Destroy Me

بواسطة skeIetonflower

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"Distruggimi, Gerard." mormoro sulla sua guancia "fa quello che vuoi. Distruggimi e salvami, fammi a pezzi e... المزيد

Prologo
In or out
The parting glass
Give me love
The beginning of the end
Only old friends
I was dead
We only live once
Safe and sound
Special needs
Destroy me
Falling into hell
Sleepwalking
Just a coward
My dependence
Maybe I owe you
Ghosts in the snow
Crawling back to you
Little pink triangle
Falling in love will kill you
Desert song
Right where he belongs
Just the shadow of a man
Black black heart
Carry me to the end
Requiem for a dream
Ashes
Epilogo

Absence

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بواسطة skeIetonflower

Riciao a tutti :)

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito o aggiunto la storia ai preferiti, appena sono dal pc vi rispondo e vi ringrazio ad una ad una aw <3

Allooora passiamo al capitolo. Mi scuso se vi risulterà un po' monotono ma è necessario per lo svolgimento della trama, altrimenti non avrei proprio saputo come andare avanti. La scelta del POV di Frank l'avevo decisa sin dall'inizio, anche perché non avrebbe avuto senso scrivere questa storia, per come è strutturata la trama, soltanto dal punto di vista di Gerard.

La cosa che mi farebbe piacere sapere è se sono riuscita a rendere l'idea delle personalità dei due, e a far sembrare davvero che a parlare ci sia un'altra persona e non più Gerard. Perciò recensite e fatemi sapere

Un bacio, M.

CAPITOLO 5 - ABSENCE

FRANK

"Gerard afferrò la sua sacca da viaggio, portandosela in spalla. Si voltò verso il treno. Stavano già salendo tutti i passeggeri, e lui era uno degli ultimi rimasto a terra a salutare i propri familiari. Insieme a lui infatti, un'altra decina di ragazzi si separava dalle proprie famiglie per andare a stare un anno in caserma.

"Sicuro di aver preso tutto?" gli chiese Mikey, come se fosse lui il fratello maggiore, e non viceversa.

Gerard, senza voltarsi annuì.

Fissava un punto indefinito, ma Frank sapeva che stava soltanto trattenendo tutto dentro di sé. Tutto ciò che avrebbe voluto dire, o fare, o il desiderio che aveva di sfogarsi, stava digerendo tutto lentamente, e ben presto nessuno avrebbe trovato traccia di quello che provava.

Ma Frank lo sapeva. Da quanto tempo lo conosceva? Nove mesi? Beh, in quei nove mesi aveva imparato a capirlo più di quanto capisse sé stesso. E a desiderarlo più di quanto desiderasse qualsiasi altra cosa.

E ora stava partendo.

Gerard si girò un'ultima volta, e andò dritto verso sua madre. La strinse forte al petto e lei scomparve tra le sue braccia come una bambina. Era tutto il contrario, nella vita di Gerard: lui aveva sempre dovuto fare tutto, lui aveva dovuto preoccuparsi degli altri, lui sembrava essere il padre e sua madre sembrava essere la figlia.

Toccò a Mikey, che stava cercando di trattenere invano le lacrime. Dopotutto, nonostante l'aria da adulto che sembrava assumere a volte, era ancora il bambino felice che aveva accettato i soldi di Frank per comprare il gelato.

Gerard gli posò una mano sulla spalla, quasi imbarazzato. "Sta' attento, ok? Frank si prenderà cura di te. E non lasciare che ci portino via la mamma. Proteggila sempre."

Frank si prenderà cura di te.

E Frank lo avrebbe fatto. Si sarebbe preso cura di Mikey, perché voleva farlo davvero, e perché lo chiedeva Gerard.

Il fratello maggiore strinse il fratello minore, gli diede un bacio sulla guancia e gli asciugò le lacrime.

Poi toccò a lui.

Non appena Gerard gli si fermò davanti, Frank ripensò a una sera di tanti mesi prima. Precisamente, quella del suo compleanno. Quella in cui aveva ricevuto la lettera dalla marina.

Quella in cui si erano baciati.

Dopo di allora, erano cambiate tante cose. Lui e Gerard avevano passato pochi momenti spensierati insieme, perché dopo la scuola Gerard lavorava in un bar, dove accumulava i soldi necessari per non far morire la sua famiglia di fame mentre sarebbe stato via. E non avevano mai più parlato di quella sera, anche se Frank avrebbe voluto. Ma era come se Gee avesse buttato l'intera faccenda nel dimenticatoio, e lui non aveva insistito.

"Frank." Disse Gerard in quel momento, e abbassò lo sguardo fino a incontrare i suoi occhi.

"Gerard" bisbigliò lui, quasi timoroso. Aveva un assurda voglia di baciarlo di nuovo, proprio lì, davanti a tutti.

Gerard si avvicinò e lo abbracciò. Fu un abbraccio freddo, di quelli che dai alla gente che non riesci proprio a sopportare, o di quelli che dai a qualcuno ringraziandolo per un regalo che a te non piace. Un abbraccio privo di qualsiasi sentimento. Vuoto.

Frank non ricambiò. Rimase lì impalato, immobile, pregando che finisse presto. Non avrebbe potuto sopportare quella situazione un momento di più.

E quando Gerard si staccò e, salutando un'ultima volta la sua famiglia, salì sul treno, Frank non ne poté più. Si voltò e scappò dalla stazione, senza guardare in faccia nessuno, urtando la gente e chi gli capitava davanti, trattenendo quasi il respiro per non sentire più nulla, niente di niente...

No.

È come quelle pellicole difettose, quelle che si bloccano e ricominciano da capo senza che tu faccia nulla, ogni volta ancora e ancora, fino a quando non sai a memoria quella scena del film.

È proprio così che mi succede con la scena di Gerard che parte. Si ripete in continuazione nella mia testa, ogni giorno, ogni ora, rendendomi quasi pazzo.

Forse sono pazzo. Forse sono ossessionato, forse mi aggrappo all'unico amico che io abbia mai avuto come se mi stessi aggrappando ad un salvagente per rimanere a galla. Ma cosa succede se quel salvagente è bucato e tu ti accorgi di stare lentamente affogando, e non puoi far nulla per salvarti?

La verità è che la mia mente non ci pensa molto. Insomma, vivo la mie giornate come sempre, e ora che è finita la scuola sono ancora più occupato a cercare un lavoro che mi mantenga per il resto della mia vita. Qualcosa di stabile, duraturo. Sicuro. Preferibilmente non a contatto con la gente.

E poi c'è anche Mikey. Non passiamo proprio tutti i giorni assieme, ma quando posso vado a casa loro, preparo qualcosa da mangiare, lo aiuto con i compiti. Sta maturando velocemente, sì, ma non abbastanza dal non desiderare più una presenza maschile in casa, qualcuno che lo faccia sentire sicuro e protetto, almeno ogni tanto.

Gerard aveva ragione. Qualche mese dopo la sua partenza, precisamente a settembre, la notizia dilaga in tutte le radio.

La Germania ha attaccato la Polonia. E ancora adesso, dopo tre mesi dallo scoppio della guerra, gli Stati Uniti sono ancora indecisi se farsi da parte o scendere in campo, e in questo caso, decidere anche con chi schierarsi.

E se davvero gli USA si uniranno agli altri paesi in guerra, Gerard non tornerà nemmeno per salutarci e partire di nuovo. Non tornerà affatto.

"Preferisco morire che vivere in quel modo"

Non voglio perderlo.

Ma forse è già successo.

Due mesi fa sono andato via di casa. È stata una decisione così, presa su due piedi e neanche ponderata bene in tutte le sue sfaccettature. È successo soltanto che un giorno sono tornato a casa e zia Willow voleva che le preparassi la cena, mentre lei si metteva lo smalto alle unghie. E io le ho detto no, e lei ha continuato a insistere e io le ho sbattuto il piatto praticamente in faccia e le ho detto "Preparatele tu queste cazzo di uova". Poi sono salito di sopra, sono entrato in bagno e ho trovato mio zio Robert che si masturbava sul gabinetto, e per poco non ho vomitato.

Così sono andato in camera e ho fatto le valigie. Fine.

Per un po' sono stato in casa Way, con Mikey, ma era ovvio che lui si sentisse a disagio ogni volta che dovevo assistere alle crisi isteriche di Donna. Certo, gli faceva piacere la mia presenza e la mia compagnia, ma lavorando nello stesso bar in cui aveva lavorato Gerard prima di partire(dopo il suo licenziamento avevano ovviamente bisogno di un sostituto), sono riuscito ad accumulare abbastanza soldi e risparmi per affittare un appartamento in centro, il più lontano possibile dalla casa dei miei zii. E Mikey non ha protestato più di tanto quando gli ho detto che me ne andavo.

Forse non gli sono molto simpatico. O almeno non più. Gli ricordo Gerard, gli ricordo la tristezza che deve portarsi addosso per non avere più accanto suo fratello, l'unico pezzetto sano rimasto della sua famiglia.

Solo dopo parecchie settimane, o forse mesi, in cui ho badato più a me stesso che a tutto il resto, mi rendo conto di quello che gli sta succedendo.

Succede una sera, quando dopo il lavoro decido di passare da lui per vedere come sta. Quando busso alla porta però, viene ad aprirmi soltanto la signora Way.

"Oh Frankie, caro!" esclama lei, abbracciandomi di colpo. Mi lascia entrare e io mi guardo intorno. La casa cade sempre di più in rovina, e Mikey non può certo occuparsi di tutto. È ancora un ragazzino....

Per un attimo provo un odio profondo verso Donna Way, che non è riuscita a superare l'abbandono del marito e a portare avanti la casa con due figli a carico.

Ma passa subito. Non sono il tipo che porta rancore, e non potrei mai verso la madre di Gerard e Mikey.

"Mikeeeeey, c'è qui Frank che vuole vederti!" grida lei verso le scale, ma non riceve nessuna risposta. Sorride. "Sai, in questo periodo è sempre molto impegnato con la scuola. Dice che ha moooolti compiti da fare, sì sì. E io non voglio disturbarlo, eh no. Una madre non può disturbare i suoi figli mentre studiano, o non è una vera madre! Non credi anche tu?"

Il chiacchiericcio confuso di Donna non mi distoglie dal mio brutto presentimento, comparso non appena Mikey non ha risposto a sua madre. Normalmente, non avrebbe lasciato nemmeno che aprisse la porta, sarebbe sceso di corsa per venire lui personalmente.

"Io salgo di sopra, signora. Lei torni pure alle sue occupazioni, ok?" le dico dolcemente, riaccompagnandola in salotto. La donna continua a blaterare e io la lascio lì, salendo subito le scale e arrivando davanti alla porta chiusa della sua camera.

"Mikey?"

Silenzio. Forse... forse dorme. Sì, dorme sicuramente.

Allora perché il cuore continua a battermi forte come se stessi per scoprire qualcosa che non mi piacerà?

Socchiudo la porta. "Mikey...." Mormoro, ma non appena metto piede nella stanza e accendo la luce, il sangue mi si ghiaccia nelle vene.

"Mikey!" urlo, correndo verso di lui. È sdraiato scomposto sul letto, una mano penzolante verso terra e l'altra abbandonata lungo il fianco. Ha gli occhi chiusi, il viso pallido e la bocca semiaperta, e accanto a lui sulle lenzuola c'è una busta semitrasparente con qualcosa di verde al suo interno.

Non ho mai visto della marijuana in vita mia, ma la riconosco all'istante.

Oddio santissimo. "Mikey! Mikey, rispondimi" lo chiamo, scuotendolo per le spalle, tirandogli pizzicotti sul braccio, cercando di rialzarlo. Non posso... lui non può aver fatto questo, oddio e ora rischio anche a chiamare l'ambulanza perché poi vorranno parlare con la madre e lei non è nelle condizioni di rispondere e le toglieranno Mikey e lo manderanno da qualche altra parte e poi cosa dirò a Gerard oddio oddio oddio oddio....

A un certo punto, la mente mi si schiarisce. Una fredda razionalità prende il posto del panico e della paura, e subito mi passo un braccio di Mikey sulle spalle e lo trascino fino al bagno, dove inizio a buttargli acqua fredda sul viso. Gli ascolto anche il battito cardiaco, ma sembra tutto regolare.

"Avanti, svegliati, forza"

Dopo qualche attimo di terrore totale, lui reagisce. Sento che tossisce e cerca di liberarsi dalla mia presa, ed io lo mollo subito facendolo cadere a terra.

Non ci posso credere. Ringrazio Dio o chiunque ci sia lassù, perché stavo davvero per morire anche io assieme a lui.

Mikey batte le palpebre e afferra alla cieca un asciugamano per asciugarsi il viso. "Ma che diavolo...?"

Poi alza lo sguardo verso di me. "Frank..."

Faccio un respiro profondo e cerco di cancellare il terrore puro che si legge sul mio volto. "Mikey, tu hai fumato marijuana. E stavi per andare in overdose, lo sai?"

In questo momento vorrei solo abbracciarlo e dirgli che è tutto finito e che starà bene, non accadrà mai più perché non è così che si riesce ad annullare il dolore, non è per niente così.

Mikey si rialza in piedi. Noto che barcolla un po', evidentemente ha ancora un po' di quella merda in corpo. Ha le pupille dilatate e mi fissa un po' stralunato. "Sul serio? Senti, io..."
"Cosa diavolo ti prende, Mikey? Eh? Credi che così facendo non proverai più nulla? Credi che tutto questo svanirà, che i tuoi problemi svaniranno come per magia? È questo che credi? E scommetto anche che hai preso i soldi per comprarti quella roba dal fondo che vi ha lasciato Gerard, quello che si è guadagnato con tanto sudore lavorando perché VOI poteste stare bene!"

Lui mi guarda senza dire una parola.

Sospiro. Non sono bravo con le ramanzine, non sono bravo con i ragazzini, non sono bravo affatto in queste cose. Mesi fa ero anche io un bambino, infantile e irrazionale, e avrei dato di tutto per trovare un metodo che mi facesse smettere di soffrire.

Non posso accusarlo di qualcosa che avrei fatto io stesso, al posto suo.

Mi volto, torno in camera sua e afferro la marijuana dal letto. "Ti tengo d'occhio, Mikey" gli dico, e quando gli passo accanto non posso evitare di dargli una spallata. "Buonanotte."

Torno a casa a piedi, passeggiando per le strade illuminate soltanto dai lampioni a gas.

Mentre sono immerso nei miei pensieri, si ferma accanto a me un'auto, probabilmente un taxi, e subito dopo dallo sportello posteriore scende una donna. Faccio finta di niente e continuo a camminare, ma qualche istante dopo mi volto e la trovo lì, ferma. Il taxi è andato via e l'ha lasciata sul marciapiede, da sola, con due valigie tra le mani e l'aria smarrita.

I nostri sguardi si incrociano e lei mi sorride subito, venendo verso di me. "Oh, santo cielo, meno male che c'è qualche buon gentiluomo in giro a quest'ora" mi dice allegramente.

Più per cortesia che per altro, mi offro di portarle le valigie e lei accetta di buon grado. "Sa, sto cercando l'indirizzo della casa in cui dovrei trasferirmi e... dovrebbe essere qui da qualche parte" mormora, guardandosi intorno. Tira fuori un foglietto dalla tasca del cappotto costoso e lo legge pensierosa.

"Fa' vedere a me" dico gentilmente, e quando leggo l'indirizzo sul foglietto le faccio un sorriso rassicurante. "Stia tranquilla, l'accompagno io a casa. Non è molto lontano da qui"

Il suo viso si illumina di felicità pura e mi fa un sorriso quasi abbagliante. "Oh, la ringrazio così tanto!" esclama. Noto solo ora che è una donna molto bella, con i capelli neri raccolti in una reticella tempestata di brillanti e occhi altrettanto scuri ma intensi e luminosi.

Decisamente non il mio tipo. Non che mi interessi, tra l'altro. Non mi sono mai soffermato sul mio orientamento sessuale, ma non essendo mai stato attratto seriamente da una donna, beh... e posso solo supporre cosa significhi voler baciare il proprio migliore amico.

Non appena arriviamo all'indirizzo indicato sul foglietto, lei si ferma davanti ad un portone con battenti in oro. "E' qui" dice, prendendo le valigie dalle mie mani. Si sporge verso di me e mi lascia un delicato bacio sulla guancia. "Non so davvero come ringraziarla"

"Si figuri. Beh, io abito proprio a un isolato da qui perciò spero proprio di rivederla, uno di questi giorni" dico, contagiato da tutta la felicità che sprizza da lei.

"Ma certo!" risponde lei.

Le porgo una mano. "Io sono Frank, comunque"

Lei me la stringe, non smettendo di sorridere. Dio, inizia quasi a darmi sui nervi, e non sono uno che si spazientisce facilmente.

"Piacere, Lindsay."

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