Capitolo 20: <3

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Paine si svegliò di soprassalto quando il gomito le scivolò sul legno liscio facendole sbattere la fronte contro il tavolo. Frastornata, si portò una mano alla tempia e si guardò intorno. Era in cucina e si era addormentata come un sasso sulla sedia. Aveva la mente sgombra, come se le poche ore di sonno avessero cancellato gli eventi della giornata precedente. Una striscia di sangue le si era seccata sotto al naso e alcune gocce ricoprivano il tavolo ricordandole in un lampo la dura realtà.

Robert riposava al piano superiore.

Dopo avergli estratto la prima pallottola, l'uomo era svenuto. In un primo momento Paine aveva pensato che fosse un bene, in questo modo non avrebbe avvertito il dolore. Ma dopo "l'operazione" non si era risvegliato. Gli aveva ricucito le ferite con attenzione, per non lasciargli cicatrici troppo evidenti sul corpo. Quando aveva terminato era rimasta come paralizzata, le mani e le braccia sporche di sangue, il coltello poco distante da lei. L'aveva osservato a lungo e in silenzio: il corpo prono sul letto; le braccia alzate sul cuscino; il profilo elegante del suo volto e i suoi capelli dorati appesantiti dal sudore e dalla pioggia. E quel sangue... la sostanza nera che aveva impregnato le lenzuola, lo ricopriva interamente.

Paine l'aveva ripulito come meglio poteva, ma il sangue nero sembrava essergli penetrato in ogni poro della pelle, aveva lo stesso effetto del petrolio grezzo.

Alla fine, come se una forza estranea si fosse impadronita del suo corpo, Paine era andata in cucina e aveva posto una pentola d'acqua sulla brace nel tentativo di rimuovere completamente quella sostanza. La stanchezza aveva preso il sopravvento e si era seduta; si era detta che avrebbe chiuso gli occhi solo un istante, il tempo di bollire l'acqua.

Dall'esterno provenivano dei rumori familiari, suoni di vita; il sole filtrava attraverso gli spiragli delle imposte che sigillavano le finestre e riscaldavano in fretta l'ambiente dal freddo della notte. Aveva dormito decisamente troppo. La brace si era esaurita e ciò che ne rimaneva rimandava nella stanza fiochi barbagli rossastri. L'acqua nella pentola andava ormai esaurendosi.

Paine scostò la sedia dal tavolo e si alzò facendo scrocchiare la schiena indolenzita. Controllò la pentola e soppesò l'idea di mettere altra acqua sul fuoco. Alla fine lasciò perdere, stava solo perdendo tempo e ne conosceva bene il motivo: stava evitando in tutti i modi di salire in quella stanza; aveva paura di scoprire di essere rimasta sola al mondo...

Guardò distrattamente il riflesso del suo viso nell'acqua e si accorse del sangue sotto al naso. Lo ripulì e si impose di salire. Un gradino alla volta la distanza dalla verità si assottigliava. Ogni passo che echeggiava non riusciva a coprire i battiti del suo cuore.

Finalmente raggiunse la camera e si sporse all'interno, era immersa nel buio e cercò di ricordare se fosse stata lei a spegnere la lampada prima di scendere. Indovinò la figura familiare di Robert disteso sul letto e quando questi di mosse leggermente, la preoccupazione svanì.

Paine aprì lievemente un'imposta della finestra e la luce del giorno l'accecò piacevolmente e le riscaldò in fretta il viso. I profumi del mercato le riempirono i polmoni e un'ondata di felicità le si riversò nel corpo. Si era chiesta per tutto il giorno cosa ne sarebbe stato di lei ora che l'Ordine era a conoscenza della sua identità, ma non le importava più. Anche se fosse morta, inghiottita dalla dimensione degli spiriti, le sarebbe bastato sapere che Robert era vivo e continuava la loro missione sulla Terra. Non poteva credere che le avesse fatto da scudo col proprio corpo, che avesse rischiato di morire per lei. Lui era indispensabile al mondo, mentre lei era sostituibile.

Si voltò verso l'uomo e arrossì quando si accorse che i suoi vestiti erano ammassati sul pavimento; l'aveva spogliato senza pensarci, guidata solo dalla fretta di medicarlo e ora, con la mente lucida, si rendeva conto di ciò che aveva fatto.

L'Angelo della MorteWhere stories live. Discover now