Nico di Angelo (PJ)

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C'era una conclusione alla quale continuavo a giungere ripetutamente negli ultimi giorni : Leo Valdez, quando ci si impegnava, faceva salire in me una voglia di gettarmi dall'Argo II assurda.
Era tarda notte e per la quinta volta, il ragazzo stava correndo da una stanza all'altra facendo tintinnare rumorosamente i vari attrezzi che aveva agganciati alla cintura che portava in vita. Borbottava parole senza senso e continuava a sbandare finendo contro le pareti. Era nervoso, lo eravamo tutti dopo quello che era successo.
Sbuffai rumorosamente e con poco delicatezza afferrai il cuscino al mio fianco e me lo permetti sulla faccia nel tentativo di ridurre i rumori che arrivavano dal corridoio.
<Valdez!> gridai lanciando il cuscino contro il muro quando lo sentii per l'ennesima volta passare blaterando cose come <bisogno ...bronzo  ...Festus!>
Mi alzai e con poche falcate raggiunsi la porta, temetti di ritrovarmi la maniglia in mano per la forza che utilizzai per aprire, mi affacciai in corridoio e l'unica cosa che vidi furono diverse chiavi inglesi e cacciaviti abbandonati a terra, la porta della sala motori era aperta.
Mi passai una mano sul viso nel tentativo di riacquistare lucidità e barcollando mi avviai per raggiungere la stanza. Mi poggiai allo stipite della porta, il ragazzo era inginocchiato a terra e stava trafficando con qualche strana macchina.
<Leo...> sussurrai comprensiva, non si voltò, continuò a lavorare.
<Torna a dormire, ne hai bisogno più di me> consigliò voltandosi  e incatenando i suoi occhi ai miei.
<Non riesco a chiudere occhio, l'ansia mi sta uccidendo. Tu piuttosto, dovresti riposare> lo ammonii, sperando che mi desse regione, cosa che ovviamente non fece
<Festus ha dei malfunzionamenti, devo sistemarlo. Non possiamo permetterci che ci siano problemi quando raggiungeremo le-> si interruppe bruscamente abbandonando il martello che teneva in mano e chinando il capo.
<Andrà tutto bene> lo raggiunsi <Percy e Annabeth sono insieme li sotto, se la caveranno> sapevo di star mentendo, nemmeno io credevo alle mie parole. Eravamo tutti terrorizzati, era così dall' esatto momento in cui i nostri amici erano scivolati nell'oscurità del tartaro.
Strinse il braccio che gli avevo posato sulla spalla e mi abbracciò, sapevo quanto era stressato.
<Andrà tutto bene> lo rassicurai, sentendolo annuire <ora devi riposarti, domani ti aiuterò io a sistemare Festus> per una buona volta, accettò il mio consiglio ed entrambi uscimmo in corridoio, intenti a raggiungere le nostre camere.
Stavo per aprire la porta quando interruppe il silenzio <c'è qualcun altro al piano di sopra a cui dovresti dare lo stesso consiglio, è fermo lì da ore> detto questo entrò nella sua stanza, quella che ormai utilizzava ben poco, lasciandomi immobile nel buio, interrotto solo in alcuni punti dalla luce della luna che entrava dalle finestrelle che durante la costruzione della nave, lui stesso aveva inserito.

L'aria fredda della notte mi investì non appena uscii in coperta, mi strinsi nella felpa che avevo recuperato dal pavimento della mia stanza.
Percorsi il ponte attenta ad evitare alcuni ostacoli che nel buio mi era difficile individuare e mi poggiai al parapetto.
Non riuscivo a vederlo, ma sapevo che si trovava lì. <Ti dirò ciò che ho detto anche a Leo, devi riposare> non ottenni risposta, sapevo già che non avrebbe aperto bocca. Continuai a scrutare l'orizzonte, forse aspettandomi di vedere i miei amici comparire dal nulla in sella a BlackJack, nonostante sapevo non sarebbe accaduto.
Rimasi in silenzio però un po', fin quando sentii qualcuno muoversi al mio fianco, con la coda dell'occhio scorsi una folta chioma nera.
<Non ne ho bisogno> fu allora che mi voltai, Nico di Angelo era poggiato con i gomiti alla balaustra, la spada pendeva dal suo fianco mentre la sua giacca lo riparava dal freddo che in quel momento ci investiva.
<So che sei preoccupato> iniziai, si voltò fin troppo lentamente verso di me, incatenò il suo sguardo al mio senza interrompermi <ma dobbiamo aiutare Percy e Annabeth, non possiamo continuare ad aggirarci per la nave senza fare nulla> tentai di non alzare la voce <non possiamo fingere che non stiano rischiando di morire, molto probabilmente sta accadendo anche in questo esatto momento-> d'improvviso mi afferrò per le spalle e mi strinse, portandomi molto vicina al suo volto.
<Stammi a sentire, so esattamente cosa si prova a stare lì sotto, l'unica differenza è che loro sono insieme, io non avevo nessuno a stringermi la mano dopo essere stato attaccato da qualcosa. E fidati, accadeva più spesso di quanto tu possa anche solo immaginare> questa volta era stato lui ad alzare la voce, continuava a tenermi stretta mentre mi fissava con aria accusatoria.
Lo sentii allentare la presa, forse dopo essersi reso conto di aver rischiato di farmi male, e si allontanò di qualche centimetro.
<Scusa> sussurrò, chinò il capo e fece per voltarsi, ma senza dargli modo di andarsene, lo afferrai per un braccio e lo tirai a me. Premetti  le mie labbra sulle sue, facendolo rimanere più sorpreso di quanto non lo fossi io in quel momento. Avevo sempre provato sentimenti a me incomprensibili per il figlio di Ade. Ero stata una delle prime persone che aveva conosciuto una volta arrivato al campo, giocavamo sempre a mitomagia assieme, ma alla morte  di sua sorella se ne era andato  e il nostro rapporto era andato in fumo. Ogni volta che sentivo il suo nome, desideravo che tornasse, che ci permettesse di aiutarlo a superare la sua perdita e la sua tristezza, ma più speravo che lo facesse, più le circostanze sembravano allontanarci.
Lo vidi sbarrare gli occhi sorpreso, ma pochi secondi dopo si lasciò andare portando le mani sulla mia schiena e stringendomi ancora di più a se.
Mi allontanai poco dopo e lo avvolsi in un abbraccio poggiandomi nuovamente con la schiena al parapetto. Nascose il volto nell' incavato del mio collo mentre una lacrima gli rigava solitaria la guancia, gli accarezzai i capelli.
<Se potessi tornare indietro mi getterei nel tartaro solo per raggiungerti, Nico> lo rassicurai <non sei solo> lo sentii stringermi una mano.  Aveva attraversato molto potendo contare solamente su se stesso, in quel momento, su quella nave, giurai a me stessa che non sarebbe più rimasto solo. Furono queste le parole che gli sussurrai, prima di sentirlo timidamente sorridere sulla mia pelle. Quando quella mattina Frank e Jason arrivarono sul ponte, ci trovarono  stretti l'uno all'altra, pronti a recuperare i nostri amici, uccidere Gea e a ricominciare insieme.

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