67.

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Ci fu un momento di glaciale silenzio prima che Avril si alzasse, stringendo le mani a pugno per nasconderne il tremore. Tutti gli occhi si puntarono su di lei, che azzardò un sorriso debole.
- Vado in bagno. 
Era chiaro a tutti che era una bugia, ma nessuno la fermò. Avril scostò la sedia e si diresse verso il padre, ancora in piedi a fissare furioso il cancello ormai vuoto. Vicina a lui, gli posò una mano sul braccio, esitante. - Papà - lo chiamò a bassa voce, cercando di far cogliere l'urgenza della sua voce. Derek distolse meccanicamente lo sguardo, puntando le iridi scure sul viso terreo della figlia. 
- Andiamo dentro.
Le avvolse il braccio attorno alle spalle, trascinandola praticamente dentro casa, spingendo con una manata la porta, che sbatté con un sonoro tonfo. Il tempo che si richiudesse, e Derek scoppiò.
- Che cazzo vuole quel fottuto pezzo di merda - Avril sussultò quando suo padre tirò un pugno alla parete, con la voce rauca dalla rabbia. - Mi sono fatto picchiare per farvi lasciare in pace, porca troia. Che altro vuole - urlò, con il respiro pesante. Con un ringhio nervoso affondò le mani tra i capelli, cercando di calmarsi davanti a sua figlia. Avril si avvicinò, con un sorriso il più dolce possibile che riuscì a trovare, prendendogli le mani.
- Papà, calmati. 
- Come posso calmarmi - respirò affannosamente Derek, guardandola stravolto. - Ti ha appena minacciata davanti a tutti.
- Mi ha fatto gli auguri per il compleanno - ribatté ferma lei. - Niet'altro. E non è così stupido da rischiare di toccarmi con un dito, dato che sa che finirebbe sotto terra. Stai calmo, papà.
Lui strinse le labbra, allontanandosi di qualche passo. - Non posso.
- Sì invece - lo incalzò lei - quel cagasotto non rischierebbe di farsi spaccare un'altra volta la faccia.
Nonostante tutto a lui scappò una risatina. - Sei come tua madre.
- Ne sono felice - replicò lei. Si avvicinò e avvolse le braccia attorno al torace di suo padre, appoggiando la guancia sul suo petto. - Tranquillo, papà. Però verrò a fare lezioni di pugilato, se non ti dispiace.
Lui sorrise silenziosamente, stringendola tra le braccia e baciandole la fronte. - Così sì che sono più tranquillo, un fuscello come te riuscirebbe di sicuro a farlo fuori - la prese in giro, provocandosi un pugno che gli fece lo stesso effetto di una carezza. - Hey, non è vero, basta solo tirargli un calcio dritto tra le gambe.
Derek ridacchiò. - Buona idea. 
Poi tornò serio e le accarezzò la guancia. - Stasera non riuscirò a dormire sapendo che sarai fuori. mormorò lugubre. Lei ricambiò la carezza. - Ci saranno i ragazzi. Non succederà nulla.
- Lo spero per lui - sussurrò Derek, così piano che lei non lo sentì. - Dai, andiamo fuori.
Quando tornarono fuori, fu chiaro che tutti si stavano sforzando di far conversazione come se non fosse successo nulla, ma era quasi impossibile. Ogni pochi secondi gli argomenti cadevano nel vuoto e tutti tornavano a fissare i loro piatti, turbati. 
Avril si sedette di nuovo accanto a Niall, ancora turbata. Lui le gettò un'occhiata preoccupata e allungò la mano sotto al tavolo, stringendole piano il ginocchio, come a chiederle 'tutto bene?'
Lei stiracchiò le labbra in un sorriso stentato e riprese in mano la forchetta, giocherellando con le verdure che aveva nel piatto, con in testa la voce di Derek. Era possibile che si potesse stare in pace almeno per un po'? Perché dovevano spuntare fuori sempre nuovi problemi?
Mi sono fatto picchiare per farvi lasciare in pace.
Quale padre si sarebbe fatto pestare per mantenere la propria famiglia al sicuro se non il suo? 
- Hey - Niall le aveva baciato la guancia, e Avril sussultò, colta di sorpresa. - Dopo spiegami.
- Va bene.
Lentamente, con qualche scherzo, e grazie all'allegria buffa di Johnny, pian piano tutti si scordarono dell'incidente; e dopo un'ora, fu il momento dei regali.
- I REGALI - strillò Johnny, impaziente, e l'atmosfera si accese all'improvviso.
Niall e Ed si alzarono di scatto, afferrando la povera malcapitata per le braccia. Avril strillò, mentre veniva sollevata di peso e presa in braccio dall'irlandese a mo' di sposa, e gettò la testa sulla sua spalla, ridendo mentre la sua espressione buffa causava l'iralità della compagnia.
- Tutti dentro - esclamò Adele, e il bambino corse ad aprire la porta mentre Avril circondava le spalle di Niall con il braccio, accostando il viso al suo.
- Sei perfido - gli confidò, provocando un ghigno da parte del ragazzo, che le baciò la punta del naso. - Hey, hai le lentiggini - esclamò sorpreso. Lei annuì - Poche poche - disse, e guardò in basso, verso il fratellino che teneva aperta la porta.
- Grazie tesoro - lui le fece un sorriso ampio e venne preso in braccio da Alex. - Il mio ometto sta imparando a conquistare le signore - sogghignò il ragazzo. Carmen dietro di lui sbuffò alzando gli occhi al cielo. - Sei un idiota - sospirò, provocando le risate di Angelica e Avril. 
Pian piano tutti si riunirono in salotto, molti con buste e pacchetti colorati sulle ginocchia. Avril si sedette contro il divano, tra le gambe di Niall, seduto sul mobile. Con un'espressione rassegnata afferrò il pacchetto che le porgeva sua madre, borbottando un vago 'non volevo un regalo'.
Adele sorrise e le accarezzò la spalla, invitandola ad aprire la scatoletta blu. Non appena però lo fece, gli occhi le si illuminarono. Era una collana d'argento, bellissima, con due ali stilizzate.
- Guarda dietro al ciondolo - Avril lo ribaltò nel palmo della mano e sorrise, vedendo le iniziali dei suoi genitori e di Johnny unite alla sua. 
- Così ti ricorderai sempre di noi, anche quando sarai vecchia e brutta - cantilenò Johnny, facendola ridere. Avril gli scoccò un bacio sulla guancia e gli sussurrò un dolce grazie all'orecchio.
Da quel momento in poi fu il fratellino ad aprire i regali, con somma gioia. A lei bastava godersi l'eccitazione del piccolo che scartava i regali. Grazie al cielo nessuno dei ragazzi aveva mantenuto la promessa di regalarle cose spinte, nemmeno un certo inglese riccio. Avril era piuttosto sicura che in tal caso a Lise sarebbe venuto un infarto.
E proprio Lise fu l'ultima a consegnarle il regalo. Si alzò dalla poltrona dove si era accomodata, un'espressione arcigna sul viso riempito di silicone che sotto sotto nascondeva la dolcezza dell'affetto restio verso la nipote. Le porse un pacchetto piccolo, verde, con un grande fiocco dorato. 
- Ecco; è un cimelio di famiglia, quindi non è propriamente un regalo, ma è molto prezioso dal punto di vista affettivo, per me, e vorrei che lo avessi tu - disse seria, per nascondere l'imbarazzo, con l'accento francese più marcato del solito. Avril prese il regalo sorpresa. - Grazie, zia.
Sgranò gli occhi quando, una volta scartata la carta, vide un preziosissimo braccialetto in oro cesellato, incastonato con piccoli smeraldi. 
- Oh dio, è bellissimo - esclamò sorpresa. Si alzò e di getto gettò le braccia al collo della donna, che ricambiò l'abbraccio dopo qualche iniziale secondo in cui rimase ferma come uno stoccafisso. - Grazie davvero - le sussurrò, fissando con gli occhi azzurri il gioiello nel suo palmo. Lo teneva come se fosse terrorizzata di poterlo rompere, e in effetti era vero. Lise stirò le labbra colorate di rosso fuoco, cercando di trattenere la commozione di sentire la nipote così sinceramente contenta di lei. Era la prima volta e, aveva l'impressione, sarebbe stata anche l'ultima. Perciò si limitò ad annuire, tornando la donna fredda e implacabilmente gelida che non era.
- Abbine cura - disse, fissandola negli occhi prima di tornare a sedersi vicino al marito. 
E su quella nota allegra, la voce di Harry ruppe il silenzio. - Se vogliamo arrivare in tempo per un bel bagno a mare, dovremmo partire. 

Tutti si organizzarono in modo da lasciarli da soli in macchina, ma Avril notò gli sguardi contrariati di Ed e Federica, che così avrebbero dovuto separarsi, e decise in un lampo. Afferrò la mano della ragazza e il braccio tatuato di lui e rivolse loro un sorriso sornione, mentre Niall rideva sotto i baffi. 
- Voi due piccini venite con noi - li strattonò verso la macchina, anche se loro cercarono di sottrarsi tra vari no, ma perché, vi lasciamo soli, non importa, voglio andare con loro e varie scuse simili.
Alla fine Avril spinse malamente Ed sui sedili posteriori e fece un sorrisetto a Federica, che arrossì all'istante cogliendo la vena maliziosa nella sua occhiata.
- No. Scordatelo - gemette, e si infilò veloce nell'auto per sfuggirle. Lei scoppiò a ridere e salutò con la mano i genitori, il fratello e gli zii e con una carezza Pepe prima di salire sul sedile del passeggero. Niall si mise alla guida pochi secondi dopo, raccomandando le cinture di sicurezza. 
- Non hai ancora imparato a guidare, oddio - lo prese in giro Avril, e sussultò quando lui le affondò dispettosamente il dito nel fianco.  - Non è colpa mia se voi guidate al contrario - borbottò imbronciato Niall.
- Ah, noi. Siete voi inglese quelli strani.
- Sono irlandese! I-r-l-a-n-d-e-s-e - scandì lui, facendola ridere. Avril si sfilò le converse e appoggiò i piedi sul pianale. - Ovviamente.
Ed e Federica si scambiarono delle occhiate divertite, mentre i due continuavano a battibeccare. 
- Ci sarà da divertirsi - bofonchiò lei, sistemandosi la cintura e allargandola.
- Ti da fastidio? - chiese Ed, con gli occhi azzurri puntati per un attimo sul suo petto.
Lei arrossì. - Mi sento soffocare. 
- Allora facciamo una cosa. Toglila, sdraiati sulle mie gambe, ti tengo stretta io.
Lei cercò di svicolare, ma fu inutile. Alla fine, fu costretta ad arrendersi e si slacciò la cinture, sistemandosi con la testa sulle gambe del ragazzo. Ed sorrise, apparendo veramente adorabile, e le accarezzò i capelli. Ci volle poco perché lei si addormentasse, cullata dal calore del suo corpo e quel sottile senso di felicità.



...
Fate una bella cosa.
Menzionate una persona importante per voi e ditele qualcosa di carino. Se si sente come me in questo momento, le risolleverete il morale.  
Sorry fa schifo ma del resto io faccio schifo quindi non può che uscirne una cazzo di merda. 
Adesso posto anche le vostre domande, tanto sono poche.


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