7. Nuvole

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Presto fu mattina, ma nuvole grige oscuravano il sole. Il cielo sembrava di pessimo umore. Mi ero appisolata, per poi svegliarmi bruscamente dopo un paio di ore. Il paesaggio intorno a noi era sempre lo stesso: alberi, alberi e ancora alberi. 

<<Dormito bene?>> mi chiese Graham poco dopo che aprii gli occhi.

<<Abbastanza... tu non hai sonno?>> stava guidando da più di dodici ore senza fermarsi, doveva essere stanco. C'eravamo fermati solo una volta in una piccola stazione del gas, per fare benzina e beh, anche per andare in bagno.

<<Noi licantropi abbiamo una soglia della stanchezza diversa dalla vostra>> mi disse semplicemente. 

Inevitabilmente la mia mente tornò sul discorso che avevamo avuto prima. Le sue parole, la sua determinazione... ero decisamente meno spaventata rispetto all'inizio, ma ero comunque incerta. Per il momento decisi di donargli il beneficio del dubbio, di comportarmi in maniera civile e vedere come si sarebbe evoluta la situazione.

<<Quanto manca ancora?>> domandai, iniziavo a sentire il peso del viaggio e il bisogno di sgranchirmi le gambe. Mi feci una coda veloce, i miei capelli lasciati sciolti erano troppo lunghi, mi davano fastidio.

<<Più o meno cinque ore. Fra due ore ci dovrebbe essere un piccolo fast food, se vuoi possiamo fermarci lì a mangiare qualcosa>> propose sorridendomi. 

<<Va bene>> ricambiai il sorriso, anche se con un po' di sforzo.

Le due ore passarono in fretta e, finalmente, arrivammo al fast food.

Era un locale molto piccolo e semplice, di colore grigio.

Parcheggiamo e scendemmo dalla macchina in fretta, entrambi avevamo molto fame. Mi prese la mano, sembrò farlo senza accorgersene, ma io a differenza sua ne ero ben consapevole. Alla fine decisi di lasciare la mia mano nella sua, decisamente più grande della mia, ma solo perché eravamo appena entrati e non volevo fare una scenata davanti a tutta la gente.

Mi portò in cassa per ordinare e optai per un semplice cheeseburger con delle patatine e una bottiglietta d'acqua, lui prese lo stesso. Ci sedemmo su delle poltrone verdi e dopo pochi minuti arrivò il nostro cibo.

Iniziammo a mangiare in silenzio, ma vedevo che nella sua testa pensava ad un modo per aprire una conversazione. Mi fece quasi tenerezza.

Persi tutto il colore dal mio viso.

Questi pensieri... sto iniziando a sentire il legame. Merda.

Dovevo capirlo prima. Il mio corpo piano piano stava cominciando ad accettare la sua presenza, anche se ancora sapevo ben poco sul suo conto. 

Lui puntò i suoi occhi di fuoco su di me, e in quel momento era proprio l'ultima cosa di cui avevo bisogno. Il sangue che scorreva nelle mie vene era bollente quasi quanto la lava, donandomi una sensazione di calore capace di offuscare i miei pensieri se non controllata a dovere.

<<Ti senti bene? Sei pallida>> parlò, e la sua voce ebbe uno strano effetto su di me. Era scura, calda, mi faceva sentire bene. 

Deglutii pesantamente e annuii. 

Quest'uomo, indipendentemente dalle sue ragioni, mi ha costretta ad allontanarmi dalla mia famiglia. Mi può trattare bene quanto vuole, ma un rapitore rimane comunque e sempre un rapitore, dissi a me stessa.

Ero sicura che aveva capito che c'era qualcosa che non andava, ma sembrò sorvolare.

<<Mancano ancora tre ore all'arrivo. Sei curiosa di vedere la tua nuova casa?>> la mia nuova casa.

<<Un po'>> feci spallucce.

<<Penso che ti piacerà. Sentiti libera di apportare le modifiche che vuoi, una volta arrivati. Voglio che tu ti senta a tuo agio>> mi lanciò un sorriso, anche se un po' imbarazzato.

Diedi un morso al mio panino e masticai lentamente, pensando a cosa dire dopo.

<<Quindi, una volta arrivati, potrò contattare i miei genitori?>>

Lui annuì.

<<Potrai contattare chi vuoi>> 

Presto finimmo il nostro cibo e salimmo di nuovo in macchina.

Graham sospirò e si girò verso di me, lanciandomi un'occhiata strana, quasi adorante.

<<Un ultimo sforzo e poi potremmo riposare>> e incominciò di nuovo a guidare.

La giornata era ancora nuvolosa e il sole non sembrava ancora aver intenzione di uscire, ma la cosa non mi dispiaceva. Non avevo mai amato particolarmente le giornate soleggiate.

<<Avevo pensato...>> iniziò a parlare, ma si fermò un attimo per scharirsi la voce <<So che ti ci vorrà un po' di tempo per abituarti a questo nuovo stile di vita. Se vuoi, posso iniziare a presentarti tutte le persone che devi conoscere gradualmente,in modo tale da non sopraffarti. Che te ne pare?>> fui stupida dal fatto che stava chiedendo la mia opinione su questo, ma apprezzai.

Forse è vero, i licantropi non sono dei bruti come i lupi mannari.

<<Preferirei andare gradualmente come hai detto tu>> approvai.

<<Immaginavo>> annuì pensieroso <<Il concilio sarà curioso di conoscerti, ma rispetterò i tuoi tempi>>

Un altro peso si levò dal mio petto.

<<Questi primi giorni lavorerò da casa, in modo tale da starti vicino per ogni evenienza. Ti aiuterò ad abituarti e così avremmo anche più tempo per conoscerci meglio>> il suo tono si fece morbido e gentile, rendendo meno affilati i tratti del suo viso. Sentii il mio cuore accellelare un pochino.

<<Grazie>> risposi soltanto.

Mi sentivo decisamente più leggera. Lui sembrava non avere l'intenzione di sforzarmi a fare nulla e, per di più, potevo contattare i miei genitori quando volevo. Speravo che lo stesso valesse per il vederli. Tutto si stava svolgendo in maniera decisamente diversa e migliore rispetto alle mie aspettative.

Gli lanciai un'occhiata di lato, sperando che non se ne accorgesse. 

Quell'uomo, bello in maniera letale, era sicuramente diverso da come lo immaginavo all'inizio. 

Non parlammo molto durante il resto del viaggio, ma la tensione era ormai pressochè inesistente. La radio riempiva il vuoto lasciato dalle parole e, prima di quanto immaginassi, raggiungemmo il Regno dei licantropi.

Me ne accorsi subito: tutti gli alberi che ci circondavano lasciarono il posto alle case e vari edifici di diversi colori, la gente passeggiava per le strade e notai che, senza ombra di dubbio, la maggior parte delle persone erano in realtà licantropi. L'ambiente era certamente vivace.

Un po' di ansia tornò ad attanagliarmi lo stomaco, ma cercai di non farci caso e di non provare a fare paragoni con la vita che mi ero lasciata alle spalle.

A parte per i miei genitori, mi si stringeva il cuore per il negozietto. Graham, una delle prima volte, mi aveva detto che avrei potuto continuare a fare dolci anche qua, e speravo davvero che fosse così.

Presto girammo in un vialetto.

Casa sua, realizzai immediatamente.

Parcheggiò la macchina e, dopo averla spenta, si girò verso di me con un sorriso a trentadue denti.

<<Benvenuta a casa>>



Song of Shadows - SOSPESAWhere stories live. Discover now