a un tappeto.
«Hanji» disse Levi. «Spero che la tua idea possa funzionare. Abbiamo perso un po' di tempo con quella deviazione per raccogliere i materiali necessari a questi souvenir» disse, voltandosi a guardare dei barili avvolti in cavi e parti del meccanismo tridimensionale.
Armin terminò in quel momento di legare l'ultimo laccio all'ultimo barile e si voltò ad annuire verso il suo capitano. «È tutto pronto».
«Bene» Levi si voltò a guardare il resto dei ragazzi. «Siete pronti, allora, a sporcarvi le mani?»
Nessuno rispose ma le loro espressioni non sembravano quelle di chi era disposto a vacillare. Non più. Quella era la battaglia decisiva, non c'era tempo per i ripensamenti. Errori come quelli di Jean non erano più tollerabili. E ne era consapevoli.
«Molto bene» annuì Levi. «Partiamo».
Hanji annuì e insieme aprirono l'ingresso della botola. Una scalinata portava verso il basso, inoltrandosi sempre più verso il sottosuolo. Era buia, ma una bizzarra luce azzurrognola risplendeva da in fondo alla scalinata, oltre una porta socchiusa. Levi e Hanji andarono per primi e fecero cenno al resto della squadra di seguirli, in silenzio. Portarono con sé i barili che avevano preparato per far fronte all'imboscata e si fermarono all'ingresso. Un altro sguardo di Levi, per comunicare con i suoi ragazzi, e infine fece un cenno. Con un calcio spalancò la porta e Armin lanciò giù dalla rampa di scale il primo dei barili attrezzati con ruote per scivolare meglio in profondità e legati a delle bombole che cominciarono subito a riversare fumo e gas. Ne lanciarono un secondo, poi un terzo, e attraverso uno specchietto si assicurarono che arrivassero fino in fondo alla stanza. Un rapido sguardo all'interno, e notarono i soldati appostati sulle colonne, sopra dei terrazzini. Non c'erano fiaccole, né torce, ma le pareti stesse sembravano rilucenti e la luce azzurra che illuminava a vista l'intera stanza sembrava provenire proprio da queste.
«Sono almeno una ventina» sussurrò Hanji. «Ma ce ne saranno altri nascosti dietro le colonne».
«Andiamo! Ora!» ordinò Levi e la squadra partì lungo la scalinata. Lui per primo, seguito da Mikasa e infine anche dal resto, tranne Sasha e Armin che rimasero sul pianerottolo. Sasha tese il suo arco dopo aver infuocato la punta di una freccia su una torcia tenuta da Armin e mirò al primo dei barili. Sparò prima che il nemico avesse potuto reagire, partendo contemporaneamente alla corsa dei suoi compagni, e lo centrò in pieno. Il barile esplose fragorosamente, spargendo per tutta la sala fuoco e fumo... tanto fumo. Sasha incendiò una seconda freccia e fece esplodere anche il secondo barile, aumentando spropositatamente il fumo nella sala, fino a quando nel giro di pochi istanti non ne fu completamente invasa. Polvere da sparo, unita a olio e gas sottopressione, erano arrangiati ma perfetti per creare un diversivo. In questo modo i suoi compagni poterono partire con l'attrezzatura tridimensionale, nascosti dal fumo, invisibili. Il nemico se li trovò addosso, senza neanche capire da dove fossero arrivati.
«Sparate!» gridò qualcuno, ma altro fumo si aggiunse, questo di colori diversi. Verde, blu o nero... erano razzi di segnalazione, sparati da Hanji e Connie, rimasti sulle scale. In poco tempo la visuale fu completamente ostruita.
Videro Mikasa e Levi volargli intorno, ma puntarli fu impossibile. E dopo pochi istanti sentirono la voce di Levi gridare: «Sono trentacinque! Appostati sui pilastri!»
«A tutte le unità, disperdetevi!» gridò la voce di una donna. «Cercateli e concentratevi su di loro uno alla volta!»
Anche Connie, Jean e Hanji partirono, facendo scattare i propri meccanismi e nascondendosi nel fumo presero parte alla battaglia. Non riuscivano a vedersi l'un l'altro, ma sapendo che il nemico li cercava bastava avere un po' di pazienza prima di riuscire a intercettarlo. Avevano già combattuto contro di loro e Armin era riuscito a individuare il punto debole della loro attrezzatura, studiandoli in quell'occasione. Per riuscire a schivare i colpi, bastava non restare in traiettoria del loro volo: il rampino della loro attrezzatura partiva proprio dalle loro armi, erano costretti a mirare in una precisa direzione, e avevano solo due colpi in canna prima di essere costretti a ricaricare. Fu un grande vantaggio, nonostante l'esiguo numero del gruppo di Levi, era quella la loro strategia migliore. Schivarono gli spari e si lanciarono contro i nemici. Connie e Jean sentirono un fremito nel petto, una paura quasi paralizzante che li costrinse a serrare maggiormente le dita sul manico della loro attrezzatura. Il cuore che pulsava in petto, gli occhi spalancati e il sudore freddo lungo la schiena. Ma la loro lama non si fermò. Erano pronti, decisi, e ormai convinti. Non c'era altro modo. Jean tagliò la gola del primo, Connie recise la nuca di un altro, prendendolo alle spalle. Quel sangue non lo avrebbero mai dimenticato, il dolore allo stomaco li annebbiò, ma loro erano più forti. Dovevano esserlo. E si voltarono, pronti a cercare i prossimi esseri umani da uccidere.
Una terza esplosione alle loro spalle, Sasha aveva appena fatto esplodere l'ultimo dei loro barili e il fumo si intensificò nuovamente, mescolandosi a quello dei razzi di segnalazione sparati da Armin. Era quello il momento. Proprio quando la densità del fumo avrebbe raggiunto l'apice e gli uomini di Kenny sarebbero stati troppo presi dalla battaglia, Beatris avrebbe fatto la sua mossa. Si lanciò nella sala, restando alta, quasi a sfiorare il soffitto, dove il fumo si intensificava maggiormente, schiacciato contro la roccia. E passò oltre il campo di battaglia, volando spedita sopra le teste dei suoi compagni e dei nemici, veloce come sapeva essere, e spericolata. L'importante era non essere vista. Passò poco sopra Jean nell'istante in cui lui uccise la sua seconda vittima e si scambiarono uno sguardo. Preoccupati l'uno per l'altro, ma soprattutto decisi e determinati in ciò che stavano facendo.
Loro avrebbero combattuto, loro avrebbero trattenuto le forze di Kenny. Levi, non troppo lontano, sapevano che stava facendo altrettanto: si inoltrava nel profondo della caverna, per cercare Kenny, senza perdere troppo tempo con i pesci piccoli. Avevano i loro ruoli, il piano avrebbe funzionato solo se tutti avessero fatto la loro parte. Kenny spettava a Levi, era suo compito vedersela faccia a faccia col nemico peggiore. La squadra avrebbe tenuto impegnato il resto degli uomini, mentre Beatris scivolando tra loro senza farsi notare, sfruttando la sua agilità e la capacità di adattamento e improvvisazione, non troppo portata al combattimento, sarebbe passata tra loro totalmente silenziosa. Sgusciando come un'anguilla, si sarebbe inoltrata nella caverna, e sarebbe corsa dal loro obiettivo principale: Eren e Historia, possibilmente senza ingaggiare battaglia.
Jean si voltò e tornò a volare verso la battaglia, ma restò in traiettoria di Beatris, preoccupato di intercettare eventuali nemici che avrebbero potuto vederla e scovarla. Incrociò un altro nemico, poco più sotto e lì fermò la sua corsa parallela con la ragazza, per andare a uccidere l'ennesimo uomo. Riuscì a rivolgerle solo un pensiero, e sperò fosse abbastanza intenso da arrivare a lei e alla sua fortuna sfacciata: "Non morire".
Sapeva che anche Beatris doveva averglielo rivolto, glielo aveva letto nello sguardo un attimo prima di vederla sparire oltre la coltre di fumo. Sarebbero dovuti uscire da lì vivi, tutti, e vittoriosi. Era la loro promessa.
Beatris proseguì rapida come un falco, deviando qualora il fumo si diradasse troppo, restando sempre il più nascosta possibile. Poteva sentire le urla della battaglia sotto di sé, sempre più intense, poi passare alle sue spalle. Si stava allontanando, si stava probabilmente inoltrando nella grotta. Anche se non sapeva dove stesse andando, dove si trovasse Eren, non sembrava ci fossero deviazioni o vie secondarie. Non da lì perlomeno. Proseguì, cercando di tenere gli occhi ben aperti nonostante il fumo la portasse a lacrimare. Un fazzoletto le copriva naso e bocca, sapendo che sarebbe stata all'interno della cappa più degli altri aveva cercato di proteggersi come poteva, ma cominciava a sentire l'affaticamento e il bruciore in gola. Non si arrese e finalmente sentì i rumori della battaglia farsi più distanti alle sue spalle. Infine uscì dalla coltre di fumo. Si guardò rapidamente intorno, allarmata di aver perso copertura, ma quello era il suo limite. Il fumo non sarebbe andato più avanti di così e lei aveva bisogno di proseguire, anche se scoperta. Non vide nessuno, né nemici, né Kenny, né tanto meno Levi. Forse erano tutti nella sala che si era lasciata alle spalle, sperava solo che Kenny fosse lì in mezzo e non ad aspettarla più avanti. Senza Levi, non avrebbe potuto fare niente contro un uomo del genere. Si corrucciò. Non era quello il momento di farsi prendere dalla paura. Doveva trovare Eren prima che venisse divorato, sempre se fosse ancora in tempo. Si tolse il fazzoletto dalla faccia, ormai inutile, e proseguì rapida tra le colonne di quella seconda sala. Continuò a guardarsi attorno, senza riuscire a intercettare nessuno, e proseguì sempre più a fondo. Fino a quando, infine, non sentì delle voci.
Si fermò e atterrò, proseguì a piedi e si nascose di colonna in colonna, avvicinandosi sempre più. Le voci si fecero sempre più intense e riuscì infine a identificarle.
«Padre!» riconobbe Historia, nonostante la disperazione le avesse fatto gracchiare un po' la voce.
Qualcuno tossì, affaticato. Un uomo. «Kenny» pronunciò e Beatris ebbe un brivido tanto forte che la costrinse ad afferrarsi i vestiti, come se il suo corpo non le appartenesse e lei avesse provato a fermarsi dall'esterno. Kenny era lì? Levi non era riuscito a trovarlo ed era rimasto indietro, a combattere con i pesci più piccoli.
"Merda" pensò, in preda al panico, e si fermò dietro a una colonna. Non poteva arrivare da loro così, senza un piano, soprattutto ora che sospettava che Kenny fosse lì con loro. Restò semplicemente ad ascoltare e si prese quel tempo per cercare di placare il cuore che batteva impazzito.
«Mi hai servito bene per tutti questi anni» sentì dire dall'uomo. «Sono fiero della decisione di mio fratello, quel giorno. Le tue ambizioni forse non si realizzeranno, ma di sicuro adesso l'umanità ritroverà la pace. Ora sei libero. Trovati un'altra ragione per vivere e goditi una lunga vita».
Non aveva la più pallida idea di che cosa stessero dicendo, né di cosa stesse accadendo, ma Kenny era lì e lei era sola. Avrebbe dovuto recuperare Eren e Historia, ma l'uomo, probabilmente lo stesso Rod Reiss, era lì con loro insieme a Kenny. Due nemici, uno imbattibile, e ben due persone da salvare. Se avesse avuto davanti a sé solo Rod Reiss avrebbe anche potuto farcela, dubitava che il nobile avesse avuto un addestramento militare, anche se non era la più forte del suo corso era comunque sicuramente meglio che un civile. Ma contro Kenny...
Guardò la strada che aveva appena percorso e sentì l'impulso di tornare indietro. Forse avrebbe fatto meglio ad andare a chiamare Levi, portarlo lì per farsi aiutare. Ma aveva tempo? Cosa stavano facendo?
Si corrucciò e digrignò i denti. Sentiva i muscoli bloccati, non riusciva a prendere una decisione, era completamente paralizzata. Sapeva che non doveva farlo, non doveva paralizzarsi, non poteva! Se avesse esitato ancora, avrebbe perso per sempre anche Eren. Ma non riusciva a muoversi. Non riusciva a decidere. Non riusciva più nemmeno a capirci niente. Sentiva solo che tremava come una foglia e il non sentire più nessuna parola provenire dalle sue spalle la facevano cadere sempre più nel baratro del terrore. E se Kenny fosse comparso al suo fianco proprio in quel momento, scoprendola, dietro la colonna? Era persino più forte di Levi, lo aveva detto lui stesso. Contro una delle peggiori del corso cadetti non avrebbe fatto molta fatica nell'ucciderla. Era in pericolo. Erano tutti in pericolo. Se fosse tornata indietro, a chiamare aiuto, avrebbe perso Eren. Se fosse rimasta immobile lì sarebbe morta, scoperta da Kenny, senza neanche provare a salvare Eren e Historia. Ma se si fosse fatta avanti avrebbe dovuto scontrarsi con l'uomo più forte dell'umanità... sarebbe morta sicuramente. Era tutto nelle sue mani, ma lei... lei non poteva fare niente. Era debole. E più perdeva tempo nel cercare di decidersi, capire in che modo agire, senza trovare alcuna risposta, più il pericolo che Eren fosse potuto essere divorato avanzava. Ancora una volta bloccata, paralizzata, non riusciva a prendere una decisione. Non riusciva mai a prendere una decisione.
"Che cosa devo fare?"
Aveva paura... e per qualche motivo iniziò a sentire la voce di Reiner urlare nei suoi ricordi.
Non puoi più restare ferma in un punto ad aspettare che le cose ti cadano addosso e ti schiaccino, Tris!
Quel giorno che se n'era andato.
Smettila di paralizzarti, smettila di restare ferma e aspettare che qualcuno provi a salvarti, nessuno lo farà ancora!
Quel giorno che alla fine aveva scelto lui per lei, abbandonandola.
Adesso devi scegliere!
Perché lei non era stata in grado di scegliere.
"Che cosa devo fare?"
Devi muoverti, Tris!
Si portò una mano alla bocca e piantò sulla pelle un vigoroso morso, tanto potente da far affondare i denti nella carne. Sentì il sapore del sangue sulla lingua un istante prima di essere accecata dal dolore. Non seppe perché l'avesse fatto, ma riuscì a sentire l'adrenalina cominciare a scorrerle nuovamente in corpo. Il dolore del morso, simulando il gesto che Eren faceva sempre quando si trasformava, la riportò alla realtà. Si sollevò in piedi e si affacciò oltre la colonna. Da lì riusciva a vedere solo due sagome, indistinte, e nessun altro. Restò bassa e si avvicinò ancora, cercando di essere il più silenziosa possibile. Fino a quando, oltre l'ennesima colonna, non riuscì infine a vederli.
Historia aveva addosso una semplice tunica ed era in piedi, libera, di fianco a Rod Reiss messo in ginocchio. Lei gli teneva le mani poggiate alla schiena, in un gesto di conforto e preoccupazione, ed entrambi guardavano ciò che stava accadendo sopra di loro. Una scalinata portava a una specie di promontorio alto circa quattro metri. Sopra questo, legato con delle catene impiantate nel muro, Eren era a petto nudo, in ginocchio. Alle sue spalle un uomo con la divisa della polizia centrale lo teneva per i capelli. Quello doveva essere sicuramente Kenny.
«Kenny! Cosa vorresti fare?!» gridò Rod Reiss.
«Forza, Historia. Diventa pure un titano, non vi intralcerò più» disse Kenny. «Ma perché non permettere anche a lui di farlo?» disse strattonando Eren verso l'alto. «Combattete, se vincerà Historia allora tornerà la pace. Se invece vince Eren, tutto resterà com'è ora. Sembra divertente, no?» si sfilò di tasca un coltello e ne appoggiò la punta sulla fronte di Eren. «Immagino che ora come ora tu non sia in grado di morderti la lingua. Lascia che ti aiuti io» e con un gesto deciso fece un taglio profondo sulla fronte di Eren. Historia si lasciò sfuggire un urlo spaventato e fu probabilmente solo grazie a quello che Beatris non venne scoperta, perché anche a lei sfuggì un singulto. Si mosse, pronta a intervenire, ma ancora una volta si fermò e tornò a nascondersi dietro la colonna. Non poteva lanciarsi contro Kenny a testa bassa, sarebbe morta non appena avesse mostrato la sua presenza. Doveva trovare un piano. Una via alternativa. Aveva bisogno di un piano... di un'idea. Un'idea folle. Qualsiasi cosa.
Doveva fare la pazza, come le diceva sempre Jean, e doveva farlo in fretta. Ma più cercava di pensarci e più sentiva la paura tornare a serrarle la gola.
«Vuoi davvero che continui a respirare fino a morire di vecchiaia? Credi che sia vivere, questo, Eh?!» sentì ringhiare Kenny.
«Historia!» ruggì Rod Reiss. «Non devi preoccuparti! Questo siero ti trasformerà in un potente titano, ho scelto l'esemplare più adatto al combattimento! Perderai il controllo una volta trasformata, ma finché Eren resterà legato potrai mangiarlo e tornerai normale».
La teoria di Hanji e Beatris era corretta: avrebbero fatto mangiare Eren. Non aveva tempo da perdere, doveva assolutamente pensare a qualcosa. Forse... l'unica soluzione era davvero lanciarsi all'attacco, ignorare il pericolo e sperare solo di riuscire a guadagnare abbastanza tempo per permettere a Levi di arrivare. Era l'unica cosa folle che le veniva in mente. Prendere tempo. Attirare l'attenzione.
Si affacciò oltre la colonna e vide Kenny, in traiettoria, con lo sguardo puntato a Historia e Rod Reiss. Era concentrato su di loro, non l'aveva ancora notata. Forse... poteva ancora fare qualcosa. Attirare l'attenzione...
Si tolse una delle due bombole dalla sua attrezzatura e restando nascosta dalla propria colonna corse a quella più indietro. Si sfilò la cintura dai pantaloni e la legò a questa, fermandola lì. Si tolse il mantello dalle spalle e lo conficcò in uno spuntone un po' più aguzzo, appena sopra di questa, cercando di fermarlo, di incastrarlo, così che non si fosse mosso da quella posizione. Infine cominciò a svitare piano piano la valvola della bombola. Sentì alle sue spalle la discussione tra Kenny e Rod Reiss proseguire, ma ormai non l'ascoltò più, presa solo dalla fretta di completare il tutto il prima possibile. Prese infine la corda che si era portata dietro, con cui le avevano detto di legare Rod Reiss se avesse avuto modo di immobilizzarlo. Ne legò un'estremità alla valvola quasi del tutto svitata. Sarebbe bastato uno strattone e si sarebbe aperta del tutto. Infine, cercando di approfittare dell'attenzione che Kenny dava solo a Historia e Reiss, corse dalla parte opposta, verso il fianco sinistro, nascondendosi di colonna in colonna e portandosi dietro l'altra estremità della corda. Fino a che non fu abbastanza lontana e la corda non fosse finita. Si voltò a guardare la scena. Erano ancora lì che parlavano e Reiss, con una siringa in mano, stava cercando di convincere Historia a farsela iniettare. Non c'era più tempo, doveva intervenire. L'ago era quasi premuto sulla sua pelle.
Tirò con uno strattone la corda legata alla bombola a qualche metro da lei e questa, completamente aperta, iniziò a rilasciare gas ad alta pressione, fischiando come una teiera ben calda. Il mantello appeso sopra di questo cominciò a muoversi e sventolare per aria, mosso dal gas, e infine Beatris restò a guardare. Pronta.
Come sospettato, l'attenzione di Reiss e soprattutto quella di Kenny si concentrò sulla zona da cui sentirono provenire il rumore.
Kenny non disse nemmeno una parola, ma in una frazione di secondo si lanciò in direzione del rumore, pronto a sparare e colpire qualunque invasore avesse osato interromperlo. Ma non arrivò mai a destinazione. Beatris fece scattare il proprio meccanismo e gli volò addosso il più rapidamente possibile, cogliendolo alle spalle. Strinse l'impugnatura della propria attrezzatura, pronta a recidergli la testa. Fece cadere le lame verso la sua nuca che lui non si era nemmeno voltato, non avendola notata per tempo. Aveva funzionato, era riuscita ad avere il suo vantaggio, era riuscita a intrappolarlo e lo avrebbe ucciso. Avrebbe battuto il famigerato Kenny Ackerman, lei, la ragazza più inutile dell'intera accademia.
Ma senza neanche voltarsi, puntando su di lei solo uno sguardo traverso, Kenny tirò immediatamente indietro un braccio e puntò la seconda pistola della sua attrezzatura proprio nella sua direzione. Riuscì a sparare prima che lei arrivasse. E la colpì.
Un dolore accecante la travolse improvvisamente, cambiò la sua traiettoria, e le fece perdere presa sulle proprie lame. Perse contatto con la propria attrezzatura e si ritrovò a terra, senza neanche capire quando e come fosse caduta. Ad assordarla c'erano solo le proprie urla lancinanti. Quando riuscì a riprendere coscienza di sé, a rendersi conto di essere ancora viva, si ritrovò raggomitolata a terra, con la mano destra premuta contro la spalla sinistra. Era in un bagno di sangue, il colpo l'aveva ferita molto in profondità, e poteva vedere ancora il sangue scorrere fuori dai propri abiti lacerati. Non ebbe tempo di guardare le condizioni della ferita, capire quanto fosse grave, che sentì un calcio arrivarle dritto alla bocca dello stomaco. Perse contatto con la realtà per qualche istante, non ebbe neanche la forza di urlare e tutto si fece buio. Mai aveva ricevuto un colpo violento come quello in vita sua. Sentì delle voci, ma furono ovattate da un tremendo fischio alle orecchie.
Ma una cosa riuscì a capirla... stavano parlando, e Kenny non l'aveva ancora uccisa. Cosa l'aveva trattenuto?
Le ci volle qualche secondo per riuscire a tornare alla realtà, riprendere a respirare e soprattutto decifrare quei suoni ovattati.
«Ah?!» sentì pronunciare dalla voce di Kenny, sopra di lei. Ma era ancora tutto buio e ofuscato, non riusciva a vederlo né tantomento a muoversi. «Non vuoi che la uccida, Eren?»
«Lasciala immediatamente!» riuscì a riconoscere la voce di Historia, spinta da un'autorità che non sembrava quasi nemmeno la sua.
«Perciò tenete alla vita di questa ragazzetta, non è vero?» ridacchiò Kenny. «Va bene, facciamo così» Beatris si sentì afferrare per i capelli e venne sollevata da terra. Ebbe come la sensazione che la cute avesse potuto strapparsi da un momento a un altro e un altro lamento le uscì dalla gola. Riuscì a muovere solo la mano destra, la portò sopra la sua testa, intercettò la mano di Kenny arpionata ai suoi capelli. Ma non poté fare niente se non restare aggrappata lì, provare ad alleviare un po' il dolore facendo forza per tenersi a lui. Le gambe, per quanto si sforzasse, non riusciva assolutamente a muoverle. «Voi trasformatevi, datemi questo bello spettacolo, e io la risparmierò».
«Hi..sto...ria» sibilò usando tutto il fiato che le era rimasto. «Cosa... succede?»
Perché? Perché Historia, che era libera, non faceva niente per ribellarsi? Perché non aveva fatto niente per fermare suo padre, che sembrava intenzionato a trasformarla? Perché non cercava di fare niente per impedire che la costringessero a mangiare Eren? Cosa stava succedendo?
«Historia» sentì singhiozzare Eren. «Fallo! Trasformati e divorami. Salverai la vita a Bea e salverai l'umanità».
Ma che stava dicendo?
«Ah, così non vale Eren! Devi trasformarti anche tu, fammi vedere un bello scontro tra titani!» disse Kenny e scoppiò a ridere, divertito da chissà cosa. Beatris sentì qualcosa di freddo, metallico, poggiarsi sulla sua gola. Ma non ebbe la forza di vedere, né di chiedersi cosa fosse.
«Va bene!» gridò Eren, disperato. «Va bene, lo farò! Mi trasformerò! Ma... ma lasciala andare!»
Kenny attese qualche secondo, pensieroso, e alla fine lasciò i capelli di Beatris. «Tanto non credo che andrà comunque molto lontano in queste condizioni» ridacchiò e facendo scattare il proprio meccanismo, si arpionò al soffitto e volò in alto. Abbastanza lontano da essere al sicuro, non troppo lontano per non perdersi lo spettacolo. «La tengo sotto tiro, Eren, non provare a fare scherzi!»
Beatris cadde a terra, incapace di reggersi in piedi e lì restò, nel suo bagno di sangue. Riuscì a restare cosciente, riuscì a sentire ciò che accadeva intorno a sé, ma il dolore le impediva di muovere qualsiasi muscolo. E si sentiva sempre più debole. Quanto sangue stava perdendo?
Spostò appena il volto, riuscendo così a puntare gli occhi a Historia, e non poté fare altro che rivolgerle uno sguardo. Vide Historia brandire la siringa che suo padre le aveva dato poco prima e portarsela al braccio scoperto, appoggiando la punta sulla pelle. E sentì Eren, piangere e lamentarsi. Historia si guardò il braccio, determinata, pronta a iniettarsi il liquido in vena, ma esitò. E spalancò gli occhi improvvisamente.
«Che succede, Historia?» le chiese suo padre.
Historia lanciò uno sguardo a Beatris, intercettando i suoi occhi sempre più appannati.
«Se adesso io mi trasformassi, lei...» mormorò.
«Non preoccuparti! La porterò io lontana da qui e non appena divorerai Eren tornerai in te. Avanti, Historia, non c'è tempo da perdere! Il nemico si avvicina».
«Il nemico...» chi era il nemico in tutto quello? Cosa identificava una persona come nemica? Chi erano gli eroi? Coloro che portavano avanti cause nobili, disposti a sacrificare ogni cosa? Erano davvero quelli gli eroi? O lo erano coloro che combattevano fino all'ultimo per riuscire ad ottenere una qualche forma di pace e felicità? Era tutto confuso, tutto completamente confuso. Cos'era giusto e cos'era sbagliato? Suo padre le aveva chiesto di trasformarsi per ottenere il potere del Gigante Fondatore, far tornare la pace in quella terra, e con quel potere avrebbe anche potuto combattere i giganti. Già... loro potevano farlo.
«Padre, perché mia sorella non ha mai combattuto?»
Frieda aveva avuto il potere del Fondatore per tanti anni, e i suoi antenati prima di lei, eppure nessuno aveva mai fatto niente per liberarli dalla piaga dei giganti.
«Perché nessuno dei nostri antenati ha mai fatto niente per liberarci dai titani?» continuò Historia. «Ricordo che qualche volta Frieda diventava una persona completamente diversa, sembrava posseduta da qualcosa, ci chiamava peccatori e poco dopo diventava improvvisamente depressa. Come se stesse soffrendo terribilmente per qualcosa. Quello era forse dovuto al fatto che lei aveva ereditato le memorie del mondo? Era perché aveva ereditato la volontà del primo re?»
«Esatto» rispose Reiss. «Il primo re ha creato questo mondo circondato da mura, desiderava un mondo che fosse governato dai titani. Credeva che in quel modo sarebbe potuta esistere la vera pace. Ma il perché non lo conosco» prese la mano di Historia, che serrava ancora la siringa, e la strinse, provando a premergliela contro la pelle. Pronto a forzarla, se necessario. Ma non fece altro che provare a spingerla, con le parole, senza costringerle niente. Fu più un gesto simbolico.
«Solo chi ha visto le memorie del mondo può davvero saperlo» continuò Reiss. «Sia io che mio fratello abbiamo provato più volte a implorare mio padre di liberarci dalla piaga dei titani, ma non ci dette mai ascolto, e non ci spiegò il motivo. Quando mio fratello ereditò il Gigante Fondatore, anche lui improvvisamente divenne quella stessa persona. Quando lo guardai negli occhi capii. Capii che era diventato quella stessa entità onnipotente e onnisciente che governa su tutto. Sai come viene chiamata quell'entità? Dio. Noi lo chiamiamo così. C'è una ragione dietro tutte le catastrofi di questo mondo, e se l'essere umano è destinato a vivere o perire spetta solo alla volontà di Dio. Il mio compito è di riportare Dio a questo mondo».
«Historia....» sibilò Beatris e non riuscì a dire altro. Schiuse le labbra, provò a parlare ancora, ma non uscì altro che un respiro affannoso. Historia si voltò a guardarla di nuovo e restò per qualche istante ancorata al suo sguardo. Sormontato dalle sopracciglia, corrucciata, ma non per il dolore fisico. Riuscì a capirla. Non c'era bisogno di aggiungere altro.
Lei era Historia. Aveva promesso a Ymir che avrebbe per sempre vissuto sotto al suo nome, che non avrebbe più cercato di trovare il modo di morire gloriosamente. Se avesse ereditato il potere del Fondatore, sarebbe stata domata anche lei dalla sua volontà e avrebbe perso la propria, come i suoi antenati. Era davvero disposta a buttare così la propria vita? Fare l'eroina, sacrificarsi per gli altri, senza ottenere niente per sé se non una vana e inutile gloria. Che cosa definiva un eroe? Che cosa rendeva una persona eroica? Ma soprattutto... le interessava davvero? Loro due erano simili, non sembravano dare alla loro stessa vita la giusta importanza, orientate verso un obiettivo sempre più lontano. Un obiettivo che avevano giurato di raggiungere insieme. Il suo compito era un altro, e non le importava se così avrebbe perso l'occasione di far tornare la pace dentro le mura. Non le importava se ci sarebbero state altre guerre, altri morti, lei doveva iniziare a dare un valore alla propria vita. L'aveva promesso a Ymir.
Strattonò improvvisamente il braccio, colpì la siringa prima che fosse potuta sprofondare nella sua pelle, e la lanciò via. Cadendo a terra, il vetro che conteneva il liquido si ruppe e questo si riversò per terra.
Reiss lanciò un urlo agghiacciato di fronte alla sua improvvisa folle reazione. Ma prima che avesse potuto reagire in qualche modo Historia lo prese per il colletto, lo sollevò e lo ribaltò a terra, lanciandolo via.
«Ne ho abbastanza! Non ti permetterò di uccidermi, non permetterò a nessuno di farlo!» corse a prendere la borsa di suo padre e salì la scalinata che portava a Eren. Si inginocchiò al suo fianco, estrasse un mazzo di chiavi e cominciò a provarle tutte per riuscire a trovare quella giusta. Dall'alto del soffitto poterono sentire Kenny scoppiare in una fragorosa risata, assurdamente divertito.
«Ma cosa stai facendo?!» gridò Eren, guardandola mentre cercava di liberarlo.
«Devi scappare, Eren!» gli rispose Historia, liberandolo dalle catene che lo tenevano per la vita.
«Devi divorarmi! Tu non fai forse parte della stirpe prescelta? Io sono diverso, io non sono niente di speciale! Se continuò così metterò ancora tutti in pericolo, non posso vivere in questo modo! Devi divorarmi!»
«Stai zitto, idiota!» ruggì Historia, tirandogli un pugno in testa. Prese le chiavi e cominciò ad armeggiare con le catene sui polsi, tornando a provarle per cercare quella giusta. «Frignone che non sei altro! Eliminare i giganti? Chi mai farebbe una cosa così assurda?! Piuttosto io odio l'umanità, dovrebbe essere tutta divorata dai giganti. Esatto! L'hai capito o no, Eren?! Io sono il nemico dell'umanità!»
Se il nemico era colui che sceglieva il proprio destino, la propria vita, al resto del mondo, allora lo sarebbe stata. E non le importava se fosse sembrata crudele ed egoista. Lei avrebbe vissuto solo per se stessa, d'ora in avanti. «Tuttavia... anche se sono nemico dell'umanità, sono tua alleata. Non posso essere una buona figlia, né voglio diventare Dio, ma se al mondo esiste anche solo una persona disperata che dice di essere inutile io voglio raggiungerla! Voglio raggiungerla e dirgli che si sbaglia. Non importa chi sia o dove questa persona si trovi, io andrò a salvarla!» Doveva salvare Ymir. Non doveva diventare Dio, non doveva diventare una buona figlia, lei doveva essere solo Historia. E avrebbe risolto i problemi di quel mondo a modo suo, per permettere poi a Beatris di andare a salvare Ymir per lei, fuori dalle mura. Per permetterle di risolvere i problemi del mondo fuori. Aveva promesso che lo avrebbe fatto!
Provò l'ennesima chiave, senza trovarla. E non si accorse, né volle guardare ciò che stava succedendo intanto a suo padre, sotto di loro. Beatris, ancora stesa a terra, riuscì a vederlo invece un istante prima che si allungasse sulla pozza di liquido uscito dalla siringa. E allungava la lingua verso questo. Non sapeva cosa sarebbe successo, non sapeva niente di come funzionasse, ma se Reiss si stava comportando in quel modo sicuramente non era qualcosa di cui star tranquilli. Cercò di muoversi, di spostarsi, voleva scappare ma non riuscì a fare niente se non trascinarsi pesantemente in avanti. Cadde dopo aver fatto neanche dieci centimetri. E in quel momento la lingua di Rod Reiss incontrò il liquido.
L'esplosione la investì completamente e la sbalzò via, ustionandola. Riuscì per tempo a trascinarsi un braccio di fronte al viso per coprirsi, proteggersi maldestramente, ma sentì lo stesso la vampata di calore penetrare oltre i vestiti e colpirla in pieno. Venne scaraventata contro il muro alla sua sinistra, e lo avrebbe colpito in pieno, sbattendoci contro violentemente, se non fosse stata presa in tempo.
«Tris!!!» l'urlo di Jean anticipò il suo salvataggio. La prese appena prima che si scontrasse contro il muro, venendo trascinato con lei. L'impatto gli tolse per un attimo il fiato, ma riuscì ad attutire il colpo di Beatris con il proprio corpo. Alzò lo sguardo e rimase per un istante paralizzato. Un gigante si stava formando proprio in quel momento, davanti ai suoi occhi, ed era gigantesco. Molto più di quelli mai visti fino a quel momento.
«Jean!» lo chiamò Connie, dalla rupe su cui si trovava Eren. Jean si caricò Beatris sulle spalle e iniziò a correre, per raggiungerli. «Dacci una mano, presto!» lo chiamò ancora Connie. Un'ennesima vampata di calore li travolse, mentre la trasformazione di Reiss proseguiva sempre più potente, e li scaraventò tutti contro il muro alle spalle di Eren.
«Dammi le chiavi, presto!» gridò Levi a Historia.
«Tienila!» le disse poi Jean, dandole in custodia Beatris. E insieme a Connie corse verso Eren, brandendo ciascuno una chiave diversa, provando a liberarlo insieme dalle ultime catene che lo tenevano imprigionato.
Historia si strinse Beatris al petto, restò rannicchiata contro la parete e si sforzò di lottare contro il calore e l'energia sprigionata dalla trasformazione. La sentì tossire, e fu un buon segnale. Era ancora viva, anche se in condizioni decisamente critiche.
«Bea» la chiamò, studiandole il volto. E Beatris riuscì ad aprire un occhio e guardarla, debolmente. «Mi dispiace, ti ho messa in pericolo. Ed ero davvero disposta a trasformarmi, ignorando il fatto che tu fossi lì, per divorare Eren».
Beatris non ebbe la forza di risponderle, ma riuscì a sorridere, debolmente, per cercare di rassicurarla. Avrebbe voluto dirle di non dispiacersi, non certo con lei, che era stata disposta più volte a mettere in gioco la vita dei suoi compagni solo per cercare di stare al fianco di Reiner. Lei, certo, era l'ultima persona a cui avrebbe dovuto chiedere scusa.
La trasformazione di Reiss si completò, poterono vedere distintamente il titano provare ad alzarsi davanti a loro, cercare di sfondare il soffitto per uscire da quella che era una vera e propria gabbia. E questo causò una serie di crolli, che presto avrebbero significato la totale distruzione della caverna. Ma nonostante la trasformazione fosse completa, il calore non diminuì nemmeno un po'. Era come il colossale, o forse anche peggio, era in grado di emanare un vapore ustionante che non faceva che colpirli. Il soffitto cominciò a cedere, crollò davanti a loro, e Levi riuscì a liberare Eren appena in tempo per evitare che un masso li colpisse in pieno. Arretrarono, si schiacciarono contro la parete di fianco a Historia e Beatris. Mikasa si avvicinò a loro, e si riunirono in quell'unico angolo sicuro... almeno per il momento.
«Merda» disse Levi, guardando il gigante di fronte a loro che continuava a premere la schiena contro il soffitto e lo distruggeva. «È anche più grande del gigante colossale!»
Rod Reiss aveva ormai occupato l'intera stanza, gli anfratti tra i suoi arti e vicino a lui erano impraticabili per l'eccessivo calore, e alle sue spalle e sopra di loro tutto non faceva che crollare.
«Non c'è via d'uscita!» esclamò Jean.
E a loro restavano solo pochi secondi, prima che tutto fosse crollato definitivamente, uccidendoli.
«Mi dispiace, ragazzi» pianse Eren, avvilito. «Sono inutile... non sono affatto la speranza dell'umanità».
«Che?!» stridulò Jean. «Cosa c'è?! Vuoi fare l'eroe drammatico, adesso?»
«Hai mai combinato davvero qualcosa con il tuo potere da titano? Solo ora te ne esci fuori con questi piagnistei?» lo rimbeccò Connie.
«Ormai ci siamo abituati» disse anche Sasha, che intanto, a differenza degli altri, piangeva a dirotto.
Beatris aprì un occhio e tornò a guardare Historia, che la teneva stretta al petto. Intercetto il suo sguardo e riuscì a muovere solo una mano, chiudendola a pugno e dando un paio di colpetti sul terreno. Sorrise, per quanto ci riuscisse, e Historia riuscì a capire ciò che stava provando a dirle.
«Dici che dovrei prendere a pugni anche lui, quando sarò Regina?» le chiese, divertita. E Beatris si lasciò sfuggire una risata, ma fu un grave errore. Il petto le fece un gran male e si ritrovò a tossire così forte che per poco non vomitò.
«Beh, in ogni caso non ci resta che provare, a meno che non vogliamo restare qua ad aspettare di venir carbonizzati» disse Levi.
«In ogni caso non ci resta che tentare» pianse ancora Sasha.
«Con Beatris in quelle condizioni sarà dura riuscire a portarla fuori, ma certo non ho intenzione di lasciarla qui dentro» si unì Jean. «Connie, tu pensa a Historia!»
«Tieniti stretta come se ne valesse della tua vita» disse Connie, e non capirono mai se fosse serio e stupido, o una ridicola battuta per niente divertente.
«No, non c'è modo di scappare» lamentò invece Eren, ormai arrendevole.
«E allora?!» lo rimproverò Historia. «Dovremmo star qui a lasciarci uccidere? Solo perché siamo nemici dell'umanità?!»
«Mi dispiace doverti dare sempre questa responsabilità, Eren...» mormorò Levi. «Ma ti chiedo ancora una volta di scegliere».
Scegliere... ancora una volta era questione di scelte. E nessuno sapeva mai quale fosse la via più giusta, a volte andava male e a volte andava bene. Ma l'importante era solo non avere rimpianti. Era questo che gli aveva sempre ripetuto Levi. Qualsiasi scelta avesse preso, lui doveva prendere quella che gli avrebbe fatto poi dire di avercela messa tutta. Si corrucciò in un'espressione disperata, raccolse una boccetta da terra, sfuggita dalla borsa di Rod Reiss, e infine corse incontro al gigante piazzandosi tra lui e i suoi compagni. Morse la boccetta, ingoiandone il liquido. E infine si trasformò, ma fu diverso dalle altre volte. Il corpo di Eren si ricoprì di una corazza spessa e lucente, che andò allargandosi anche alle sue spalle, avvolgendo i compagni e chiudendoli in una gabbia. E quando fu finalmente formato poterono infine vederlo, completo. Un gigante indurito li stava proteggendo.

Nda.
Buongiorno a tutti! Capitolo di combattimenti questo, a cui anche Beatris ha partecipato, integrandosi perfettamente con il piano. Levi doveva occuparsi di Kenny, essendo l'unico che poteva tenergli testa (anche se, ahimé, non l'ha trovato), il resto dei ragazzi doveva tenere impegnati gli altri soldati mentre Tris, brava nel sparire e nel volare rapidamente e agile, sarebbe dovuta andare a recuperare i due. Ma, sfortuna ha voluto, che si trovasse davanti proprio Kenny. Resta ancora una volta paralizzata di fronte al suo terrore, è spaventata da quell'uomo, non sa che fare e si ritrova ancora una volta ad esitare, indecisa, mentre il mondo va avanti... sa che è in errore, ma non riesce a superare quel suo terribile difetto. Fino a quando non le tornano in mente le parole di Reiner... per colpa della sua indecisione lo ha perso, ha rischiato di perdere anche Eren. La voce di Reiner, nelle sue orecchie, che le urla "devi muoverti, Tris" le da forza. Si morde la mano per riprendere il controllo di sé, lo fa istintivamente, imitando il gesto di Eren solo per riuscire a trovare la forza di muoversi. Un gesto simbolico per sentirsi come le persone che più stima, che più ama. E combatte. Le cose non vanno granché bene, a dire il vero, ma contro Kenny c'era da aspettarselo, però... lei si muove. Finalmente si muove. Riuscite a vederla questa sua incredibile crescita? :3 (sono una mamma orgogliosa ahahah).

La canzone di questo capitolo è intensa ma più "tranquilla", diciamo così xD niente da grandi feels, ma ci sta comunque molto bene. È un messaggio che Tris da a Historia, per cercare di darle forza, e perché nel profondo la ammira molto e le è vicina, sentendosi sempre più simile a lei. La crede una forza naturale e deve accettare di essere un cuore di pietra per farcela in questo mondo, mettere da parte ogni cosa, essere forte, vivere spietatamente, anche a discapito di tutti e lei lo sa bene ormai... sa cosa significa avere il cuore di ghiaccio per riuscire a sopravvivere, perché lei sta già sprofondando nell'oscurità, ha le mani macchiate di sangue, con un giuramento che è decisa a non rompere. E non si arrenderà. Ora più che mai.
Ce la farò!

I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no KyojinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora