Litierse pt.2 (ToA)

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Valdez continuava a canticchiare mentre concentrato si applicava nel tagliare le carote che sarebbero poi state servite a cena, io mi trovavo alle sue spalle. Asciugavo i piatti in silenzio, erano passati ormai diversi giorni dal mio litigio con Litierse e da quel momento avevo fatto di tutto per evitarlo, convinta che oramai avesse capito che dietro alla maschera che indossavo, si nascondeva una persona profondamente ferita e insicura. Ogni volta che ci incontravamo in corridoio mi lanciava occhiate sospettose, talvolta quasi comprensive, ma non aveva mai riaperto il discorso e di questo gli ero grata.
Riposi l'ultimo piatto che c'era da asciugare e mi avvicinai a Leo che a sua volta aveva quasi finito di svolgere il compito che gli era stato assegnato. Non potei fare a meno di notare gli innumerevoli taglietti che si era procurato sui polpastrelli nel tentativo di tagliare tutto alla perfezione, mi venne da sorridere.
<Giuro che se questa sera non mangiate le carote, continuerò a riproporvele ad ogni pasto finché non le finirete > borbottò facendomi ridere, portò il suo sguardo su di me < guarda che sono serio> continuò, nascondendo un sorriso dietro la mano chiusa a pugno.
<naturalmente> mi avvicinai e gli tolsi dalle mani una delle tre ciotole che aveva riempito, così che non facesse cadere nulla per poi vedersi costretto a ricominciare tutto da capo.
<Hey guarda che posso farcel-oh ciao Lit> alle parole del ragazzo mi pietrificai e per poco non feci cadere ciò che tenevo nelle mani.
<Ciao Leo> la sua voce alle nostre spalle mi fece capire che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza, rimisi la ciotola sul tavolo e tornai a sistemare i piatti già asciutti rimanendo di spalle.
<Emmie mi ha chiesto di fare il gelato> spiegò .
<Grande!> Leo gli batté il cinque per poi lanciarmi un'occhiata, le voci all'interno della struttura correvano velocemente, o meglio, Meg McCaffrey correva velocemente. Dopo averci sorpresi in biblioteca, si era subito precipitata a raccontare della nostra litigata a Josephine che parlando con gli altri , aveva fatto involontariamente si che tutti lo sapessero.
<Mangerai le carote a cena vero?> chiese il minore portando lo sguardo su Litierse.
<Va bene> Valdez gioì soddisfatto, per poi balbettare delle scuse e uscire velocemente dalla stanza portando via con se una ciotola piena di carote.
La stanza calò nel silenzio, rimasi a guardare l'argenteria già pronta per essere utilizzata, giocherellando con il laccio della giacca.
<Viviamo entrambi qui ormai, continuerai ad ignorarmi per sempre?> chiese ad un certo punto.
<Io non ti sto ignorando, tu lo stai facendo> lo corressi facendolo accigliare. Mi raggiunse e si mise al mio fianco, seguì il mio sguardo e i suoi occhi si posarono a loro volta sui piatti lucidati.
<Stai aspettando che si riempiano da soli?> mi schernì indicandoli, mi voltai verso di lui indispettita, arricciò un angolo della bocca.
<Non avevi del gelato da fare?> il suo sorriso si ampliò.
<Sai per caso dove sono le fragole?> domandò prendendo a guardarsi intorno, mi sporsi verso di lui e aprii uno degli sportelli del frigorifero che si trovava al suo fianco. Si spostò e aprii completamente l'anta così da poter cercare meglio, si inginocchiò al mio fianco e si mise a guardare anche lui, ma invano.
<Vado a chiedere ad Emmie dove son-> un forte scossone fece tremare l'intera struttura, incespicai in avanti e finii contro la sua spalla, evitò di farci cadere entrambi aggrappandosi con forza al bancone mentre gli posavo involontariamente una mano sulla gamba coperta dai jeans neri . Ci guardammo per un secondo negli occhi, dal suo sguardo riuscii a intuire che era sorpreso tanto quanto me. Non sapeva nulla.
Riacquistai l'equilibrio quando un altro scossone, più forte del precedente, fece cadere alcuni bicchieri che si trovavano su una mensola, si frantumarono a terra rischiando quasi di colpirmi.
Uscii in corridoio seguita dal ragazzo, notai che alcuni quadri erano caduti , ma quello non era il momento di fermarsi per rimetterli apposto. Svoltammo l'angolo intenti a raggiungere gli altri, non facemmo in tempo a muovere qualche passo che una delle grandi finestre che affacciava sulla piazza andò in mille pezzi quando una creatura vi si lanciò contro. Ci fermammo di colpo, la mano del ragazzo finì davanti al mio corpo nel tentativo di ripararmi, lo fissai sbigottita.
La creatura che ora si trovava a terra si rialzò senza faticare, poi puntò il suo sguardo su di noi.
<Scusate per il disturbo, ma devo uccidervi!> odiavo i blemmi, sopratutto quelli fin troppo educati.
Estrassi  il mio pugnale dalla cintura e mi avventai contro di lui che senza troppa fatica, mi assestò un forte calcio ad una gamba facendomi finire a terra dritta sopra i vetri. Gemetti dal dolore a causa della botta, il mio braccio destro prese a sanguinare.
Litierse alle mie spalle, non indietreggiò. Ero concentrata sulla ferita , per questo non vidi con cosa colpì la creatura che in pochi secondi divenne polvere.
Si precipitò al mio fianco inginocchiandosi, mi guardò preoccupato.
<Stai bene?> domandò quando mi rimisi in piedi, lo tranquillizzai con un cenno del capo.
<Dobbiamo trovare gli altri> dissi, mossi un passo ma il dolore mi fece stingere i denti. Il ragazzo se ne accorse e, senza troppe riverenze, mi prese il polso  e si sistemò il mio braccio attorno alle spalle, posandomi una mano sul fianco
Ero troppo preoccupata per gli altri per mettermi a fare storie, per questo mi feci forza e insieme ci avviammo lungo il corridoio.

La situazione, come avevo previsto, non era delle migliori. Quando entrammo nella stanza dove eravamo soliti riunirci tutti per mangiare, ciò che vidi mi lasciò sconcertata.
Ecco, se uno sconosciuto si fosse messo ad osservare la scena, avrebbe probabilmente riso a causa delle espressioni concentrate di coloro che si trovavano dal lato destro del tavolino.
Apollo, Thalia, Emmie e Calipso se ne stavano fermi lì, chi tendeva l'arco e chi tentava di apparire minaccioso brandendo un ukulele da guerra. C'era da aspettarselo, dal momento che quest'ultimo si trovava fra le mani di Apollo.
Tutti e quattro fissavano Commodo con un misto di rabbia e paura. Le guardie dell'imperatore tenevano in ostaggio Leo, minacciando di staccargli la testa, cosa che probabilmente il ragazzo non aveva capito dal momento che continuava a fare battutine tentando di distrarre i due guerirei germani.
Quando facemmo il nostro ingresso nella stanza, tutti gli occhi si puntarono su di noi e non potei fare a meno di notare quel pizzico di delusione negli sguardi dei nostri amici; si aspettavano qualcosa di più.
Si sarebbero dovuti accontentare, eravamo l'aiuto migliore che potessero ricevere al momento.
Nonostante sembrassi più ammaccata di quanto non fossi, estrassi i miei coltelli e nascosi il dolore alla gamba raggiungendo gli altri, seguita da Litierse.
<Visto Apollo? é arrivata la cavalleria > l'imperatore ci prese in giro <Lit? sei sicuro che non ordineranno anche loro di ucciderti?>
Lo vidi stringere i pugni, senza troppa esitazione strinsi la mia mano attorno al suo polso nel tentativo di calmarlo.
<Bello sarai tu a morire oggi> Leo  tentò di sembrare coraggioso, ma si ammutolì appena il gigante che lo teneva in ostaggio strinse la presa attorno al suo collo.
Litierse sguainò la sua spada, proprio in quel momento le cose precipitarono. Thalia scagliò una delle sue frecce che andò a conficcarsi nel fianco della guardia che stava trattenendo il nostro amico, si ridusse in polvere. Altre creature sotto il comando di Commodo si riversarono nella stanza, ne abbattei una decina prima di avvertire un dolore lancinante alla testa.
Caddi  in ginocchio, portai una mano fra i capelli e quando la guardai sbiancai trovandola ricoperta di sangue.Abbandonai il coltello e nel giro di qualche secondo la mia testa colpì il pavimento, la vista iniziò ad offuscarsi  e l'ultima cosa che vidi prima di perdere i sensi, fu Litierse che dopo aver realizzato cosa era appena accaduto, si scagliava con violenza contro l'imperatore alle mie spalle.

<Qualcuno ha visto una milza di bronzo?> fu la prima cosa che sentii quando ripresi i sensi, mi resi conto di trovarmi in infermeria. Rimasi immobile per qualche secondo, poi con fatica mi misi a sedere sul lettino lasciando che i piedi toccassero terra, feci per alzarmi ma la porta della stanza si aprì improvvisamente.
<Ferma!> persi l' equilibrio, ma venni sorretta da due braccia forti, lasciate scoperte da una maglia rossa a maniche corte.
<Non alzarti> disse aiutandomi a risedermi.
<Stai bene?> mi allarmai alla vista del brutto taglio che gli attraversava lo zigomo, mi rivolse un sorriso sghembo.
<Mi é andata sicuramente meglio che a te> ridacchiò, portandomi a fare lo stesso.
<Dimmi almeno che abbiamo vinto> lo pregai, sperando che la sua risposta fosse positiva, si sedette al mio fianco, lasciando a sua volte penzolare le gambe fuori dal lettino.
<Commodo é scomparso> mi agitai.
<Che significa che é scomparso?> non era la risposta che mi aspettavo, insomma , speravo fossero riusciti a sconfiggerlo.
<Dopo che ti ha colpita abbiamo combattuto, poi tuo padre lo ha accecato> spiegò, sentire la parola "padre " suonò strano.
<Gli é tornata la forza?>
<Si, ma solo per qualche minuto> sospirò affranto, iniziavo a rendermi conto che forse sotto sotto anche a lui interessava la sicurezza di quel posto, ma non volevo farmi false speranze.
<Comunque, domani lui e Meg partono> interruppe il silenzio che era calato nella stanza, si voltò verso di me quando non risposi.
< Andrà tutto bene > lentamente fece scivolare la sua mano nella mia , incrociai il suo sguardo <sono in gamba>
<scusami> dissi velocemente, interrompendo il discorso precedente, mi lanciò un'occhiata interrogativa.
<Scusami, per averti detto quelle cose l'altra sera> spiegai, lo vidi rilassarsi.
<Sta tranquilla, le avrei dette anche io se fossi stato in te>
<É solo che, ti capisco Lit> strinsi gli occhi per qualche secondo <so cosa si prova ad essere traditi e ad agire di conseguenza. Perdere la fiducia di chi ami ed avere sempre una pessima nomina> trattenni a stento le lacrime, non appena se ne accorse posò una mano sulla mia spalla e mi tirò a se, stringendomi delicatamente.
<Non avrei dovuto dire nulla> le lacrime iniziarono a scorrere lungo le mie guance, poggiai il volto sulla sua maglia che in poco tempo venne bagnata.
<É tutto ok> mi lasciai andare fra le sue braccia, piansi come non avevo mai fatto, consapevole di aver finalmente qualcuno che potesse capirmi, che potesse fidarsi di me e vedere il meglio nonostante il mio passato. Lo avrei fatto anche io con lui, ci saremmo riusciti, insieme.
<Vedo allora che fra emarginati vi capite> scoppiamo entrambi a ridere, quando Meg comparve sulla porta con una delle sue solite battutine.

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