Litierse (ToA)

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Quella sera la Waystation era particolarmente silenziosa, cosa alquanto inusuale dal momento che la maggior parte delle volte il silenzio veniva continuamente interrotto dal vociferare di chi, anche a tarda notte, si aggirava per la struttura tentando di rinforzare le difese o da chi semplicemente non riusciva a dormire a causa dell'agitazione.
Quel giorno però era differente, Apollo e Meg erano riusciti a fuggire dalla base di Commodo con l'aiuto di Thalia e delle cacciatrici ed erano ritornati quasi del tutto illesi, riportando la piccola Georgina a casa e permettendo così che l'ex Dio ricevesse la sua profezia.
Nonostante la temporanea tranquillità che aleggiava  nelle stanze, continuavo a rigirarmi nel letto tentando di rispondere alle mille domande che mi affollavano la mente; Commodo ci avrebbe attaccati? saremmo riusciti a sconfiggere il Triumvirato?
Stanca di starmene lì a fissare il soffitto spoglio della stanza che Emmie e Josephine mi avevano assegnato, mi alzai dal letto , afferrai uno dei miei coltelli e indossai una maglia più comoda, mentre mi coprivo le spalle con l'unica felpa che ero riuscita a portare con me dopo aver lasciato il campo ed essere partita assieme a mio padre nel tentativo di aiutarlo a riconquistare la sua forma divina. Era stata da poco lavata, sicuramente da una delle due padrone di "casa" che avevano voluto farmi un favore, per questo profumava ancora molto.
Uscii in corridoio e rimasi sorpresa nel constatare che ognuno si trovava nelle proprie stanze, probabilmente a godersi il meritato riposo approfittando di quei pochi giorni di calma che avevamo. Mi diressi verso la cucina dove bevvi velocemente un bicchiere d'acqua che riposi poi nel lavello, attenta a non fare troppo rumore, mi avviai verso una delle poche stanze dove ero sicura di non trovare nessuno.

La porta della biblioteca emise un leggero cigolio quando la aprii con delicatezza sempre attenta a non disturbare gli altri, fui sollevata nel constatare che nessuno avesse ancora trovato quella stanza e che quindi potessi continuare a starmene da sola. Mi diressi verso uno degli scaffali più vicini e dopo aver afferrato uno dei tanti volumi impolverati, mi gettai su una delle due poltrone che si trovavano attorno ad un tavolino, sul quale erano poste diverse candele spente affianco alle quali lasciai le mie cose.
Soffiai sulla copertina così da spolverarla e mi misi comoda, ma non feci in tempo a girare la prima pagina che un rumore alle mie spalle mi fece spaventare. Mi girai tirando un breve grido, maledicendomi mentalmente per aver fatto rumore e abbandonando ciò che tenevo fra le mani su un cuscino.
Una figura slanciata si stava avvicinando all'unica grande vetrata che si trovava nella stanza, attraverso la quale la luna illuminava gran parte del pavimento. Si sedette sul davanzale, e solo dopo essersi sistemato piegando un ginocchio e poggiando la schiena al muro, si voltò verso di me.
I suoi occhi profondi incontrarono i miei e la luce fioca gli illuminò gran parte del volto, solo allora lo riconobbi. Era stato portato lì da Apollo e Meg assieme a molte altre persone liberate dal comando dell'imperatore, lo conoscevo. Fin troppo bene.
<Scusa> disse secco <non volevo spaventarti> il suo sguardo saettò su di me per poi andare a posarsi sulla stradina che si poteva intravedere dalla finestra.
<Quando ad Indianapolis mi hai quasi fatta fuori non ti sei scusato> lo schernii.
<Oh, intendi dopo che la tua amica mi ha fatto crollare una tettoia addosso? hai ragione, dovevo gettare la spada e lasciare che mi pugnalassi> ironizzò gesticolando, permettendomi di intravedere le diverse cicatrici che gli percorrevano l'avambraccio sinistro. Si sistemò meglio i jeans neri piegandosi poi per riallacciare una delle sue vecchie converse rosse.
<Non mi sarei vista costretta ad attaccarti se non fossi sbucato dal nulla gridando che ci avresti fatto fuori> mi avvicinai di qualche passo incrociando le braccia al petto. Due giorni prima non ero proprio riuscita a capire il perché fosse stato portato anche lui, il nemico, nell'unico luogo sicuro che avevamo al momento. Dovevamo aspettarci di essere traditi da un momento all'altro.
Lo sentii ridacchiare crudelmente, mentre portava lo sguardo sulla maglietta rossa che indossava, su di essa a caratteri cubitali si poteva leggere la parola "Nebraska".
<Seguivo ancora gli ordini di Commodo > si giustificò.
<Cosa che probabilmente stai continuando a fare, non é così? dimmi, fra quando raderanno al suolo questo posto?> tentai di non alzare troppo la voce.
<Ha tentato di uccidermi!> si alzò velocemente in piedi facendo un passo verso di me, non mi mossi <perché dovrei aiutare l'uomo che ha ordinato di giustiziarmi? dimmelo> chiese tornando a fissarmi, lasciandomi stupita. La poca distanza che ci separava mi consentiva di notare nuovamente le innumerevoli cicatrici che gli ricoprivano il volto, due di esse gli attraversavano nettamente l'occhio destro, rendendo il suo sguardo ancora più intimidatorio. Durante il nostro combattimento allo zoo non avevo avuto modo di osservarlo, troppo occupata ad evitare i colpi precisi della sua spada, in quel momento però potevo notare meglio il modo in cui i capelli gli ricadevano mossi sulla fronte, come muoveva nervosamente le dita e il modo in cui la sua mascella si contraeva mentre lo schernivo.
<Ha tentato di ucciderti?> mormorai senza distogliere lo sguardo, fece un altro passo avanti sovrastandomi con la sua altezza.
Annuì deciso, poi fece scorrere lo sguardo lungo tutta la mia figura.
<Ti é mai capitato, mh?> mugugnò facendosi lentamente più vicino < che qualcuno per il quale hai speso gran parte del tuo tempo, per il quale hai ucciso, per il quale hai sacrificato molte, moltissime cose, ti tradisse?> proseguì, vidi un muscolo guizzare sulla sua mascella <rispondimi,sai cosa si prova?> mi incitò, rimasi ugualmente in silenzio.
Si, sapevo cosa si provava , ma ero troppo orgogliosa per ammetterlo, sopratutto se la persona per la quale dovevo farlo era lui, Litierse.
Se ne avesse avuto la possibilità, mi avrebbe annientata semplicemente con lo sguardo, ardente di rabbia. Con un movimento fulmineo si sporse verso di me afferrando il polso che tenevo nascosto dietro la schiena. A dividerci erano ormai solo pochi centimetri, mentre deluso mi lasciava intuire che aveva capito già da molto ciò che, sin da quando mi ero accorta della sua presenza, stringevo nella mano. Lasciai andare il mio coltello che cadde a terra con un tonfo, sobbalzai quando improvvisamente lo sentii ridere crudelmente .
<immagino di no, anzi tirando ad indovinare, direi che quella che tradisce i propri amici sei proprio tu> concluse, mi divincolai sottraendomi alla sua presa e posandogli le mani sul petto lo spintonai allontanandolo da me.
<tu non sai niente di me! > sbraitai rabbiosa, mentre sul suo viso compariva un sorriso sghembo.
<tu nemmeno sai nulla su di me, eppure cosa avevi li eh? un coltello > si fece nuovamente avanti, mi spostai finendo brutalmente contro uno scaffale < si perché eri pronta ad attaccarmi al primo passo falso, non é così?> questa volta ad alzare la voce fu lui.
<che cosa dovrei fare, eh? fidarmi di te? starmene con le mani in mano mentre ci ammazzi tutti?> ero sicura che oramai ci avessero sentiti gridare anche dai piani superiori, ma non mi interessava più.
<pensi che vada fiero di aver ucciso tutta quella gente? credi che non abbia anche io sensi di colpa?> si indicò velocemente, alludendo a tutte le persone alle quali aveva tolto la vita brandendo la sua spada, sotto ordini dell'imperatore.
<l'hai detto tu stesso, io non so niente su di te> sussurrai squadrandolo dalla testa ai piedi <ma so che se rimarrai qui, la fiducia dovrai guadagnartela, proprio come ho dovuto fare io> mi meravigliai di me stessa, quando proprio con lui tirai fuori un periodo della mia vita che mi aveva cambiata profondamente.
Diversi anni prima, i miei amici avevano smesso di far affidamento su di me a causa di uno mio stupido errore e persino Apollo, il mio stesso padre, si era rivelato titubante all'idea di farmi partire per quella missione assieme a lui.
Lo vidi aggrottare le sopracciglia, ridacchiando.
<Di sicuro, guadagnare la tua fiducia non rientra nelle mie priorità al momento> gli lanciai uno sguardo carico d'odio, stavo per ribattere, ma la porta venne spalancata improvvisamente ed entrambi fummo investiti da una luce accecante che ci costrinse a ripararci gli occhi con le braccia.
<Idioti, di sopra c'è gente che sta cercando di dormire e a cui non interessa dei vostri litigi fra emarginati> Meg McCaffrey ci fissava immobile sulla soglia della porta, mentre ci puntava distrattamente una torcia contro.
Alla parola "emarginati" vidi il ragazzo lanciarmi un'occhiata sorpresa, avvertii dei passi veloci provenire dal corridoio, poco dopo apparve anche Apollo che prese a fissarci sconcertato dopo essersi strofinato gli occhi assonnati. Mi sentii in colpa per averli svegliati, ma non mi persi in spiegazioni. Mi  avviai verso la porta e superai i nuovi arrivati borbottando delle scuse, lasciandomi alle spalle un ragazzo molto confuso. Ero consapevole dell'intelligenza di Litierse, così come ero consapevole del fatto che avesse capito che le parole che gli avevo rivolto, venivano da una persona che parlava per esperienza, da una persona che si era sporcata le mani tanto quanto lui e che pur lottando, non era ancora riuscita a riconquistare la fiducia di tutte le persone a cui teneva.
Una persona con la quale aveva più cose in comune di quante entrambi potessero anche solo immaginare.

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