Sessantadue - White room

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Edward era simpatico. Harry non aveva avuto il tempo necessario o la concentrazione giusta per poterlo inquadrare sul serio e per poterlo giudicare come ogni bravo fratello farebbe con il fidanzato della propria sorella, ma già il fatto che riuscisse a far vedere loro Louis era un punto a suo favore, decisamente. Gemma non gli aveva detto niente di che quando lo aveva visto, si era limitata a notare i suoi occhi rossi dal pianto e ad abbracciarlo in silenzio, cercando di rassicurarlo. Lui non aveva avuto la forza di stringerla per ricambiare l'abbraccio, aveva solo lasciato cadere le braccia lungo il corpo e aveva abbassato lo sguardo al terreno, per evitare di scoppiare in lacrime di nuovo mentre si ricordava che doveva lasciare spazio alla speranza.

"Ragazzi"- Edward cominciò a spiegare a voce bassa, quasi avendo paura di rompere qualcosa, però con tono deciso che non ammetteva alcun tipo di replica -"potete stare cinque minuti per oggi, non di più, e solo perché il capo reparto è mio amico. Poi dovrete uscire senza fare storie, o non vi permetteranno di tornare."


Niall e Zayn annuirono, Harry non riuscì a fare nemmeno quello. Matthew fece un passo avanti per aprire la porta, ma fu bloccato dalla mano di Zayn che si piantò sulla sua spalla, tirandolo indietro con forza e quasi facendolo cadere per terra, mentre gli rivolgeva uno sguardo che era tutto tranne che amichevole. -"Ma sei matto?"- chiese Matthew stizzito, scrollando la spalla per annullare il contatto e tirandosi i capelli indietro con la mano non fasciata.

"Se ti avvicini un'altra volta a uno di noi nella tua inutile vita, ti faccio pentire di essere nato."- disse. -"Soprattutto se quel qualcuno è Louis."

Harry sorrise. La voce di Zayn era così sicura, così determinata, così arrabbiata che, nonostante la minaccia non fosse rivolta a lui, ne ebbe lo stesso terrore. E forse Matthew avrebbe dovuto provare lo stesso, invece di aprire bocca per rispondere a tono. -"L'incidente non è stato colpa mia, niente di questo lo è."

"Non aveva il casco"- ringhiò Zayn -"e non mi interessa come è andata la cosa. Tu sei qui e lui è dentro quella fottuta stanza a un passo dalla morte, e tanto mi basta per non volerti vedere più per il resto della vita."- tirò un sospiro di sollievo, improvvisamente vuoto -"Sono stato chiaro?"

Harry chiuse gli occhi per quello che pensò fosse un attimo, ma quando li riaprì Matthew era già sparito, andato lontano da loro, e la mano di Zayn già tremava sulla maniglia della porta che avrebbe portato lui e gli altri a vedere Louis in terapia intensiva. Tremò, e si preparò a sua volta per morire un po'.

-

Louis si svegliò nel bianco.
Aprì gli occhi piano, le palpebre sembravano pietra, pesanti come le sentiva. La luce lo colpì all'improvviso, e si trovò impreparato. Dovette aspettare quelle che sembrarono ore per riuscire ad aprirli davvero e a guardarsi intorno. La prima cosa che notò fu il nulla. Il pavimento freddo sul quale era sdraiato era di un bianco innaturale, che lo mise subito a disagio. Bianco come le pareti di quella stanza senza volume, i cui bordi si fondevano con il pavimento in modo che lui non riuscisse a trovarne la fine. Ebbe paura all'istante, di quel bianco candido che lo avvolgeva e lo opprimeva pur senza toccarlo.
Poggiò le mani a terra e si mise in ginocchio sul pavimento gelido con l'intenzione di alzarsi per trovare una qualunque via di fuga, e solo in quel momento notò il suo corpo. Ricoperto di lividi. Notare questa cosa lo fece crollare con il sedere a terra, e così fu in grado di guardarsi davvero, l'intero corpo coperto solo da un paio di pantaloncini dello stesso colore di tutto ciò che lo circondava. Il petto, le braccia e le caviglie erano ancora colorati dell'inchiostro dei tatuaggi che aveva sul corpo, ma non era l'unica cosa che rovinava la sua pelle altrimenti pulita. Un universo viola e nero e a tratti verde gli copriva varie parti del corpo. Il polpaccio, entrambi i fianchi, un'ematoma compariva sulla coscia e il più grande di tutti all'altezza del fegato, e sembrava far terribilmente male.
Invece non provava dolore. Allungò le dita della mano destra verso quel punto sul suo fianco sfiorando la zona interessata e cominciando a tastarla rudemente una volta accortosi che non gli recava dolore come invece avrebbe dovuto.
Strano. Che stava succedendo?
Lasciò perdere se stesso per potersi concentrare su tutto il resto. Si alzò a fatica, le gambe deboli ma abbastanza forti per sorreggerlo per un po'. Mosse un passo, incerto, cercando di non cadere. Poi un altro passo e un altro ancora, e così cominciò a camminare, lentamente.
Perse la cognizione del tempo, tutto intorno a lui rimaneva fastidiosamente immutato, come se il tempo e lo spazio lo stessero prendendo in giro. Gli sembravano passate ore quando qualcosa, stranamente all'improvviso, cambiò.
Smise di camminare. C'erano un divano bianco di pelle, un tavolino di vetro, un telecomando bianco e addirittura una televisione bianca all'altezza del suo viso, grande come ne aveva viste poche e appesa a chissà che cosa. L'unica cosa che però catturò davvero la sua attenzione fu l'unico oggetto che non era di quel colore così anonimo, che cominciava ad odiare: un libro, dalla copertina nera come la pece.
Si diresse verso il divano e si sedette con davvero molto piacere, quella camminata -anche se non sapeva quanto era durata- l'aveva privato di tutte le forze che aveva sentito all'inizio. Prese quel libro tra le mani e lo aprì sulle proprie gambe. Anche le pagine erano nere, le scritte bianche. Strano. Lesse.

Ricorda cosa ti è accaduto, perditi nei ricordi che non hai e lasciati andare a questo bianco assoluto.

Sussultò. Era un libro di istruzioni o cosa? Si guardò intorno alla ricerca delle telecamere che sicuramente lo stavano riprendendo, non vedendo l'ora di sapere in quale razza di scherzo poco divertente fosse finito. Tuttavia vide solo bianco, e proprio come il libro diceva quel colore anonimo lo aiutò a ricordare. Il cuore cominciò a battere più veloce mentre rivedeva la scena con i suoi stessi occhi: la velocità della moto, il vento tra i capelli senza casco, l'adrenalina dell'idiozia e poi il nulla, il nero. Una macchina che li prendeva in pieno in un incrocio che Matthew non aveva visto, la moto che cadeva a terra, lui che batteva la testa, e la moto che gli finiva sopra colpendolo sul fianco e sulla coscia. Ecco l'origine dei lividi.
Ma allora era morto? Per quello il bianco, per quello il dolore inesistente? Non voleva morire, non voleva essere morto. Girò pagina, alla ricerca di spiegazioni.

Non sei morto - lo rassicurò subito il libro privo d'autore -Ti trovi in un luogo che divide la coscienza dalla fine di tutto, che si chiama oblio. E' bianco perché spetta a te colorarlo. Se vuoi tornare indietro, se vuoi vivere, devi riuscirsi da solo. L'indizio è uno solo: ricordi felici, amori vissuti, gioie inaspettate, amici come famiglia. Ricorda e torna indietro, se lo vuoi. O lasciati andare. Ma prima, guarda la tv.

La cosa lo fece ridere, all'inizio. Non tanto per la prima parte del messaggio, quanto per la fine. Gli sembrava tutto fin troppo irreale, come se qualcuno si stesse prendendo poco intelligentemente gioco di lui.
Chiuse il libro e con poca attenzione lo fece ricadere sul divano distante a lui, dato che il resto delle pagine erano prive di qualunque altra parola. Il silenzio più assordante che avesse mai sentito gli perforò le orecchie, e non avendo idea di cos'altro fare decise di accendere la televisione come gli avevano suggerito -chi ancora non l'aveva capito- di fare. Prese il telecomando in mano e premette il tasto rotondo che gli avrebbe permesso di accenderla.
Non era assolutamente preparato a quello che stava per vedere.
Lo schermò vibrò un attimo di grigio e nero come sono solite fare le vecchie televisioni poco funzionanti, poi apparve l'immagine statica di una stanza d'ospedale. Sul letto, lui. Poco riconoscibile a causa di vari tubi che gli uscivano dalla camicia d'ospedale e a causa della mascherina che gli copriva la bocca, il naso e parte delle guance. Il suo corpo era attaccato a macchinari che non aveva mai visto, che producevano suoni bassi ma presenti, principalmente dei biip davvero poco incoraggianti. I suoi occhi erano chiusi.
Fu strano e orribile vedersi in quello stato, ma al tempo stesso fu illuminante. Capì di essere in coma, non c'era altra spiegazione. Il cuore gli saltò in gola quando realizzò in che stato si trovasse il suo vero corpo, ma allo stesso tempo una sensazione di calma si fece spazio dentro di lui quando pensò che, nonostante stesse evidentemente male, non era morto. Pensando a ciò che ricordava dell'incidente doveva sicuramente ritenersi fortunato per non esserlo.
Poi qualcosa cambiò, nello schermo. La porta si aprì con delicatezza e il primo ad entrare fu un ragazzo in divisa da infermiere che era sicuro di non aver mai visto in tutta la sua vita. Entrò e si fermò a un angolo della stanza, lasciando la porta aperta, da cui entrarono le tre persone a cui stranamente non aveva ancora pensato. Il primo fu Niall, e il suo cuore accelerò, poi entrò Zayn a testa bassa e il suo stesso cuore si fermò, poi entrò Harry e non seppe più niente. Seppe solo che le lacrime avevano preso a scendere copiosamente sul suo viso, impossibili da fermare.
Si lanciò sul televisore, premette le mani sullo schermo singhiozzando, immaginandosi di poter toccare quelle persone che tanto amava.
Come tornare indietro, come?

-

Louis era lì, steso su quell'insulso letto, con una camicia d'ospedale e un insignificante lenzuolo bianco a coprirgli le gambe più magre del solito. Harry sentì un groppo in gola nel vederlo in quello stato: il viso parzialmente coperto da una mascherina che gli portava ossigeno, una flebo o più attaccate alle braccia sottili e gli occhi chiusi a celare quell'azzurro profondo che non sarebbe mai riuscito a smettere di amare con tutto il suo cuore. Ci sono cose che si sanno e basta, e per lui questa era una di quelle.
La lacrime cominciarono a scendere amare sul suo viso mentre gli occhi correvano a destra e sinistra per tutta la stanza, alla ricerca di qualcosa che potesse suggerirgli che quello era solo un brutto scherzo.
Non vide più nulla, non ne fu in grado. Non riuscì a vedere la reazione di Zayn e tanto meno quella di Niall, anche se sapeva che molto probabilmente si erano abbracciati, Niall che stringeva al petto Zayn, che sicuramente era in lacrime.
Ma Harry in quel momento non aveva bisogno di conforto, aveva bisogno di Louis. E basta.
Così tutto nella stanza divenne nero e sfocato, le uniche cose reali e con i contorni definiti rimanevano Louis e il letto su cui era steso. Si avvicinò a piccoli passi e, ignorando la voce di Edward che gli diceva di non toccarlo, lui prese una delle sue mani tra le proprie, con delicatezza disarmante. La mano era fredda.

Lo guardò e -"Ti amo"- gli uscì dalle labbra -"e non me ne andrò mai"- aggiunse.

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Lately | Larry StylinsonWhere stories live. Discover now