𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝟣𝟩

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<<Sei sicuro di non avere da fare?>> Jimin si sentiva in colpa per aver coinvolto l'amico in un piano all'ultimo minuto come fossero dei ragazzini, e il suo disagio era visibile. Sapeva quanto fosse ambito il riposo o il tempo libero nel loro mestiere, ma aveva parlato senza riflettere.

<<Niente di che, avrei cenato da solo e sarei andato a dormire, non senza aver guardato un documentario sui coleotteri più grandi del mondo>> Hoseok lo disse con un sorriso, non sembrava turbato.

<<Non preoccuparti, ti avevo già detto che nel bisogno ci sarei stato e non intendo tirarmi indietro>> aggiunse, percependo l'atmosfera cambiare. L'altro si rilassò sul sedile dell'auto, non sentendosi più soffocare dalla cintura di sicurezza come in precedenza.

<<Hoseok?>> richiamò la sua attenzione <<tu mi consideri un tuo amico?>>

Le sue guance si tinsero leggermente di rosso prima di rispondere con entusiasmo <<certo che si, che domande fai!>>

Jimin si sentì abbastanza infantile per aver chiesto una cosa del genere in quel modo, ma a dirla tutta non si erano mai esplicitamente definiti "amici" e voleva esserne sicuro dato che si conoscevano da troppo poco tempo per dedurlo.

<<Parliamo del tuo problema ora>> il rosso frenò con delicatezza, avvicinandosi a un incrocio. L'altro notò che il suo modo di guidare era diverso da quello di Yoongi, che pareva più irruento ma in ogni caso sicuro. Sospirò al pensiero che lui era l'unico dei tre a manovrare ancora quegli aggeggi con esitazione, probabilmente perché non guidava spesso.

Si accorse dopo qualche secondo di non aver ancora risposto ad Hoseok. <<Quale problema?>> domandò spaesato.

<<Non fare il finto tonto, mi riferisco al motivo per cui siamo qui>>

Avrebbe voluto rispondere che inizialmente non stava fingendo, ma gli sembrò inutile non appena comprese il punto della situazione.

<<Ha un debole per te>> entrambi sapevano a chi si stesse riferendo, ma Jimin non sapeva se credergli.

<<Mi sta prendendo in giro, fa così da quando ho messo piede alla "D Crime">> la sua convinzione era quella. Iniziò a valutare i suoi comportamenti, i quali erano principalmente meschini o di cattivo gusto, in cui spiccavano piacevoli conversazioni profonde e qualche piccolo gesto apprezzabile. Quel biglietto lo aveva mandato in confusione, non sapendo se interpretarlo come sarcasmo o tutt'altro.

<<Mettiamo che tu abbia ragione, come reagiresti?>> l'investigatore che era in lui stava prendendo il sopravvento.

<<Mi stai interrogando?>> sorrise Jimin.

<<Hai il diritto di non rispondere, ma ti conviene non usufruirne se non vuoi che ti lasci a piedi di notte>> agli occhi di un ascoltatore esterno poteva sembrare una vera minaccia.

<<Mi hai convinto. Il mio comportamento non cambierebbe; sono in quell'agenzia per lavorare, non per farmi sottomettere da un tizio che ostenta egocentrismo in ogni sua azione>> rispose d'istinto.

<<E se invece tu avessi torto?>>

Jimin fece una pausa di riflessione.

<<Significherebbe capire i tuoi di sentimenti>> Hoseok gli tolse le parole di bocca, lasciandogli tutto il tempo di sciogliere dalla vergogna per aver sfiorato quel tasto dolente.

<<Hai mai avuto una relazione?>>

Era troppo per lui e il suo viso che stava andando a fuoco <<sta diventando imbarazzante>>

<<Questo lo credi tu. Gli umani si fanno mille paranoie per cose futili, dovremmo fare come gli insetti e goderci l'amore alla luce del sole>> si voltò a guardare Jimin con aria serena, poi nell'autovettura calò il silenzio per qualche minuto.

<<Jimin, ma a te piacciono i ragazzi?>> la domanda lo colse di sorpresa, facendolo sobbalzare sul sedile e arrossire nuovamente, annullando i suoi precedenti sforzi di controllarsi.

Decise di dirgli la verità, dopotutto era una persona affidabile e non vedeva il motivo di dover mentire dato che sapeva ormai quasi tutto di lui.

<<Non lo so>>

<<A me si>> la naturalezza di Hoseok lo stupì, ma ancor più ciò che affermò dopo.

<<Non è semplice doversi nascondere sempre per salvaguardare il proprio posto di lavoro, questo Paese è stracolmo di pregiudizi>>

Jimin avrebbe voluto dire qualcosa di rassicurante, ma optò per non soffermarsi sulla drammaticità della sua condizione.

<<Se può consolarti, per me non fa differenza>>

<<Lo so, non te l'avrei detto se non ne fossi stato certo e il nostro caro collega mi ha aiutato a capirlo>> ridacchiò l'altro <<dato che siamo quasi arrivati, smettiamo di nominare Min Yoongi e godiamoci del buon cibo messicano, ma promettimi che ogni volta che ne riparleremo non lascerai cadere l'argomento>>

Il più piccolo gli fece un cenno di assenso. Quella sera a cena dimenticò tutte le sue preoccupazioni, non parlarono di lavoro nemmeno per un istante, preferendo raccontarsi a vicenda della loro vita privata e del loro passato. Per quelle poche ore, fu come se Papillon si fosse volatilizzato nel nulla, anzi mai esistito, quando invece era in agguato come una belva che medita sulla sua prossima preda.

𝓟𝓪𝓹𝓲𝓵𝓵𝓸𝓷Where stories live. Discover now