Capitolo 8

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Paine si lanciò prona sul letto, immerse il viso nel cuscino per reprimere un urlo.

La testa le turbinava dai dubbi. Aveva pronunciato parole di cui non conosceva il significato, mai come allora era riuscita a esprimere ciò che provava.

Era furiosa, per sua madre, per gli incubi che si erano rivelati sensati, per le allucinazioni che aveva avuto tutto il giorno. In più c'era Robert, il mago che appariva e scompariva.

"Sei triste?"

Paine si immobilizzò, bloccò anche il respiro. Girò la testa in direzione della voce – della 'sua' voce – quel tanto che bastava per vederlo. Incontrò prima i pantaloni, le mani piantate in tasca, la giacca bianca sbottonata. Infine il suo volto con quegli occhi verde chiaro, trasparenti come il mare tropicale.

Con uno scatto nascose di nuovo il viso.

Robert sorrise divertito. "Hai paura di me?" si sedette sulla sedia di vimini – troppo grande per Paine – accostata alla scrivania.

Incuriosita dallo scricchiolio che produsse la sedia, sbirciò con la coda dell'occhio. Robert stava sfogliando i suoi disegni, con estrema attenzione, come un critico alla mostra di un esordiente. In cima c'erano i disegni a cui le maestre avevano dato i voti più alti: case in montagna, fiori, arcobaleni, animali e famiglie felici; cose che qualsiasi bambino avrebbe congegnato. Seguivano disegni abbozzati, a cui non aveva prestato particolare attenzione, perché aveva avuto un'altra idea, un'ispirazione che chiunque avrebbe trovato malsana, disegni per i quali aveva consumato due pastelli rossi.

L'irrigidimento dei muscoli sparì e si mosse in fretta. "No!" tuonò. Si catapultò da Robert e cercò di bloccargli il braccio, ma era tardi, li aveva visti.

Cadaveri.

I disegni rappresentavano cadaveri di bambini. Non erano semplicemente morti, erano ricoperti di sangue. Attorno ai loro occhi Paine aveva tracciato delle linee marcate azzurre, in alcuni punti i fogli si erano stracciati tanta era stata la foga impressa per disegnarle, erano lacrime. Quei bambini erano morti piangendo.

"Non guardarli." Era disperata. Non andava fiera di quelle rappresentazioni, non le mostrava a nessuno, conscia che non avevano nulla di normale. Ora anche Robert si sarebbe allontanato da lei; o peggio avrebbe avvertito la Regina delle stranezze che disegnava e l'avrebbero rinchiusa in un manicomio. Nei sotterranei insieme al pazzo.

Robert le allontanò le manine, che cercavano di nascondere i cadaveri, e continuò.

Donne, uomini, tutti assassinati. Il colore rosso non aveva semplicemente colorato il pavimento dove si erano depositate le chiazze di sangue, ma avevano una precisione maniacale, come se Paine fosse stata presente ad ogni omicidio. Posò i disegni sulla scrivania e prese il pastello rosso. Spiccava tra gli altri perché era il più consumato, rimanevano due centimetri di colore.

"Io non lo volevo fare..." tentò di giustificarsi "..non sono cattiva."

Robert le poggiò il palmo della mano sulla testolina. "Lo so, non sei cattiva" le sorrise, il sorriso più dolce del mondo.

"Li faccio perché sono triste..."

Robert scosse la testa. "Li fai perché li hai visti morire."

"Sei arrabbiato?"

Trasalì. Fissò il musetto imbronciato di Paine: le labbra piccole e carnose che formavano un cuoricino, il naso pronunciato e gli occhi scuri. 'Occhi scuri...', pensò. "No, non sono arrabbiato." Raccolse un altro disegno. "Sei brava a disegnare. Potresti diventare una pittrice." Riordinò pazientemente i disegni così come li aveva trovati. Mise da parte quelli che gli interessavano. "Questi..." mostrò il mazzetto a Paine "...devi metterli altrove, non possono rimanere con gli altri."

L'Angelo della MorteWhere stories live. Discover now