Capitolo 12

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«Reiner» lo chiamò Bertholdt e lo costrinse a fermarsi. «Sei sicuro della tua decisione?»
«Ne abbiamo già parlato, Bertholdt. Dobbiamo smettere di temporeggiare ancora» alzò gli occhi al cielo stellato. Ormai era notte fonda, non c'era che il silenzio in quella piccola vallata nascosta nel bosco dietro il centro di addestramento. «Non perdiamo altro tempo, rischiamo di farci scoprire qui fuori».
Erano usciti da almeno mezz'ora, di nascosto, e si erano ritrovati con Annie per discutere dell'avanzamento del piano per la conquista della coordinata. Erano ormai passati tre anni da quando si erano arruolati, cinque da quando erano entrati a Paradis, ma ancora non avevano fatto alcun progresso. Non erano riusciti a scoprire niente, non erano avanzati nemmeno di un passo.
«Siamo arrivati tra i primi dieci cadetti del corso, possiamo continuare il piano originale e arruolarci alla gendarmeria. Una volta che saremo più vicini al re sarà tutto più semplice» gli disse Bertholdt.
«Ti ho detto che ne abbiamo già parlato» lo rimproverò Reiner.
«Ti stai costringendo a farlo, ma non sono sicuro che sia quello che vuoi davvero. Sono... un po' preoccupato».
«Quello che voglio è poter tornare a casa, lo sai».
«Sì, è vero...» mormorò Bertholdt. «Ma non capisco questa fretta improvvisa».
«Sono i gendarmi stessi a tenere nascosto il segreto del re, Annie ha provato ad indagare alla capitale ed è quasi stata uccisa. È una fortuna che sia tornata viva, ma ciò non toglie che l'abbiano vista in volto. Quanto credi che ci metteranno a scoprire la verità? Pensi che le permetterebbero di avvicinarsi al re, se la riconoscessero? Pensi servirebbe a qualcosa mentire e dire di non essere suoi amici? Ci sono almeno duecento testimoni e le carte a rivelare che siamo uniti, in qualche modo. La via della gendarmeria non è più percorribile e noi abbiamo poco tempo».
«Sì... hai ragione» mormorò Bertholdt, abbassando lo sguardo.
«Sei troppo coinvolto, Bertholdt!» lo rimproverò Reiner. «Vuoi cercare di proteggere queste persone, è per questo che stai tentennando».
Era buffo sentire una predica come quella provenire proprio da lui, visto che ormai era di dominio pubblico che avesse intrapreso una vera relazione con Beatris. Non aveva fatto altro che rassicurare lui e Annie che era solo una copertura, che faceva parte del suo piano per rendersi poco sospetto, ma le parole avevano ben poco valore di fronte ai fatti. Lo conoscevano troppo bene, per farsi ingannare. I sorrisi che rivolgeva a Beatris erano più sinceri di qualsiasi altra espressione, e non faceva che cercarla con lo sguardo, tenerla sott'occhio, anche quando non avrebbe dovuto. Spesso si distraeva, solo perché l'aveva vista passare. Reiner era forte, lo riconosceva, lo era più di chiunque altro, ma nemmeno lui aveva potuto salvarsi dalle emozioni che quel luogo gli avevano regalato. Avrebbe probabilmente fatto di tutto per portare a termine la missione e tornare a Marley vincitore, ma a che prezzo? Era davvero qualcosa di cui si sarebbe poi rallegrato? Come guerriero lo ammirava e un po' lo invidiava, aveva una forza di volontà incrollabile, ma come amico provava pena per lui.
«Domani a Trost ci sarà anche Beatris» gli disse, come se non l'avesse già saputo. «Sarà sulle mura insieme ad Eren, ad occuparsi della manutenzione dei cannoni. Vuoi davvero che attacchi i cancelli in quel momento?»
Reiner esitò e si voltò, dandogli le spalle. Non ebbe la forza di mostrargli la sua espressione, probabilmente vulnerabile.
«Saprà cavarsela» gli disse semplicemente. «E anche se non ci riuscisse, non preoccuparti. È solo una copertura, non mi importa di lei...»
Sapeva che non era vero. Una bugia, solo un'altra bugia. Ma Reiner non avrebbe mai avuto la forza di confessare ad alta voce la verità: lui aveva deciso di assumere quel ruolo, lui doveva essere a capo di quell'operazione e non doveva mostrarsi debole nemmeno un po'. Bertholdt e Annie avrebbero dovuto credere in lui fino alla fine e solo così sarebbe riuscito a tornare vincitore a casa... e forse salvare la vita anche a Beatris. Lei era decisa ad arruolarsi nel corpo di ricerca, mai avrebbe abbandonato Eren e gli altri, e Reiner, anche se avesse deciso di seguirla all'esterno delle mura, non poteva garantire la sua sicurezza al cento per cento. Contro i giganti, per quanto fosse forte, anche lui era solo una preda. Ma se fosse riuscito a portare a termine la missione, trovare la coordinata, riportarla indietro e fosse riuscito a diventare marleyiano onorario allora forse avrebbe addirittura potuto chiedere la grazia. Forse gli avrebbero dato il permesso di portarla via da Paradis e darle una vita agiata, a casa, insieme al resto della sua famiglia. Dentro Paradis nessuno dei due aveva futuro, presto o tardi Marley avrebbe attaccato, e lui in quel caso non avrebbe potuto proteggerla. No, dovevano assolutamente vincere quella guerra. Solo così avrebbe ottenuto prestigio, rispetto, onore, solo così sarebbe potuto tornare a casa dalla sua famiglia, e forse avrebbe persino potuto avere la gioia di finire gli ultimi dieci anni della sua vita insieme a quel demone di cui si sentiva da tempo ossessionato.
Bertholdt sospirò, prima di dire arrendevole: «Ho capito. Comunque... se posso, cercherò di non ucciderla».
«Non essere stupido» gli rispose Reiner, voltandosi a fulminarlo. «Non perdere la concentrazione Bertholdt. Conto molto su di te, cerca di pensare solo a portare a termine la missione. Non farti distrarre dal resto».
«Vorrei non essere arrivato a questo» sospirò ancora Bertholdt. «Sai perché riesco a capire così bene come ti senti, a differenza di Annie?»
«È perché lei se ne sta sempre per i fatti suoi?» rispose Reiner, senza un reale interessamento. Tutti quei discorsi gli facevano salire solo ancora di più la rabbia, lo stomaco gli faceva così male che temette di dover vomitare da un momento a un altro. Stavano per fare qualcosa di folle, completamente stravolgente. Avrebbero così portato avanti la loro missione, ma non sarebbe stato facile. Sfondare di nuovo le mura, minacciare prima il Wall Rose e poi il Wall Sina, avrebbero continuato a sfondare mura fintanto che il gigante fondatore non fosse uscito allo scoperto. Ma dopo tre anni di inattività, di vita fin troppo simile alla normale, emozioni troppo felici insieme a quelle persone... l'idea di tornare ad essere il nemico lo distruggeva dall'interno. D'altra parte non aveva scelta, dopodomani si sarebbero arruolati nei vari corpi militari e da lì ci sarebbero state fin troppe incognite e rischi. La gendarmeria avrebbe riconosciuto Annie? Li avrebbero riconosciuti come traditori? Avrebbero mai scoperto qualcosa? E nel frattempo Beatris sarebbe uscita fuori dalle mura... e lui non poteva seguirla. No, non c'era più tempo. Dovevano agire ora, fintanto che potevano avere il controllo della situazione.
«È perché sono stati tre anni anche per me, Reiner. Abbiamo tutti e due fatto molto per stringere legami, anche se all'inizio credevamo lo facessimo solo per copertura. Mi dici che non provi niente per loro, ma io so che non è vero... perché io provo qualcosa. Non vorrei doverli uccidere, non vorrei far loro del male».
«Bertholdt» mormorò Reiner. «Segui le indicazioni che ti ho dato e basta. Sono io a capo di questa missione, sono io a dare l'ordine di attaccare Trost domani, non tu... limitati ad obbedire. Se succede qualcosa, la responsabilità è solo mia».
Si sarebbe caricato anche di questo. Si sarebbe caricato di ogni cosa, che fosse realmente forte o meno lo avrebbe fatto. Doveva proteggere anche Bertholdt, in un modo o nell'altro, anche a costo di venirne schiacciato. Senza rendersi conto che ormai era troppo tardi per lui di sopravvivere. Bertholdt se n'era accorto, all'inizio l'aveva creduto semplicemente bravo a recitare, ma a lungo andare, in quell'ultimo anno, lo aveva capito... Reiner non era più in sé. A volte dimenticava chi era. Si era abituato così tanto a recitare la parte del soldato di Paradis, si era legato talmente tanto alle persone che aveva attorno, che spesso dimenticava la sua reale identità e diventava letteralmente qualcun altro. Un Reiner migliore, pacifico, amichevole e responsabile. Il Reiner che aveva sempre voluto essere. Ma non era lui. E che fosse positivo o meno per lui potersi godere la vita laggiù senza sensi di colpa, perché dimentico di ciò che avevano fatto, non toglieva che Bertholdt ne era molto preoccupato. Non era semplice desiderio, era mera negazione di sé. Reiner aveva sviluppato una scissione della personalità e solo quando erano soli tornava ad essere quello di una volta. Il resto del tempo era il Reiner soldato, innamorato di Beatris, appartenente a quella terra, nemico dei giganti... e nemico persino del corazzato, contro cui proclamava di voler avere vendetta per ciò che aveva fatto alla ragazza. Non stava bene affatto e Bertholdt temeva che presto sarebbe arrivato al collasso, o che mai sarebbe tornato indietro, decidendo persino di diventare nemico di Marley. Ma non aveva idea di come fare per salvarlo.
Lo vide cambiare direzione e andare verso la foresta, invece che verso il dormitorio.
«Vai a dormire, Bertholdt» gli disse, senza dargli il tempo di chiedergli dove stesse andando. «Ti raggiungo più tardi. Ho bisogno di riflettere un po' da solo».
Bertholdt schiuse le labbra pronto a dire qualcosa, ma non seppe cosa... perciò restò in silenzio e guardò Reiner sparire tra gli alberi. Sospirò, affranto, e si incamminò verso il dormitorio. Sicuramente non avrebbe chiuso occhio quella notte.

Reiner camminò nel silenzio, avvolto solo dalla bianca luce della luna e una piccola torcia che si era portato dietro per evitare di perdersi. L'indomani avrebbero attaccato Trost, non sapeva cosa sarebbe successo, se il gigante fondatore si fosse fatto vedere c'era persino la possibilità che lui avesse dovuto ingaggiare battaglia. Forse sarebbe riuscito a prenderlo, come aveva programmato, e allora avrebbe dovuto voltare le spalle a tutti e tutto, cominciare a correre e arrivare il prima possibile a Marley. L'indomani tutto poteva finire, e sarebbe stata solo una sua responsabilità. Il peso sullo stomaco lo torturava, sentiva come se fosse sul punto di vomitare. Anche respirare gli faceva assurdamente male. Quell'allontanamento nella foresta, quella sera, non era una passeggiata ma una fuga. Aveva bisogno di scappare da tutto, almeno per quell'ultima notte, vivere la quiete prima della tempesta. Poter respirare solo un altro po'. E per questo si diresse a passo deciso verso il lago, oltre la foresta, dove la notte di due anni prima era andato con Beatris nella speranza di vedere la luna rosa. Non l'avevano vista e mai l'avrebbero fatto, ma era stata comunque una notte illuminante perché aveva sentito Beatris di nuovo cantare. E quel lago si era successivamente trasformato nel loro luogo preferito, dove rifugiarsi le volte che desideravano restare un po' soli.
Raggiunse la riva del lago e vi si avvicinò, cercando un posto tra l'erba dove sedersi. Lo specchio d'acqua di fronte a sé era pacato, sereno, gli dava pace... e cominciò a chiedersi se anche lui sarebbe stato in grado di provare quella stessa quiete se ci fosse annegato dentro. Scosse la testa, cercando di liberarsi da quei pensieri. Era distrutto, aveva completamente perso la sua integrità, riusciva a sentire che dentro sé non era tutto a posto. Era stato frantumato in mille pezzi, ma aveva mantenuto salda la propria corazza e doveva farlo solo ancora per un altro po'. Doveva portare a termine la missione, riportare a casa Annie e Bertholdt, portare a Porko le sue condoglianze per il fratello che era morto per salvarlo, le sue scuse per essere stato debole, e poi avrebbe dovuto portare gloria alla propria casa, salvare l'umanità dal pericolo di Paradis, dare alla sua famiglia una vita dignitosa tra i marleyiani onorari... e doveva provare a salvare Beatris. Almeno provarci. Aveva così tante cose da fare, così tanti doveri, non poteva crollare. Non ancora. C'erano così tante persone che si aggrappavano a lui, era una sua responsabilità. Anche a costo di accollarsi il dolore e la rabbia di tutti, anche a costo di essere additato come l'unico stronzo, anche a costo di essere odiato, di essere considerato il nemico... doveva farlo.
Un fruscio alle sue spalle, si voltò rapidamente a guardare cosa stesse accadendo, ma non ebbe il tempo nemmeno di vederla che Beatris era già su di lui.
«Ti ho preso!» esclamò divertita, stringendolo tra le braccia.
«Tris...» mormorò, confuso. Ma presto la confusione venne soppiantata dalla paura. «Che cosa fai qui? Mi hai seguito?»
Che l'avesse visto con Bertholdt e Annie?!
Ma Beatris per fortuna negò con la testa. «Ero qui prima di te, ma ti ho sentito arrivare e mi sono nascosta per farti una sorpresa».
E Reiner poté tirare un sospiro di sollievo. «Perché non sei a letto? Cosa ci fai qui?» le chiese, mentre lei lo lasciava andare e gli si sedeva a fianco. Volse lo sguardo al lago di fronte a loro e gli occhi le si riempirono di una tiepida malinconia.
«Potrebbe essere l'ultima notte che vediamo questo lago» disse infine. Sospirò e aggiunse, imbarazzata: «Non riuscivo a dormire. Dopodomani ci sarà la cerimonia del diploma e verremo chiamati a scegliere un corpo d'arme a cui arruolarci. Domani saremo a Trost e non credo che torneremo per la notte. Questa è l'ultima sera che saremo qui al centro d'addestramento... sono un po' agitata».
«Già» sospirò Reiner, al suo fianco. «Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro».
«Tu cosa fai qui?» gli chiese, curiosa.
«Stesso motivo tuo, credo... non riuscivo a dormire».
«Sono stati lunghi questi tre anni, sono successe davvero un sacco di cose» sorrise Beatris e stese le gambe davanti a sé, così da potersi appoggiare con le mani al terreno alle sue spalle e alzare la testa al cielo, per guardare le stelle. «Non avrei mai creduto che il corpo militare avesse potuto darmi così tanto. E pensare che ero entrata solo con l'idea di seguire Mikasa, Eren e Armin e provare a morire al posto loro».
«Non ricordarmelo» sospirò Reiner. «Mi distrugge sapere che saresti stata davvero pronta a buttare via la tua vita».
E nonostante la tristezza di quel ricordo, Beatris si ritrovò comunque a ridacchiare divertita. Ormai l'aveva superata, ora aveva altri piani per il futuro, ormai era una persona nuova. Voleva vivere il più a lungo possibile, voleva farlo davvero e per questo continuava a temere l'idea di arruolarsi nel corpo di ricerca. Avrebbe volentieri seguito Reiner nei territori interni, al sicuro, avrebbe volentieri passato la vita a fare semplicemente la mogliettina che a casa aspettava il marito. Sarebbe stata una vita priva di avventure, e forse anche noiosa, ma non le importava. Non le era mai interessata l'avventura, lei aveva sempre e solo voluto poter vivere felice a fianco delle persone che amava. Ma proprio per questo non poteva abbandonare i suoi amici. Per quanto avesse paura, non sarebbe più scappata. Aveva imparato a combattere, aveva imparato a desiderare e trovare la forza di realizzare i propri desideri con le proprie mani. Si era data tanto da fare, da essere riuscita persino ad arrivare a diplomarsi come cinquantaseiesima tra i duecento candidati, scalando la classifica vertiginosamente. E avrebbe continuato a lottare, non si sarebbe più paralizzata dalla paura e non avrebbe più lasciato nessuno morire. Lei avrebbe protetto le persone, d'ora in avanti.
Si sentiva rinata, completamente nuova, e doveva tutto a Reiner.
«Mi hai salvata, Reiner» gli disse. «Se non ci fossi stato tu con me, probabilmente sarei ancora quella ragazzetta intenzionata a morire. Ora sono una persona completamente nuova... grazie, mi hai davvero salvato la vita» gli sorrise con dolcezza. Ma la risposta di Reiner non fu quella che si aspettava. Lo vide rabbuiarsi, l'ombra di una profonda tristezza gli offuscò lo sguardo. Prima che lei potesse riuscire a vederlo meglio, Reiner si spinse su di un lato e si stese, poggiando la testa sulle sue gambe. Le avvolse la vita con un braccio, la strinse a sé e affondò il volto sul suo ventre.
«Non voglio che arrivi domani» confessò infine, nascosto tra i suoi vestiti. Beatris gli mise una mano sulla testa e cominciò ad accarezzargli dolcemente i capelli.
«È dopodomani il diploma, domani saremo ancora tutti insieme» cercò di rincuorarlo, inconsapevole di quale fosse realmente il dolore che Reiner si portava nel petto. Aveva detto a Bertholdt che non gli importava, che doveva dare il massimo anche a costo di uccidere i loro compagni, ma in fondo al cuore sperava egoisticamente che non lo ascoltasse davvero.
«Tris...» mormorò, lasciandosi coccolare. «Promettimi che farai attenzione».
«Te l'ho già detto» gli sorrise Beatris, convinta stesse ancora parlando dell'arruolamento. «Non ho intenzione di morire, Reiner. Ho promesso che ti avrei sempre preso... ho promesso che sarei sempre tornata da te».
«Lo faresti davvero? In qualunque situazione?»
«Certo! Non potrei mai lasciarti andare... neanche se tu lo volessi» ridacchiò, divertita da quella che pareva più una minaccia che una promessa. Il suo spirito era così leggero, mentre quello di Reiner sembrava invece devastato. Cercava di sdrammatizzare, di tranquillizzarlo, ma niente pareva funzionare.
«Resteresti con me in qualunque circostanza?» insisté lui, stringendo di più i suoi vestiti tra le dita.
«Certo» gli sorrise amorevolmente e continuò ad accarezzarlo.
«Anche se scoprissi che sono un bastardo?»
«Ma che stai dicendo?» ridacchiò. «Ti conosco, sei grande e grosso ma hai il cuore di un cuccioletto. Non faresti mai del male a una mosca. Perché ti vengono questi dubbi adesso? Hai combinato qualcosa?»
Neanche poteva immaginare quanto si sbagliasse. Reiner non solo era capace di far del male a una mosca, ma era capace di uccidere persone, più e più volte. Era capace persino di organizzare un piano per mettere in pericolo e uccidere i suoi stessi compagni. Era stato capace persino di ammaliarla e portarla a legarsi a lui, approfittare dei suoi sentimenti per mero egoismo, dopo averle rovinato la vita e non averle mai detto la verità. Era decisamente un bastardo.
«Non importa se ho mai fatto davvero qualcosa o se mai lo farò... tu lo faresti? Resteresti con me, anche in questo caso?»
Beatris sospirò. Proprio non riusciva a capire cosa gli prendesse, ma era ovvio che fosse turbato e aveva bisogno di essere consolato il più possibile. «Certo» gli rispose. «Non mi importa cosa possa succedere, io sarò sempre con te. In qualsiasi evenienza».
Lo accarezzò ancora un po', in silenzio, e sperò che fosse abbastanza da rassicurarlo. Non sapeva cosa Reiner aveva per la testa, ma non era disposta a lasciarlo solo. Aveva promesso di proteggerlo, di dargli sempre delle braccia dentro cui rifugiarsi e piangere tutte le volte che ne avesse avuto bisogno. «Te l'ho già detto, Reiner» mormorò soffusamente, per non rompere troppo la pace dentro cui erano immersi. «Non riuscirei mai ad odiarti, nemmeno se lo volessi».
«Eppure dovresti proprio farlo» gracchiò, roco e abbattuto.
«Ma perché dici queste cose? Che ti prende?» si preoccupò. Non era la prima volta che faceva quel genere di discorsi, ma in un modo o in un altro lui era sempre riuscito a rassicurarla. Cambiava argomento, si giustificava, dava sempre delle motivazioni e poi le distruggeva... Beatris aveva sempre avuto il dubbio che ci fosse qualcosa a logorarlo che mai le aveva detto, ma poi lui le aveva sempre dato delle risposte soddisfacenti e la convinceva a lasciar perdere. Ma quella sera, per qualche motivo, sembrava inconsolabile.
«Niente» sospirò Reiner, sollevandosi su di un braccio. «Lasciami stare, dico solo sciocchezze perché sono preoccupato per il diploma» raggiunse il suo viso e prima che lei avesse avuto modo di rispondere -o continuare a indagare- l'ammutolì con un bacio. La spinse indietro, si fece strada facendo leva sulle gambe, e lentamente la costrinse a stendersi a terra, sotto di lui. Era strano, persino in quello. Sembrava volesse prendere il controllo della situazione, la bloccò a terra e continuò a baciarla, senza darle troppo spazio di replicare o fare diversamente. Non era da lui, di solito era molto dolce e timido, ed era anzi lei che cercava un contatto fisico. Non era in sé.
«Che ti prende?» gli chiese lei, preoccupata più che infastidita dalla situazione. Gli mise una mano sul volto, ad accarezzarlo, e lo guardò cercando di scavare dentro i suoi occhi eccessivamente tristi. Ma la risposta che Reiner le diede non solo non fu quella aspettata, ma le annullò completamente anche la capacità di pensare e ragionare: «Se adesso ti mettessi incinta saresti costretta a metterti in congedo e non potresti partire con l'armata ricognitiva». Ed era stato spaventosamente serio.
«Eh?» mormorò Beatris, avvampando.
Reiner ridacchiò, per la prima volta quella sera, e si accasciò su di lei, andando a poggiare le testa sul suo petto. «Sto scherzando».
Si ammorbidì su di lei, abbracciandola come poteva, come se si trovasse sopra un morbido cuscino e avesse voluto restare lì a riposare un po'.
«Ma... che stai dicendo?» balbettò Beatris, ancora troppo scossa. «Da quando in qua sei così audace?!»
Reiner restò in silenzio qualche istante. Poi alzò la testa e sorridendo le fece un occhiolino malizioso. «È perché non mi conosci ancora bene».
Beatris lo guardò con occhi spalancati, sconvolta, mentre lui continuava a sorriderle maliziosamente. Infine gli tirò un pizzicotto sulla guancia, tanto forte da lasciargli il segno rosso.
«Smettila» lo minacciò, furiosa. Reiner guaì dolorante e si portò la mano alla guancia infortunata. «Andiamo, Tris... scherzavo!» si lamentò.
«È stato il modo di chiedermelo peggiore che potessi avere! Sei un idiota».
«Chiedertelo?» mormorò Reiner, sbattendo gli occhi confuso un paio di volte. E solo successivamente, con lentezza, cominciò a capire. Arrossì e dovette sforzarsi un po' prima di riuscire a mormorare, in preda alla vergogna: «Lo... avresti fatto?»
«Continui ad essere idiota!» ruggì lei, sempre più in imbarazzo.
«Io... aspetta! Come si chiede una cosa simile?!» si agitò. Beatris l'aveva rimproverato per i modi, per l'essere stato troppo esplicito, ma non per l'intenzione avuta. Perciò... forse... lei avrebbe accettato?!
«Cosa vuoi che ne sappia io? Non sono mica un ragazzo... ma quello era certamente terribile!»
«Ma stavo solo scherzando! Non volevo davvero...» balbettò, sempre più in preda alla vergogna. Ma si fermò, lacerato dal dubbio. Se le avesse detto che non voleva farlo con lei l'avrebbe forse offesa? Forse era lei quella che voleva e lui doveva trovare il modo migliore per rendere speciale il momento? «Ma... se tu vuoi... cioè, ti sta bene?...» continuò, ma si rese conto di quanto ancora risultasse stupido e poco romantico. «Aspetta! Fammi ricominciare da capo!» si sollevò in ginocchio, così da lasciare spazio a Beatris e soprattutto prendere un po' aria. Stava cominciando a sudare. «Cioè... io non volevo fare l'idiota... però, mi hai colto alla sprovvista! Dovrei... forse dovrei... ma se non vuoi, no! Un attimo!» e si portò entrambe le mani alla testa, in preda al panico. Si scompigliò i capelli furioso, ormai completamente in preda alla confusione e ruggì infine: «Aaaahhh, non ci capisco più niente!»
Beatris era rimasta in silenzio fino a quel momento, a guardarlo perplessa mentre si dimenava e si arrovellava, ma quando lo vide infine andare nel panico più completo non si trattenne più e scoppiò a ridere. Si portò una mano alle labbra, l'altra a tenersi la pancia e rise di gusto. Rise tanto da farsi venire le lacrime agli occhi e Reiner restò a guardarla, ammaliato, immobile e in silenzio per non rompere quell'incantesimo.
«Sei proprio un idiota» gli disse infine, sollevandosi a sedere e raggiungendolo. Lo abbracciò e solo allora Reiner si rilassò, ammorbidendo le spalle, e ricambiò l'abbraccio. Un sorriso gli nacque in volto, sereno e finalmente sollevato. Era stato imbarazzante, ma era stato incredibilmente potente. E vederla ridere, alla fine, era riuscito a strappargli dal cuore ogni sorta di timore... e brutto ricordo. Tutto quello era così bello. Non avrebbe mai voluto perderlo, non avrebbe mai voluto risvegliarsi dal suo sogno, perché... di quello si trattava, giusto? Non era reale. Lui non era affatto solo un assassino, ma un normale ragazzo del Wall Maria che aveva intrapreso un lungo percorso di crescita e aveva incontrato persone speciali. Sì, era così. Lui era solo un soldato di Paradis.
«Stai meglio?» gli chiese Beatris, riuscendo a scorgere la serenità sul suo volto. Reiner annuì. «Scusami, non riesco ancora ad accettare l'idea che andrai a rischiare la vita fuori dalle mura. Non dovrei fartelo pesare. È un'ambizione molto nobile la tua, ti ammiro e ti stimo, ma egoisticamente vorrei averti sempre al sicuro».
«Fai a pugni con te stesso, eh?» gli disse. «Da una parte c'è il Reiner assennato che sa bene cosa sia giusto e dall'altra il Reiner essere umano che vuole solo proteggere chi ha di caro. Non vanno molto d'accordo, eh?»
«Affatto» sospirò. «Avrò bisogno di tempo per abituarmi... e di vederti tornare intera dalla tua prima missione in esterno. Dirò a Mikasa di non toglierti gli occhi di dosso».
«Mikasa sarà impegnata a salvare Eren, non potrà starmi dietro».
«Beh, tu cerca sempre di stare vicino a loro».
«Reiner» l'ammonì Beatris, stanca di sentirlo ripetere sempre le stesse raccomandazioni. E lui sospirò, affranto: «Scusa. Hai ragione... la devo smettere».
Beatris sghignazzò divertita, prima di stringerlo ancora più forte e affondare il viso sul suo petto. «Sei dolce» gli disse, infine. Reiner si ritrovò ad arrossire di nuovo. «Ti preoccupi sempre così tanto per gli altri. Sei davvero una persona speciale, Reiner».
«No, non così tanto» mormorò imbarazzato e lievemente abbattuto. Ma per che cos'era abbattuto? Perché quel semplice complimento gli fece così male?
«Sì, lo sei, che tu lo voglia credere o meno. E io... vorrei restare con te per sempre».
Per sempre.
Qualcosa gli squarciò l'anima e all'improvviso si ricordò. Lui non aveva un per sempre. Lui aveva meno di dieci anni di vita, ormai. Che stava facendo? Perché insisteva nel volerla ingannare? Perché continuava ad approfittarsene così? Perché non riusciva una volta per tutte ad allontanarsi da lei, per proteggerla?
La strinse e poggiò la guancia contro la sua testa. Iniziò a tremare, scosso da un dolore con cui ormai aveva una buona familiarità e che ultimamente lo accecava fin troppo spesso. Strinse di più le braccia intorno alle sue spalle, quasi le fece male, e infine affondò il volto tra i suoi capelli. Il suo odore, il suo calore, quel corpo così piccolo contro il suo... era tutto così soave e dolce, come un filo di miele spalmato su di una fetta di pane. Quando le si era avvicinato, tre anni prima, mai avrebbe pensato che ne sarebbe rimasto così drogato. Ne era dipendente, non riusciva a farla andare via. E per lui era sempre tutto così confuso, così complicato. Era come uno dei suoi incubi, ma non riusciva mai a capire quando fosse sveglio e quando stesse sognando. Stava veramente diventando pazzo.
«Reiner» mormorò Beatris, preoccupata.
«Ti amo, Tris» sussurrò, vicino al suo orecchio, e Beatris ebbe un brivido lungo la schiena. Si sentì mancare la terra da sotto ai piedi, ebbe un vuoto allo stomaco e neanche la prontezza di rispondere. Erano una coppia da almeno un anno, eppure quella era la prima volta che glielo diceva. «Perdonami» sussurrò ancora Reiner e allentò un po' la presa, così da potersi sporgere e vedere il suo viso. «Ma stanotte non ho nessuna intenzione di farti andare a dormire tanto presto».
L'indomani tutto sarebbe cambiato. L'indomani lei avrebbe cominciato a odiarlo, avrebbe compreso che razza di bastardo lui era, l'indomani, se tutto fosse andato come pianificato, non si sarebbero nemmeno più potuti parlare. Aveva approfittato molto di lei e della sua dolcezza per guarire le proprie ferite, le aveva tolto ogni cosa, non aveva fatto che usarla, eppure non riusciva a pentirsene nemmeno un po'. Quei tre anni insieme a lei erano stati gli unici in cui aveva potuto dire di aver vissuto davvero. Lui era un bastardo, che differenza avrebbe fatto se avesse continuato a farlo anche per quella notte? Che differenza avrebbe fatto se non avesse approfittato fin dell'ultimo istante per poter stare con lei, godersela a pieno, prima della fine? Tanto, in ogni caso, lei l'avrebbe odiato. La vide avvampare e ancora non riuscì a sbloccarsi dal mutismo in cui era caduta. Le si avvicinò al viso, arrivò a sfiorarle le labbra ma non gliele chiuse in un bacio prima di averle sussurrato: «Resti con me?»
«Sì» mormorò lei e il resto fu nebbia e ombra. Fu un bacio passionale, come mai Reiner gliene aveva dati, che le tolse completamente il fiato. Sentì il suo sapore, assaggiò ogni parte di lui, accarezzò angoli di pelle a cui mai era arrivata prima, e tra i sospiri e i gemiti soffocati tra i denti, si sentì infine completa. Le loro dita sembravano essere state create per incastrarsi perfettamente tra loro, le labbra per racchiudersi, nessun sapore sembrava essere mai stato veramente gustato come in quel momento. Il contatto della pelle contro la pelle risvegliava ogni senso e anche se all'inizio fu persino doloroso, Reiner ebbe una delicatezza tale che presto le permisero di sentirsi meglio e rilassarsi. E quando lui, con un lamento ansimato nell'incavo del suo collo, arrivò infine all'orgasmo, si accasciò lì dov'era. Non stremato, quanto più rilassato. Ogni pensiero sembrava essere stato dissolto, almeno in quel frangente di tempo. Tutto si era zittito, nella sua testa non c'era altro se non un piacevole silenzio che presto l'avrebbero portato addirittura ad addormentarsi, se non si fosse sforzato di restare cosciente. Una sensazione di pace come quella non l'aveva sicuramente mai provata prima.
Chiuse gli occhi, si godette il silenzio della sua testa e del mondo circostante, rotto solo dal melodico batticuore di Beatris che sentiva sotto al suo seno sinistro. Era come una ninna nanna, la più dolce mai ascoltata prima. Lei si mosse appena, con lentezza, e lo abbracciò, infilandogli una mano tra i capelli per accarezzarlo appena con la punta delle dita. Passò qualche secondo, forse qualche minuto, quando infine la sentì rabbrividire.
«Hai freddo?» le chiese con la voce assonnata. Sì, stava decisamente per addormentarsi.
«Non preoccuparti, è stato solo un soffio di vento, sto bene».
Del tutto rilassato, muovendosi pigramente, Reiner aprì a malapena un occhio e cercò dove avessero lasciato i propri vestiti. La sua camicia non era troppo lontana, riuscì a raggiungerla semplicemente allungando una mano. Se la lanciò contro, senza avere la forza di sistemarla meglio, e la fece svolazzare sopra la propria testa in modo da riuscire a coprire in parte il busto di Beatris. Ma fu svogliato, scoordinato, e poco impegnato... la camicia finì col volare dove non doveva e coprì il suo stesso viso, la spalla sinistra di Beatris e parte del suo volto. Non si preoccupò di sistemarla, restò accasciato lì dov'era, come se avesse fatto un buon lavoro.
«Ma non hai risolto niente!» scoppiò a ridere Beatris, divertita dalla sua improvvisa pigrizia. Lo vide muovere lentamente la mano alla cieca, coperto dalla camicia non riusciva a vedere proprio un bel niente, e andando a tentativi, picchiettandosi addosso più volte, riuscì infine a prenderla e trascinarla un po' indietro. Ma ancora non fece che peggiorare la situazione, coprendo totalmente la faccia di Beatris piuttosto che tirarla verso il basso. Lei rise ancora più forte.
Ed era sempre così meravigliosa quando lo faceva.
Reiner ridacchiò divertito e alla fine sbuffando piantò i gomiti a terra e si alzò, sollevando la camicia che aveva addosso e tenendosela sulla testa come fosse un velo.
«Sei proprio incontentabile» finse di lamentarsi e restò ammaliato, a fissarla, mentre lei rideva ancora e ancora. I sensi di colpa lo avevano ucciso e torturato più e più volte, la consapevolezza di non avere futuro lo lacerava e lo annichiliva, le responsabilità di cui si era caricato lo atterrivano. Troppe cose orribili aveva vissuto, continuava a vivere e si portava dentro, era tutto distruttivo e mai sarebbe sopravvissuto se non avesse trovato qualcosa a cui aggrapparsi. Mai sarebbe sopravvissuto se non avesse trovato Beatris. Lei era l'unica cosa che gli aveva permesso di continuare a vivere, con i suoi sorrisi e la sua dolcezza, con i suoi giochi, gli scherzi, le follie fatte solo perché ne aveva voglia e il suo essere sempre un po' troppo spericolata e a tratti infantile. Lui era da sempre stato solo una macchina da guerra, era cresciuto con la consapevolezza che sarebbe stato solo un altro sacrificio da aggiungere alla lista di quelli di Marley, con la speranza di avere almeno qualche riconoscimento, non per sé, ma per la sua famiglia. Era cresciuto vuoto e disperato, appigliato a un sogno che non lo riguardava nemmeno. Non era mai stato altro che uno strumento. Ma lì, in quei tre anni, con tutti quei momenti pieni di gioia ed emozione, lui aveva vissuto realmente. Solo per tre anni, ma lo aveva fatto. Era stato un normale essere umano, almeno prima della fine.
«Tris» le disse, guardandola con lo sguardo completamente innamorato. «Grazie, non lo dimenticherò».
«Non... devi ringraziarmi» balbettò lei imbarazzata, credendo si riferisse a quanto appena successo. «Non è mica un favore che ho fatto a te». Reiner ridacchiò e si chinò. Le diede un ultimo bacio, prima di alzarsi e cominciare a rivestirsi. «Lo so, era solo un modo per farti sapere quanto sei stata importante per me» si voltò a sorriderle, prima di farle un cenno col capo. «Prenderai freddo così, vestiti». Beatris, rossa in volto, si alzò e lo imitò immediatamente, cominciando a rivestirsi.
«Dicevi sul serio?» bofonchiò a un certo punto, ma fu più un mormorio indistinto, tanto era in preda all'emozione.
«Mh?» chiese Reiner, non capendo cosa avesse detto. Ma lei sospirò lievemente, sorrise e infine si voltò a guardarlo. Non gli avrebbe chiesto di ripeterlo, lo aveva capito chiaramente e gli credeva, senza doverlo costringere a essere smielato o metterlo in imbarazzo. Lei era importante per lui. Se lo sarebbe tenuto così, quel ricordo, timido e sfuggente nel petto. Negò con la testa. «Niente, dicevo che domani mi sa che saremo un bel po' stanchi tutti e due. Non so che ore abbiamo fatto, ma credo sia molto tardi».
«Tieni gli occhi aperti domani, cerca di fare attenzione, ok?» le chiese e sembrò spaventosamente serio. «Io sarò affidato alla zona a nord-ovest, te lo ricordi vero?»
«Ma che dovrebbe succedere, scusa?» chiese lei, inarcando le sopracciglia. Era strano. Era sempre stato molto protettivo con lei, era vero, ma quella sera sembrava essere al limite del paranoico. Cosa gli era successo?
«Che ti addormenti e cadi giù dal muro» le rispose ridacchiando, e le diede un colpetto sulla fronte con la punta del dito.
«Se mi addormento e cado certo non avrò modo di venirti a cercare e chiedere aiuto» rispose, offesa.
«Hai ragione» ridacchiò. «Allora tieni gli occhi aperti, così non accadrà nulla».
«Stupido» gli fece una linguaccia e finì di rivestirsi. Si incamminarono per tornare ai dormitori e stettero in silenzio per tutto il tragitto. Abbandonato il lago, qualcosa sembrava essersi trasformato. Reiner la tenne per mano per tutto il tempo, non faceva che serrarle le dita, e ogni tanto lo vedeva corrucciarsi un po' di più. Era stato bello, al lago, magico, era riuscito a distendere ogni nervo. Aveva avuto un momento di respiro, l'ebrezza di poter vivere un'ultima felicità prima della fine, ma ora... non gli restava che lasciarla andare e pregare che tutto fosse andato come doveva. Se si fosse impegnato, se fosse stato forte abbastanza, allora l'avrebbe portata via da lì. L'avrebbe tenuta con sé, anche se non per sempre, ma il tempo che il destino gli avrebbe loro concesso. Andava bene lo stesso, lui si sarebbe accontentato e lei sarebbe stata al sicuro, lontana dalla guerra, circondata dal prestigio che lui sarebbe riuscito a darle con la riuscita della sua missione. Le avrebbe dato una vita serena e piena di comodità, lontano dai giganti.
Lei inizialmente avrebbe anche potuto odiarlo, non lo avrebbe compreso, ma sarebbe riuscito a parlarle. A farle capire la verità. E lei non lo avrebbe abbandonato mai, nemmeno di fronte a quell'orrenda verità. Aveva promesso che sarebbe rimasto con lui per sempre, anche quando avrebbe scoperto che era un bastardo.
Non lo avrebbe abbandonato.
Aveva promesso.



Nda.

Capitolo full of love and tragedy :P Reiner è molto combattuto, ormai totalmente atterrito dalla sua situazione (i primi istinti suicidi si fanno strada in lui, addirittura), ma continua ad andare avanti spinto da una forza quasi disperata. E tutto ciò che riesce a dargli pace è sempre Beatris. Ne è dipendente e lei tanto innamorata da accettare anche di far l'amore con lui per la prima volta in vita sua (è giovane, ricordiamocelo xD 15 anni al momento, mentre lui 17, sono quelle esperienze importanti che segnano). Ma il giorno dopo... ci sarà l'attacco a Trost. E noi tutti sappiamo quante BELLE cose succedono lì. Siete psicologicamente pronti? XD Mi piace che qui viene meglio fuori il problema di "personalità" di Reiner... ne è già afflitto e vengono spiegate un po' di cose, dal motivo e il fatto che lui in parte è consapevole di star impazzendo.

Vi lascio la canzone di oggi, che in realtà è più "cantata" da Beatris in questo momento, così innamorata da idealizzarlo (povera creatura). È dolce, niente di che, ma molto carina e rappresenta totalmente ciò che lei prova per lui. Ma proprio TOTALMENTE xD

I got you || Reiner x OC || Attack on titan/Shingeki no KyojinWhere stories live. Discover now