2. Vaniglia

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<<Grazie, arrivederci!>> sorrisi e la signora uscì dal negozio.
Era passata una giornata dall'accaduto, ed ero sulle spine. Mi sentivo come sull'orlo di un precipizio, senza sapere se il mio prossimo respiro sarebbe stato l'ultimo.
Cornelia insisteva perché rimanessi a casa, ma dopo una giornata passata a piangere e pensare, decisi che se quelle dovevano essere le mie ultime ore, almeno le avrei passate facendo qualcosa di produttivo.
Di conseguenza lavoravo, cercando di non pensare a nulla e sorridendo a tutti i clienti, sperando solo di non vedere di nuovo il volto del lupo.

La giornata stava passando lenta, erano solo le tre del pomeriggio, e in teoria più di ventiquattro ore da quell'incontro.
Posso considerarmi salva?, mi chiesi.
Ero stanca, davvero tanto. Volevo solo sdraiarmi e tirare un gran sospiro.

Nel negozio c'era un forte odore di torta alla vaniglia, specialità del giorno.
I pezzi di torta erano quasi finiti e ciò mi rendeva particolarmente orgogliosa.
Magari anche il Re aveva davvero apprezzato i miei dolci...
Mentre ero immersa nella marea dei miei pensieri, sentii il tintinnio del campanello.
Alzai lo sguardo, pronta ad accogliere il prossimo cliente in cerca di dolci, ma ciò che vidi fu come una secchiata di acqua gelida sul viso.

Il mio sguardo incrociò un paio di occhi rossi come il fuoco, così tanto da sembrare fiamme vere e proprie. Mi pareva di essere avvolta da un tale calore che premeva su di me, come per diventare parte della mia pelle.
Volevo muovermi, fare qualcosa, ma ero pietrificata, non riuscivo a capire niente.
Avevo il respiro in gola e nulla sembrava avere il potere di distogliere la mia attenzione da quei due rubini.

<<Sei tu>> sussurò il proprietario delle due pozze di fuoco. Solo allora mi risvegliai da quello stato ipnotico e la realizzazione mi colpì. L'individuo era alto, più alto dei classici lupi mannari, i suoi capelli erano sciolti, neri e lunghi, i tratti del suo viso affilati come la pietra. Non indossava l'uniforme delle guardie, anzi la stranezza del suo abbigliamento indicava perfettamente che era uno straniero.
Aveva dei pantaloni neri, a vita bassa e sopra una giacca di pelliccia, lunga e larga, lasciata aperta e senza nulla sotto, facendo intravedere chiaramente il suo petto.
L'uomo davanti a me non era un lupo, era un licantropo, un fottuto licantropo.

Sono la sua compagna, il panico mi riempì.
Merda, sono la sua compagna!
Feci un passo indietro e lui uno in avanti, mentre il mio istinto mi gridava di scappare. Non ci riuscivo, il suo sguardo mi teneva incollata.
Ora sì che sono morta, pensai, mi terrà imprigionata e non avrò più un futuro, mi ammazzerà.

Lui sorpassò il bancone, prendendomi fra le sue braccia muscolose, io ero ancora incapace di reagire.
Mi sembrava di rivivere la scena di Florence, ma questa volta la protagonista ero io.
<<Sei tu>> sussurò di nuovo il mostro, e per la prima volta notai i suoi occhi speranzosi. Quei due rubini infuocati mi fissavano stupiti, affamati, e la cosa mi terrorizzava.

<<No... io non->> incominciai a parlare senza sapere cosa dire, ma non riuscii a terminare la frase. Lui appoggiò la sua fronte sulla mia e prese il mio viso fra le sue mani.

<<Sei umana, e profumi di vaniglia>> questa volta parlò fra sé e sé, mentre mi esaminava come se fossi uno dei dolci in vendita.

<<Riuscivo a sentire il tuo profumo su quei biscotti...>> e con quelle paole capii tutto.
Lui era uno degli ospiti del Re. Faceva parte del gruppo di persone che se non avessero gradito i miei biscotti, mi avrebbero fatto tagliare la testa.

Fu quello il pensiero capace di sciogliere l'incantesimo. Lo spinsi e riuscii a liberarmi, di sicuro non per la mia forza, ma perché lo avevo colto di sorpresa.
Un'ombra coprì il suo sguardo.

<<Cosa stai facendo?>> questa volta non fu un sussuro.  La sua voce era profonda e roca, molto decisa, chiaramente abituata a dare ordini.

Non avevo alcuna possibilità di riuscire a scappare da lui con la mia forza fisica, allora, anche se molto stupidamente, decisi di giocarmela in un altro modo.

<<Mi scusi signore, ma non gradisco il contatto fisico con degli sconosciuti. Scelga ciò che vuole comprare o dovrò chiederle di andarsene>> la mia voce tremava, sicura che dopo una frase del genere mi avrebbe uccisa. Poco importava, ero morta lo stesso. Gli esseri soprannaturali erano noti per abusare gli umani.

Si accigliò e fece un passo indietro, preso alla sprovvista.
Vattene!, urlai nella mia testa.

<<Sei umana... non senti il legame>> non ero sicura se si stesse rivolgendo a me o se fosse una riflessione per sé stesso. Nel dubbio non risposi, e rimasi rigida, in attesa di una sua reazione.

Lui si avvicinò di nuovo e questa volta guardò il bancone.

<<Quanti dolci... li fai tutti tu?>> le sue parole mi lasciarono confusa. L'ultima volta che una creatura si era interessata al mio operato non era finita molto bene.

Spaventata dal dire qualcosa di sbagliato, annuii e basta.
Il suo sguardo mi inchiodò di nuovo, ma questa volta si rispostò subito sui dolci, fermandosi sulle ultime fette di torta.

<<Voglio tutte le fette di quella torta>> disse soltanto.

Rimanendo in silenzio e alquanto confusa, presi le ultime fette rimaste e le posai su un vassoio, per poi incartare il tutto e metterlo dentro un sacchetto rosa, identico a quello di ieri.
Lo appoggiai sul bancone, spingendolo verso di lui, cercando di evitare il minimo contatto fisico.
Lui però non lo prese subito, rimase a guardarmi per qualche secondo.
Ecco, ora mi ammazza, pensai terrorizzata, ma non successe nulla.
Finalmente afferrò il sacchetto, e lasciò una banconota sul banco. Non guardai nemmeno il valore, le mie attenzioni erano rivolte a lui e alla sua prossima mossa.

<<Tornerò domani>> mi disse e, per la prima volta, lo vidi sorridere. Sembrava genuino, non era il classico sorriso letale delle creature soprannaturali, ma comunque non mi fidavo. Non ero un'ingenua, i licantropi erano ancora più feroci e letali dei lupi mannari, tutti lo sapevano.

Quando vide che non avevo intenzione di rispondergli, quel suo sguardo infiammato sembrò spegnersi un pochino.

<<Anche se non verrai a lavoro, ti troverò lo stesso>> le sue parole mi fecero rabbrividire e il mio cuore saltò un battito.
Lui si girò e se ne andò, ma non prima di avermi lanciato un'occhiata determinata e accesa da quel fuoco che potevo sentire scorrere nelle mie vene.

Non avevo nessun dubbio, non c'era motivo di nascondersi.
Lui mi avrebbe sempre trovata.






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