Capitolo 26: vendetta

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La nebbia avviluppava la città dormiente con le sue spire, il rumore delle acque placide che si infrangevano contro i marciapiedi e le barche sfuggiva all'opprimente cappa di umidità e riempiva la notte solitaria. La luce fioca dei lampioni illuminava lievemente Venezia e le sue meraviglie.

In prossimità del Ponte dei Sospiri, luogo in cui, secoli addietro, era possibile udire i lamenti dei condannati, alcune gocce ricadevano nel canale sottostante, creando piccole increspature nell'acqua. Erano gocce vermiglie, talmente scure da colorare la nebbia di rosso. Scivolavano da un braccio penzolante di una donna stramazzata al suolo, che aveva cercato rifugio nel banco di nebbia che si andava addensando sul ponte. In un ultimo gesto disperato, aveva tentato di gettarsi in acqua ma la morte era sopraggiunta prima che potesse provarci. Le cavità nere delle orbite sembravano fissare ancora la sua assassina.

Paine era poco distante dall'ultima esca che aveva eliminato, guardava nella nebbia fitta come se potesse scorgervi all'interno i suoi demoni; chiunque avesse navigato in quelle acque, l'avrebbe scambiata per il traghettatore delle anime e di poco avrebbe sbagliato il paragone.

La donna che doveva eliminare era sgattaiolata via dal proprio nascondiglio ed era fuggita per le strade della città, costringendo Paine all'inseguimento. Paine si era chiesta per quale ragione i cavalieri non avessero seguito la donna; si era accorta che la sorveglianza nelle ultime tappe era diminuita e un dubbio iniziò a tormentarla.

Robert le si avvicinò, silenzioso, e le si affiancò sul ponte. Non parlò, attese che fosse lei a farlo.

«Jack ha capito il mio obiettivo.», gli disse.

Robert si sorprese che avesse attribuito all'uomo la scoperta del loro piano. «Temo di sì.»

«Voglio continuare comunque, mi mancano solo due tappe. Una a Bari, l'altra a Roma...»

«E Bari sia.», le disse, protendendole la mano; ma quando Paine non l'accolse, richiuse le dita e la guardò con curiosità. «A cosa stai pensando?»

«Ormai ha scoperto tutto...» Parlava ancora di Jack. «Sa che stiamo lasciando Roma per ultima e credo che mi abbia preparato una bella sorpresa...» Nella sua voce non c'era traccia di paura, anzi, era quasi ammirata dalle capacità di Jack.

«Allora fermiamoci e dedichiamoci alla seconda fase del nostro piano...», le suggerì Robert.

«Dobbiamo aspettare che il prete riceva la mia lettera per quello.» Ebbe un leggero capogiro e dopo un po' del sangue le colò dal naso. Si ripulì in fretta, ma dovette poggiarsi al parapetto per non crollare al suolo. Negli ultimi tempi quel disturbo era aumentato e ora sospettava che fosse strettamente legato alle improvvise incursione nella dimensione degli spiriti.

Robert la fissò con preoccupazione, aveva il volto serio, ma i suoi occhi ne tradivano la tristezza. «Potrebbero volerci dei mesi prima che il prete riesca a mettersi in contatto con...», scosse la testa, frastornato dai dubbi. «Ammesso che creda alle tue parole e non ti prenda per una pazza.»

«Da quando sei diventato tanto pessimista?» Alzò il viso e respirò con affanno; sentiva un sibilo strano farle eco nei polmoni. «Se il prete dovesse gettare la lettera, ne spedirai una seconda.»

«Potresti farlo tu.», ribatté con impeto.

«Sai che non mi rimane molto tempo... non posso aspettare.» Il petto le si bloccò, si portò una mano davanti alla bocca e tossì come per liberarsi da un groppo alla gola.

Robert sospirò tentando di eliminare la tristezza che gli premeva sullo sterno, ma più respirava e più l'angoscia si accumulava. «Vuoi andare direttamente a Roma, non è così?»

L'Angelo della MorteWhere stories live. Discover now