Destroy Me

skeIetonflower द्वारा

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"Distruggimi, Gerard." mormoro sulla sua guancia "fa quello che vuoi. Distruggimi e salvami, fammi a pezzi e... अधिक

Prologo
In or out
The parting glass
Give me love
The beginning of the end
Absence
Only old friends
I was dead
We only live once
Safe and sound
Special needs
Destroy me
Sleepwalking
Just a coward
My dependence
Maybe I owe you
Ghosts in the snow
Crawling back to you
Little pink triangle
Falling in love will kill you
Desert song
Right where he belongs
Just the shadow of a man
Black black heart
Carry me to the end
Requiem for a dream
Ashes
Epilogo

Falling into hell

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skeIetonflower द्वारा

*rullo di tamburi*

È con grande piacere che vi annuncio....

Il ritorno del POV di Geraaaaard!

Insomma non so a voi ma a me è mancato molto, anche se so che vi è stato parecchio sulle palle leggendo del suo comportamento nei confronti di Frank *sigh*... ma ehi è pur sempre Gerard orgasmo/cucciolo/polentino Way, e il suo vecchio ego(?) manca a tutte, io lo so. (ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale)

Comuuunque, le ambientazioni cambieranno da questo capitolo in avanti, direi proprio che questa è tipo la "seconda parte" della storia, e inutile dirlo, le cose si complicheranno parecchio. Ma parecchio parecchio.

Anyway, buona lettura e pls, recensite, so che leggete in silenzio ma per favoooore ho bisogno di pareri : )

Baci, M.

Ps. Ohoh e guardate un po' chi compare in questo capitolo aw

CAPITOLO 12 - FALLING INTO HELL

GERARD

Plin.

Plin, plin, plin. Plin.

"Mi rivestii in fretta. Mancavano poche ore alla partenza del treno, e dovevo ancora finire di fare i bagagli e passare da casa per salutare Mikey.

Guardai Frank, a pancia in giù e con le braccia piegate sotto la testa. Era ancora disteso sul letto, coperto fino alla vita dalle lenzuola, e mi soffermai per un attimo a fissare la curva perfetta della sua schiena, a memorizzare le linee dolci del suo viso, la curva del collo e....

Avrei voluto prendere il mio taccuino e disegnarlo, ora, in questo preciso momento.

Ma non potevo.

'Non vieni alla fermata?' gli chiesi.

Lui scosse la testa. 'Preferisco di no'

Sapevo perché. L'ultima volta era stato doloroso anche per me, e nessuno dei due voleva che si ripetesse una cosa del genere.

Indossai la giacca e mi diressi verso di lui. Sapevo che lo avrei ricordato per sempre così, con quel sorriso triste negli occhi e la rassegnazione di chi vorrebbe che le cose vadano diversamente, ma non può far nulla per cambiarle.

Frank scese dal letto e ci scontrammo l'uno contro l'altro senza neanche volerlo. Lo baciai con forza, premendo violentemente le labbra sulle sue, e rimanemmo così per secondi, minuti, ore, secoli. Non avrei saputo dirlo. Solo che avrebbe potuto essere per sempre, e non mi sarebbe ancora bastato.

'A presto, Gerard.' mi sussurrò nell'orecchio. Gli accarezzai piano la guancia liscia e mi drogai di quegli occhi, quello sguardo che mi provocava qualcosa che niente e nessuno avrebbe mai potuto provocarmi, da qui a cent'anni.

'A presto.'

E sperai di mantenere quella promessa."

Plin.

È inquietante come un unico, lieve suono possa infastidire più del fragore di una mandria imbizzarrita, eppure è proprio quello che mi succede ascoltando da ben due ore o più il lavandino che gocciola ad un ritmo preciso e regolare.

Plin.

Plin, plin, plin. Plin.

"Raggiunsi la mamma in camera da letto. Era sdraiata sotto le coperte e fissava il soffitto intensamente, come se potesse spuntarci un mostro da un momento all'altro. Era come se dopo l'infarto le sue condizioni fossero peggiorate. Ora a malapena parlava.

'Mamma?'

Non rispose, e io preferii avvicinarmi al letto e prenderle la mano tra le mie, stringendogliela forte. Deglutii e raccolsi un po' di coraggio per parlare senza scoppiare a piangere. 'Sai... tornerò presto. È... è una promessa, sul serio.'

Lei sorrise appena, e mi parve che mormorasse 'Lo so.'

Beh, almeno uno di noi due ne aveva la certezza.

Probabilmente era l'ultima volta che la vedevo.

O era l'ultima volta che lei vedeva me.'

Forse sono più di due ore. Forse ho perso la cognizione del tempo e sono qui da giorni, o settimane. Non ricordo nemmeno l'ultima volta che ho mangiato, anche perché ho scoperto di soffrire il mal di mare. E vivere in un transatlantico per più di due settimane non è il massimo per il mio stomaco.

Plin.

Plin, plin.

Il soffiare del vento e l'infrangersi delle onde sulla prua della nave sono gli unici suoni che mi permetto di ascoltare, perché qualsiasi altro semplicemente non viene assimilato dal mio cervello.

A malapena li ascolto quando mi parlano.

A volte scrivo, o disegno. Certo non più come prima, ma quando lo faccio mi impedisce di pensare, mi impedisce di affondare nella depressione e mi aiuta a superare un altro giorno di pura noia e attesa.

" 'Mikey?'

Nessuna risposta. Entrai nella sua camera e lo trovai raggomitolato in un angolo, accanto al letto, con la schiena poggiata alla parete e le ginocchia strette al petto. Aveva la testa incassata tra le spalle, gli occhi chiusi, e non era difficile capire che aveva appena smesso di piangere.

Mi sedetti accanto a lui, mettendomi nella sua stessa posizione. Gli posai una mano sulla testa, accarezzandogli piano i capelli. Notai che aveva perso molto peso, negli ultimi mesi. Era sempre stato magro, ma adesso era praticamente scheletrico.

Avevo paura per lui. Avevo più paura per lui che per me.

In effetti non avevo affatto paura per me. Dovevo morire? Beh, sarebbe successo prima o poi. Ma volevo che le persone a cui tenevo fossero vive, sane e salve, al sicuro.

E non era quello che stava succedendo.

'Mikey, ti prometto che tornerò'

Ma ovviamente mio fratello non era mia madre, e convincere un ragazzino di quindici anni che suo fratello tornerà dalla guerra non è un'impresa facile.

'Per favore, va' via. E non tornare mai più.'

Cercai di ignorare quelle parole e lo costrinsi ad alzare il capo e guardarmi. 'Ehi, ehi. Ascolta. Io sono tuo fratello. E ti voglio bene. L'unico motivo per cui ti sto dicendo che tornerò sei tu.'

E Frank.

Lui si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi. 'Non ci credo. E se tornerai, sarai ancora peggio di prima. Non sarai mio fratello più di quanto tu non lo sia ora.'

Sospirai. Gli presi il volto tra le mani e lo fissai dritto negli occhi. 'Io sarò sempre tuo fratello, Mikey. Questo non cambierà mai. E so che tu mi vuoi bene, te lo leggo negli occhi, e la dimostrazione di ciò è quanto stai soffrendo ora.'

Sapevo di aver usato parole forse un po' troppo dure, ma erano necessarie. Mikey rimase a guardarmi per qualche istante, poi mi si gettò letteralmente al collo, stringendomi quasi come se volesse soffocarmi. Si aggrappò alla mia camicia, affondò il viso nella mia spalla e cominciò a piangere senza fermarsi. Io ricambiai la stretta, e non sapevo davvero dove trovassi la forza di non scoppiare anche io.

Dovevo essere forte. Per entrambi.

'Ti voglio bene, Mikey. Tornerò.' "

Adesso sono raggomitolato proprio come Mikey, nel bagno ai piani bassi della nave. Forse è per ricordare lui, forse è per tentare di far restare il suo ricordo dentro di me.

Non so nemmeno perché ho fatto tutte quelle promesse. Un 'a presto' a Frank, un 'tornerò' a mia madre e uno a mio fratello.

E Lynz.

"Era dolcissima quando si metteva la mano sulla pancia, quasi come se il bambino fosse già in procinto di nascere.

Mi guardò con i suoi soliti occhioni allegri, questa volta però illuminati da una felicità quasi smorta, spenta. O per meglio dire, vera e propria disperazione.

'Promettimi che mi scriverai ogni giorno.'

Scoppiai a ridere per non scoppiare a piangere, e le passai una mano intorno alla vita. Lynz si divincolò fissandomi truce. 'Sono seria, Ger.'

'Non potrò scriverti ogni giorno, tesoro. Non ce ne daranno il tempo. Ma prometto che almeno una volta al mese riceverai una mia lettera.'

Lei annuì piano, poi affondò la testa nel mio petto inspirando il mio odore. Io inspirai il suo, imprimendomelo bene nella mente, e cercai di non pensare a qualche ora prima quando ero a letto con Frank, e lei non era che un piccolo pensiero ai margini della mia mente.

Mi chinai in avanti e lasciai un bacio sulla sua pancia, e lei sorrise accarezzandomi i capelli. 'Ti amo.'

'Ti amo anche io.'

Tre promesse, una bugia.

Sono una persona orribile.

Sento del trambusto all'esterno, e finalmente mi costringo ad alzarmi. Sono stato così tanto tempo sul pavimento che mi fa male dappertutto, e devo sgranchirmi un po' le gambe prima di riuscire a camminare fino alla porta e ad aprirla.

Vedo dei soldati passarmi davanti correndo, e fermo uno di loro per chiedere spiegazioni.

'La nave ha attraccato al largo delle Filippine' mi spiega un ragazzo. 'Dobbiamo salire sugli elicotteri e paracadutarci a terra'

Le Filippine. Siamo nelle Filippine.

Sono così lontano da casa che al solo pensiero mi viene da vomitare.

E potrei vomitare anche pensando a ciò che mi aspetta fra poco.

Mi aggrego al resto dei miei compagni d'armi che sale in superficie, fino a quando non ci ritroviamo tutti sul ponte e vengo accecato dalla luce solare, che probabilmente non vedevo da giorni.

Si dirigono tutti verso il grande spazio a poppa dove sono parcheggiati una decina di elicotteri, pronti a partire e a portarci fino alla terra ferma. Guardando l'orizzonte infatti, noto che la spiaggia è a qualche chilometro da noi, solo che è preferibile atterrare con i paracadute per non farci scoprire dagli isolani.

Io e un altro gruppetto di ragazzi corriamo verso il primo libero e ci saliamo dentro, accalcandoci l'uno sull'altro.

Il pilota ci fa un cenno di saluto con la testa. "Allacciatevi i paracadute dietro la schiena, poi chiudete i portelloni" ci intima, e noi facciamo come ci dice.

Mi tremano le mani, mi tremano le gambe, sto letteralmente fremendo sul sedile. Senza neanche darci il tempo di rendercene conto, ci siamo già sollevati in volo e stiamo salendo sempre di più, allontanandoci dalla nave. Mi affaccio al finestrino e la vedo diventare sempre più piccola sotto di noi, mentre ci dirigiamo con gli altri elicotteri verso l'isola.

È finita la pacchia, Gerard. D'ora in avanti non sei più tu con la solitudine.

Sei tu con la morte.

Mi guardo intorno, scrutando i miei compagni. C'è chi guarda fuori dal finestrino, che recita una preghiera reggendo il rosario, chi è perso nei suoi pensieri e chi semplicemente è così calmo che mi chiedo come faccia.

Il tipo accanto a me mi fa un sorriso tirato. "Ehi" dice, come cercando di intavolare una conversazione.

Beh, non poteva esserci momento peggiore, decisamente.

"Ehi" mugugno cercando di mantenere ferma la voce. Lo avevo già notato prima: è un tipo un po' strano, con una matassa di capelli ricci e castani in testa e l'aria di chi prende la vita un po' come capita, senza curarsi di ciò che pensa il resto della gente.

"Hai paura?"

Deglutisco, e non so perché ma gli rispondo dicendogli soltanto la pura verità. "Sì, ma non mi importa."

Lui scoppia a ridere, e lo fisso stralunato. Come può ridere in un momento del genere? Gli altri gli rivolgono una semplice occhiata, poi tornano ad ignorarci.

Evidentemente tutti tranne me sanno che questo tizio è un po' tocco.

"A nessuno di noi importa, amico" ride. "Altrimenti non saremmo così calmi ora."

Annuisco, riflettendoci seriamente su. Forse ha ragione. Forse tutti dentro di loro stanno tremando come me, semplicemente non lo danno a vedere.

"Comunque, io sono Ray" mi dice, tendendomi la mano. Io libero la mia dalla cintura di sicurezza e gliela stringo.

"Gerard."

E poi non abbiamo il tempo di dire nient'altro, perché il pilota aziona un bottone e improvvisamente il portellone si spalanca, lasciando entrare una folata travolgente di vento.

"Avanti, avanti! Scendete uno alla volta, muovete il culo!"

E il primo sono io. Mi alzo reggendomi allo stipite e mi dirigo verso l'orlo dell'elicottero, cercando di trattenere la bile che minaccia il mio stomaco.

Posso farcela. Altri dopo di me lo faranno, perché non devo riuscirci io?

Prendo un profondo respiro, chiudo gli occhi. Cerco di non guardare giù, non so nemmeno dove atterrerò e cosa dovrò fare dopo. So soltanto che sto per cadere da un'altezza vertiginosa, e che stavolta posso contare soltanto sulle mie abilità fisiche. Non posso contare sulla scrittura, sul disegno, su Frank o Mikey, né sul mio io interiore.

Sono forte abbastanza?

Non lo so. Forse no. Forse non sono mai stato forte.

Ma lo sono abbastanza per provarci, e per pensare soltanto ad una persona quando allungo un piede nel vuoto.

Frank.

E mi lascio cadere.

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