I Ricordi che ho di te

By Christy-Devis

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-COMPLETA- DOMANDE. RIMPIANTI. CUORI FATTI A PEZZI E DA RICUCIRE. UN SEGRETO CHE IN PASSATO HA DISTRUTTO LUI... More

Prologo
La decisione a voi
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo fuori onda
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15 (prima parte)
Capitolo 15 (seconda parte)
Capitolo 16 (prima parte)
Capitolo 16 (seconda parte)
Capitolo 17 (prima parte)
Pagina Instagram e Facebook
Capitolo 17 (seconda parte)
Capitolo 18 (Prima parte)
Capitolo 18 (Seconda parte)
Capitolo 19 (Seconda parte)
Comunicazione a voi signorine
Capitolo 19 (terza parte)
Capitolo 20
Capitolo 21 (Prima parte)
Capitolo 21 (seconda parte)
Capitolo 21 (terza parte)
ATTENZIONE, IMPORTANTE
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25 (Prima parte)
Novità molto importanti 😁
Capitolo 25 (seconda parte)
Capitolo 26
Capitolo 27 (Prima parte)
Capitolo 27 (seconda parte)
Capitolo 28
Capitolo 29 (Prima parte)
Capitolo 29 (Seconda parte)
30 -Ultimo capitolo-
Epilogo
Piccolo regalino per voi
NON CHIEDERMI DI RESTARE FINALMENTE ONLINE
NON CHIEDERMI DI RESTARE -CARTACEO-
RED SOUL SORPRESINA PER VOI🙈
Ooops... sono tornata😈😈

Capitolo 19 (Prima parte)

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By Christy-Devis

"La paura nasce da un solo e unico sentimento:
quello di perdere qualcosa o qualcuno."

-Mayson Cole-

Emory -Oggi-

Il fracasso dei vassoi che strusciano sui tavolini e che vengono sbattuti riecheggia in tutta la mensa, il chiacchiericcio concitato dei ragazzi rimbomba ovunque attirando l'attenzione di quasi tutti gli atri tavoli. L'intero istituto è in fibrillazione per la partita di basket di stasera, la prima del campionato che si terrà proprio nel nostro campo, e le ragazze sembrano aver inghiottito mascara e rossetto al posto del latte più degli altri giorni; si chiudono in circolo attorno ai nostri giocatori e si comportano come delle oche a cui è appena finito il ciclo mestruale. Sono abituata ad osservare questa loro pochezza femminile ma oggi sembra che stiano superando il limite dell'inverosimile. Credono che comportandosi in questo modo attireranno di più la loro attenzione, che magari qualcuno di loro ad ogni canestro che farà alzerà il dito e lo punterà su quella che gli ha rubato il cuore dedicandole il punto appena fatto, ma non hanno ancora capito che non è così che funziona. Sopprimono loro stesse per un po' di visibilità, tradiscono chi sono realmente solo per farsi guardare da più persone messe insieme, e per una ragazza guardare la propria specie comportarsi in questo modo è a dir poco vergognoso.

Se fossi io il ragazzo con l'uccello e le palle lo schiferei un comportamento del genere, ma i maschi che sto osservando se la ridono invece, si scostano dal tavolo per permettere a quelle bambole umane di sedersi sulle loro gambe e i cori aumentano sempre di più ogni volta che questa scena accade.

Al centro di quel tavolo una mano si alza e mi saluta strizzando l'occhio e tutto quello che riesco a fare è rivolgergli una smorfia schifata e scivolare con la testa sul tavolo. Non avrei mai creduto che Deven avesse un quoziente di intelligenza così basso da potersi mischiare con quella massa di idioti. Ma loro lo adorano. Tutto quello che ha fatto al liceo e nel primo anno qui alla Clevelend State University è rimasto nei ricordi di tutti. Ogni punto segnato, ogni avversario sorpassato, ha scritto qualcosa nella storia del basket di questa città. Ci sa fare, e lo so bene quanto vale perché ci sono cresciuta osservandolo sotto il canestro fuori casa sua, ma il comportamento che sta adottando ora è solo quello del coglione montato come il resto della sua squadra.

Più i secondi passano, più le voci si alzano e più tutto diventa patetico e rumoroso, e la voce squillante di Callie –che non ha smesso un attimo di blaterare da quando le ho raccontato della giornata di ieri- dà l'ultimo tocco magico per farmi scoppiare la testa. Alterna ramanzine sul fatto che sarei dovuta andare dritta alla polizia ad attacchi di euforia per come si è conclusa la serata. Mi preoccupano questi suoi cambi d'umore improvvisi ma quando glielo faccio notare l'unica risposta che ottengo è che sta ancora assimilando tutto.

In realtà, anche se non lo do a vedere, sto ancora assimilando tutto anche io.

Rigiro la matassa di spaghetti scotti; il sugo è talmente poco che copre a malapena la metà del piatto, i fili di pasta continuano ad appiccicarsi l'un l'altro ogni volta che provo ad alzarne una forchettata, fino a che non lo sento rivoltarsi lo stomaco per lo schifo che sono alla vista, e alla fine spingo anche questo piatto lontano dal mio naso. Mi fa incazzare il fatto che continuiamo a pagare questa roba quando loro continuano a servirci queste cose incommestibili.

«Cos'è, l'amore ti ha già chiuso lo stomaco?» Il viso di Callie oscura tutto il resto della sala mentre si tira avanti piegando la testa. I capelli rossi, più sbiaditi del solito, le scendono di lato e svaniscono oltre il tavolino bianco. Non è che l'amore mi ha chiuso lo stomaco, è colpa del cibo che fa schifo e del fatto che lui, oggi, non ha seguito nemmeno una lezione. L'ho cercato nei corridoi, non fisicamente chiedendo in giro di lui ma solo con lo sguardo. Ho setacciato le aule con le porte aperte mentre ci passavo davanti, tenuto d'occhio il suo armadietto perennemente solitario e osservato uno ad uno i ragazzi in fila mentre riempivano i vassoi.

Lui, però, non è mai arrivato.

Me l'aspettavo una specie di ritirata da parte sua ma adesso ho quasi paura di tornare a casa e scoprire che se n'è andato di nuovo. Dovrei concentrarmi su altro, mi ripeto che dovrei pensare a tutta la giornata di ieri, analizzare nella mente i lineamenti del viso di quel tizio e capire se l'ho già visto o conosciuto da qualche parte. Ho pensato che forse non sono riuscita ad associarlo a nessuno che conoscevo solo per la paura che mi aveva assalito in quel momento, ma l'unica cosa su cui riesco davvero a soffermarmi è la curiosità di vedere quale sarà la sua reazione al bacio di ieri sera.

Un braccio pesante si poggia sulla mia spalla non appena varco la soglia del refettorio per uscire. La sua mano grande mi penzola quasi davanti la faccia mentre continuo a camminare e cerco più volte di togliermela di torno. Tutto inutile: Deven non si schioda dal suo posto.

«Tutto bene, signore?» domanda, alternando lo sguardo tra me e Callie che mi cammina accanto. Ha provato a prendere per il collo anche lei, ma è stata più veloce di me a tirarsi indietro con una smorfia schifata sulle labbra.

«Sei sudato e puzzi, piccolo Cole. Quindi potrebbe andare meglio se tu ti facessi una doccia» precisa, tappandosi il naso e sventolando la mano nell'aria per sottolineare le sue parole.

«Da quando è diventata così altolocata e schizzinosa?» mi chiede all'orecchio con un tono abbastanza alto per far sì che senta anche lei. Mi gratto l'orecchio, solleticata dai suoi capelli che mi strusciano contro.

«Questo è l'odore del vero uomo, tesoro» aggiunge, puntandole un dito contro.

«Sbagliato» obbietta lei alzando gli occhi al cielo. «Questo è l'odore di un montone che pascola per i campi.»

Soffoco una risata alla faccia sconvolta delle matricole del primo anno che accanto a noi osservano e ascoltano la scena. Immagino che non riescano a farsi un'idea del come sia possibile che una ragazza risponda in questo modo al capitano della squadra di basket, soprattutto quando si gira verso di loro strizzando l'occhio.

Scuoto la testa e mi libero dalla sua presa con una spinta giocosa. «Sembri una cagna in calore, Dave. È da stamattina che ti vedo provarci con ogni singolo essere che respira.»

Mi fermo alle spalle di Callie aspettando che finisca di prendere i libri che le servono per la lezione, mentre lui si poggia con poca grazia accanto al suo armadietto tra lei e me. Mi fissa per qualche secondo, e ad ogni secondo che passa vedo il suo sorriso allargarsi a poco a poco. Non so a cosa stia pensando di rispondere ma psicologicamente mi preparo a qualche stronzata delle sue.

«Sei gelosa perché ancora non ci ho provato con te, vero Emory?»

Chiudo gli occhi, combattendo contro l'istinto di spalmarmi la mano su tutta la faccia e già sapendo che la speranza che lui svanisca dalla mia vista non si avvererà così tanto facilmente. Infatti, quando li riapro, lui è ancora a venti centimetri dal mio naso che ghigna divertito.

«Quante lezioni ti restano per oggi?»

Senza tirare fuori il foglio dell'orario gli rispondo che ho finito. L'ultima l'ho fatta prima di pranzo e me la sarei risparmiata l'ora in quel refettorio e quel cibo da schifo se non fosse stato per il fatto che sto a piedi e che mi tocca aspettare che Callie finisca le ultime due lezioni. La sola idea di passare altre due ore chiusa qui dentro senza far niente atterra il mio stato psicologico, ma l'alternativa sarebbe quella di farmi tutta la strada camminando e oggi la voglia di camminare è pari a sotto lo zero. C'è qualcosa che da dentro mi urla che stare da sola non va affatto bene. È vero che la mia mente contorta non fa altro che ripensare alla bocca di Mayson sulla mia, ma in vari momenti tutto si blocca e si mischia alla paura che provato chiusa nel mio furgone. Ancora non riesco a capire come sia possibile che la mia reazione sia stata così inesistente.

Non è da me. Non mi sono mai immobilizzata davanti a niente, nemmeno sotto gli attacchi di rabbia che aveva Ryan quando perdeva le staffe e mi urlava ad un palmo dalla faccia. Non ho mai sentito i polmoni smettere di funzionare per un attacco di ansia e terrore come quello che ho avuto ieri sera. E la cosa che ancora di più non comprendo è che tutto è durato anche dopo; c'era Mayson davanti a quel vetro, mi diceva di respirare, di stare calma, quando avrei potuto farlo tranquillamente anche solo con le mie forze senza dover ascoltare la sua voce darmi consigli. Invece non funzionava.

Io non funzionavo.

E non me la so spiegare questa cosa qui.

Mi destabilizza, mi innervosisce sapere che in un momento così critico il mio stesso corpo mi ha abbandonata come se nulla fosse. Mi sono sentita impotente come non lo ero mai stata.

La lieve botta che sento alla spalla mi riporta alla realtà facendomi rendere conto di essermi persa in qualche parte del discorso.

Il pesante braccio di Deven torna di nuovo ad appoggiarsi attorno al mio collo, e sento la schiena piegarsi lievemente per la pressione. Mentre inizia a camminare, mi trascina con lui verso l'uscita.

«Dove stiamo andando?» gli chiedo, voltandomi verso Callie che mi urla dietro di chiamarla nel pomeriggio.

«Io ho finito le lezioni, tu hai finito le lezioni, quindi ce ne torniamo a casa insieme, Scotty trecce lunghe.» Mi tira piano una ciocca di capelli e nel frattempo cerco di ricordare se in quella specie di trance in cui ero entrata lui mi abbia chiesto o meno se volevo tornare a casa con lui. In effetti non mi sembra di aver sentito niente del genere, ma non intendo affatto rifiutare il passaggio. Preferisco sorbirmi le sue battute idiote piuttosto che starmene con le mani in mano per altre due ore.

Le mie mani, però, trovano il loro da farsi non appena lui accende l'auto e parte sgommando dal parcheggio della scuola. Tempo cinque secondi e mi ritrovo la schiena incollata al sedile e il sangue che mi fluisce solo verso il cervello. Lo stereo si accende di colpo a tutto volume facendomi contrarre ogni muscolo che non è ancora contratto per la velocità che sta prendendo, e già sento i polsi indolenziti per quanta forza sto usando per reggermi alla maniglia.

Inizialmente non riesco a parlare, ma questo cambia non appena si butta sulla destra per sorpassare l'auto che abbiamo davanti.

Mi ci vedo già, schiacciata e fatta a brandelli addosso al muro in pietra che fa restringere la strada. Sento la mia voce uscire fuori in un urlo che spacca le mie stesse orecchie. Lo sento rimbombare nella piccola cabina della macchina, mentre il dolore agli occhi aumenta a forza di stringerli per non guardare.

Non voglio morire, maledizione.

Non ora e non così.

E mentre prego in silenzio la pressione sull'addome e sul petto diminuisce sempre di più; la musica si abbassa, l'aria che entra dai finestrini mezzi aperti arriva con più calma e smette di pungermi il viso. Quando finalmente apro gli occhi mi rendo conto che la velocità a cui stiamo andando è tornata nella norma e che questo piccolo stronzo al volante sta ridendo di me.

Stacco la mano sinistra dal sedile e me la poso sul cuore, lasciando la destra perennemente attaccata alla maniglia nel caso gli venga in mente di fare un'altra cazzata del genere.

«È stato emozionante, vero?» domanda, ma tutto quello che riesco a capire è che il cuore mi batte talmente veloce che ho quasi paura che mi esca fuori in questo stesso istante dal petto.

«Sei un'emerita testa di cazzo, Deven» riesco a sussurrare, anche se in realtà tutto quello che vorrei fare è tirargli un calcio nelle palle e urlare contro il cielo dopo essere scesa da questa macchina.

«Hey!» esclama fingendosi offeso. «Ti è sempre piaciuto correre.»

«Ma non mi è mai piaciuto sfiorare la morte sorpassando a destra, razza di cretino.»

Nonostante fuori faccia freddo sento lo stesso la fronte imperlata di sudore e le vampate di caldo che affiorano dalla pancia. Ha ragione quando dice che mi è sempre piaciuto correre, ma questo risale a quando l'acceleratore lo schiacciava suo padre, non lui, e il grado di fiducia in questo caso è molto più scarso di quanto immagina. Anche se ha il suo stesso sangue non è detto che abbia la sua capacità e competenza nel gestire una macchina a quella velocità.

«So quello che faccio, Emory. Non avrei mai messo in pericolo la tua vita.» Quello che so io, invece, è che molto probabilmente me la sono fatta nelle mutande.

«Comunque quell'auto perdeva fumo. Se non l'avessimo superata a quest'ora forse saremmo morti avvelenati dai gas di scarico. E lo so che in fondo ti sei divertita» conclude, dandomi una botta sul braccio.

Non mi sono divertita affatto, ma forse, molto più in fondo di quello che pensa lui, quel lampo di eccitazione che gli leggo sulla faccia l'ho sentito anche io.

Questo però, sempre dopo essermela fatta sotto.

L'atmosfera si è alleggerita di parecchio quando il motore dell'auto si spegne. Da quando sono tornati sono più le volte che ho imboccato questo vialetto in compagnia di uno di loro che nel mio, da sola con il mio furgone come invece dovrebbe essere.

Il sole stranamente squarcia il cielo dando a tutto un colore che sa di vita, e nell'aria si sente un vago cinguettio che viene interrotto da un rumore di colpi che si ripetono senza sosta e con la stessa misura di tempo.

«Non penserai di andartene a casa, vero?» mi chiede Deven quando sono quasi arrivata alla porta di casa mia.

«Cos'è, vuoi fare merenda insieme a me come ai vecchi tempi?» lo prendo in giro, mettendomi a ridere subito dopo.

Mi alza il dito medio, forse perché non sono la sola che ricorda come gli rubavo il cibo da sotto il naso quando eravamo ragazzini.

«Ho solo bisogno di compagnia.»

«Per fare cosa?»

«Per aggiustare il tuo schifoso furgone di merda» mi dice, raggiungendomi e facendomi fare dietro front mentre mi spinge verso il loro garage.

Il mio furgone?

Come diamine ci è finito qui il mio furgone?

Non appena svolto l'angolo il mio stomaco si contrae di botto. È come se qualcuno ci avesse infilato le mani all'interno e mi stesse torcendo ogni organo vivente. È talmente forte come sensazione che anche se continuo a sentirmi spingere dalla schiena non riesco lo stesso a muovere un muscolo. Le uniche due cose che ancora funzionano a dovere nel mio corpo sono gli occhi ed il cuore.

Mayson.

Non capisco come la terra possa generare un essere tanto stronzo e complicato quanto perfetto. Tutto alla stessa misura, tutto alla stessa condizione.

I raggi del sole si riflettono sulla pelle nuda delle sue braccia mentre senza fermarsi continua ad alzarle e a ributtarle giù contro i pezzi di legna; ad ogni movimento i muscoli della schiena si contraggono per dare maggiore forza al colpo successivo, ed è come osservare qualcosa che ti cattura l'anima e che non ti lascia più andare. Un semplice movimento che mette in risalto mille caratteristiche che ti inchiodano sul posto e ti fanno formicolare la pelle, ti fanno tremare le mani, e sai che tutto può finire solo quando avanzi e riesci a toccarlo. Che puoi tornare normale solo quando sei riuscita ad arrivare a lui ed esserti presa tutto quello che ti serve per soddisfare quella voglia che non sai nemmeno da dove diavolo ti parte.

Resto ferma, ad osservare il suo viso concentrarsi su qualcosa che non sono io, e me lo faccio bastare lo stesso. Perché lo so, l'ho già provato sulla mia pelle che con lui poco è sempre meglio di niente.

«Se vuoi farlo crollare dovresti fargliela sudare, non imbambolarti come se stessi osservando Dio.» Mi volto di scatto con le guance in fiamme, e mentre sento la sua risata bassa da presa per il culo mi infilo nel garage aperto. La testa di Vincent fa capolino dal cofano aperto e non so se sorridere a lui o mettermi a piangere per tutto quello che ha accanto.

Il mio furgone è diviso a metà, e mi viene da vomitare.

«Ditemi che è uno scherzo» farfuglio, ma più guardo e più i pezzi smontati restano dove sono, immobili a terra, fuori dall'auto.

«Questo coso è uno scherzo» obbietta Vincent indicando le mie quattro ruote e asciugandosi la faccia con un panno tutto macchiato di grasso.

«Che cosa ci fa qui? Oggi avrei chiamato il meccanico.»

«Per farti sfilare altri soldi e non farti aggiustare un cazzo? Cristo, Emory, è tutto rattoppato di merda qui sotto!» esclama, e la mia confusione cresce a dismisura. Da quando sanno mettere le mani sotto il cofano di una macchina?

«Perde olio, la frizione è arrivata, i giunti sono entrambi da cambiare e la batteria ha un filo squagliato.»

Me li sento fuori dalle orbite gli occhi mentre fisso l'unico fratello dai capelli chiari che mi elenca la lista dei problemi che ha questo rottame. «Tutte queste cose non possono essere saltate nel giro di una settimana, Emory, sono consumate da tempo. Quel cretino del tuo meccanico non avrebbe dovuto ridartelo indietro a queste condizioni.»

«Quindi è la batteria che non lo fa partire?» interviene Deven passandomi accanto e avvicinandosi al fratello, e la noto la sua espressione contrariata mentre scuote la testa. «Ho provato a metterne una buona ma non cambia niente. È il motorino di avviamento che è partito.»

«'Fanculo, te l'avevo stamattina che era per quello. Mi devi venti dollari, coglione.»

Urto con la schiena la portiera, costatando che almeno questa è ancora al suo posto, mentre la testa inizia a scoppiarmi. Non so se incazzarmi con il meccanico per non avermi detto di tutti questi problemi o se prendermela con loro per aver iniziato tutto senza chiedermi il permesso. È Mayson l'ideatore di questa cosa, non potrebbe essere altrimenti. Solo lui sapeva che questo diabolico catorcio mi aveva lasciata a piedi di nuovo.

«Hey, non ti buttare giù. Massimo due giorni nel tempo libero e te lo rimettiamo a nuovo.» La mano di Vincent si piazza sulla mia testa scompigliandomi i capelli, e per una volta nemmeno lo sento il picco di nervoso che mi da questo gesto. Sono troppo impegnata a pensare a cose più importanti.

Batteria, motorino di avviamento, frizione, scatola dell'olio, giunti... Che poi che cazzo sono questi giunti io nemmeno lo so. So solo che è un sacco di roba tutta insieme. Troppa, tutta insieme.

Mi spalmo le mani sulla faccia. «Vince» lagno il suo nome. «Io non ce li ho i soldi per sistemare tutto.» Se potessi vorrei sparire dal mondo in questo esatto momento per non tornarci mai più. Possibile che non riesca mai a respirare? Che ogni settimana esca sempre fuori qualcosa che deve mandarmi in frantumi la mente?

Perché le altre persone le vedi sempre col sorriso stampato in faccia e gli occhi limpidi di chi non hai mai il minimo problema?

E me lo chiedo davvero perché sempre a me. Lo so che in tanti stanno molto peggio, ma perché questa maledetta bilancia della vita non pende in modo uguale su tutte le nostre teste? Potrebbe dimezzare i problemi gravi degli altri e appesantire di poco le teste che invece sono troppo leggere. Tutti con la stessa quantità di problemi da portare sulle proprie spalle ma almeno il peso della differenza smetterebbe di esistere.

«Ci offrirai un panino da Phill e stiamo apposto» propone lui, ma lo stomaco mi si annoda ancora di più.

«E stasera verrai alla partita con i pon pon colorati a fare il tifo per me, urlando Deven sei il mio idolo a squarciagola.» Scoppiano a ridere entrambi, e per la milionesima volta noto quanto il loro modo di ridere si somiglia.

Per la stessa milionesima volta, però, noto anche quanto la loro risata sia diversa da quella di Mayson.

La spalla di Vince si ferma accanto al mio mento, portando il suo corpo ad appoggiarsi parallelo al mio. Mi dà un paio di spintarelle mentre suo fratello osserva con cura e concentrazione i pezzi smontati.

«Smettila di fare quella faccia, Emory. Nessuno ti ha chiesto niente in cambio.»

«È un casino di roba da fare» obbietto sconfortata. «Non è giusto così.»

«Invece sì» puntualizza sorridendo.

I colpi dell'accetta contro la legna continuano a riecheggiare nell'aria. Se alzo lo sguardo verso sinistra e sposto di poco la testa riesco a vedere ancora quei movimenti che mi hanno catturata poco fa.

Non si è accorto che sono arrivata. Non lo sa che sono a pochi metri da lui, nel suo garage, a sentirmi una merda perché i suoi fratelli si sono fatti avanti per aggiustarmi il furgone senza farmi cacciare un solo dollaro. Non lo sa che nello stomaco ho un miscuglio di roba che mi tormenta anche a causa sua, e non sa nemmeno che vederlo lì mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Davvero ad un certo punto della mattinata ho pensato che se ne fosse andato di nuovo.

«Carino il teatrino di ieri sera, comunque.» A rallentatore mi volto verso Vincent, costatando che tiene gli occhi puntati su Mayson anche lui.

«Che intendi dire?» Anche se l'ho chiesto dentro di me già so di conoscere la risposta, e le mie guance iniziano a pizzicare per il flusso del sangue che sale.

Dio, ti prego, fa che nessuno ha visto niente.

«Eravamo tutti dietro la tenda della sala ieri sera» risponde, e la voglia di sotterrarmi sotto lo scheletro del furgone cresce a dismisura.

Grazie, Dio. Sei d'aiuto come al solito.

Abbasso la testa rendendomi conto di non poter fare altro. Sapevo bene che le luci erano ancora accese in casa loro ma non credevo che si fossero creati posti in prima fila per assistere a quella scena.

Mi arriva una botta sul fianco che mi obbligo di ignorare. «Tranquilla. Mamma ci ha fatto chiudere le tende non appena vi siete appiccicati alla macchina.»

Alzo la testa di scatto. Gli occhi me li sento uscire di fuori, così come anche il cuore. «C'era anche tua madre?» squittisco. Mi si chiude la gola per l'attacco di vergogna che mi sta caricando e travolgendo. Karen... Anche lei ha visto tutto. «Che figura di merda», sputo fuori a voce bassa.

La voglia che ho di mandare a 'fanculo il mio furgone e di scappare da questo posto è una cosa incontenibile. Più i secondi passano più mi sento come se stessi rimpicciolendo restando lo stesso al centro di un'attenzione che non voglio avere addosso.

Il viso di Deven spunta fuori dal cofano della mia auto e lancia a suo fratello un'occhiata obliqua che non riesco a decifrare. Ma lui nemmeno se ne accorge, perché ha ancora lo sguardo puntato verso Mayson.

Quando parla il suo tono è più dolce e meno scherzoso.

«Ti voglio bene, Emory. Sei cresciuta in questa casa con noi come una sorta di sorella minore. Ma te lo chiedo per favore: cerca di non fargli più perdere il controllo come hai fatto ieri sera.»

Mi colpisce in pieno questa sua richiesta. So bene che sono stata io a spingerlo e a forzare le cose ieri sera, ma se ha perso il controllo –come dice lui- è solo perché è stato Mayson ad abbassare le barriere. Non l'ho costretto a fare niente. Non gli ho puntato un coltello alla gola per farmi baciare fuori casa sua. Lo volevo io proprio come lo voleva lui, altrimenti le cose sarebbero finite diversamente. E vorrei fargliela presente questa parte di discorso a cui lui evidentemente non arriva, ma suo fratello sposta di nuovo la testa verso di noi minacciandolo.

«Dovresti farti i cazzi tuoi, Vince. Mayson sa decidere le cose da solo.»

Una parte di me alza le braccia nella mia testa per incoraggiare Deven e i suoi pensieri, un'altra, però, è ancora infastidita, delusa e rattristata per le parole che ha appena sentito. Non è la prima volta che Vincent prova dirmi a parole sue di lasciar stare suo fratello, e questo mi ferisce più di quanto vorrei al punto di farmi aprire la bocca e chiedergli cosa diavolo abbia contro di me. Non sembra incazzato o infastidito, anzi, mentre mi guarda riesco a vedere un lampo di dolcezza mischiarsi alla tristezza dei suoi occhi chiari.

«Non ho assolutamente niente contro di te, ma gliel'hanno già spaccato in mille pezzi il cuore, e ci sono stato io accanto a lui non tu.»

Rabbrividisco a questa confessione. È come vedere il cielo limpido squarciato da un fulmine che incendia e brucia tutto quanto. È come sentire il gelo che si ruba il calore che hai sotto pelle e si infiltra troppo velocemente nelle ossa, lasciandoti a corto di tutto quello che eri tu fino a cinque secondi prima.

Gliel'hanno già spaccato in mille pezzi il cuore... Queste parole mi battono nella testa, sulle tempie, dietro gli occhi. Mi porta a collegare qualcosa a cui prima non sapevo dare un nome. Il suo essere cinico, la tristezza che a volte ruba la luce che emanano i suoi occhi scuri mentre ti guarda in silenzio.

È dolore. Dolore di una perdita, di un vaso massacrato, di un amore che ti lascia prima il segno e poi la cicatrice addosso.

E io non l'avevo mai capito prima.

Mi sento spezzata a metà, da una parte faccio mio il suo dolore e dall'altra brucio di rabbia e gelosia perché qualcuno ha lasciato un segno su di lui. Qualcuno che non sono io. Ecco, è questo che brucia più di tutto.

Fa male a volte l'amore, questo è un dato di fatto che nessuno può cambiare, ma sapere che prima di me è passato qualcun altro che è riuscito ad infilarsi nel suo cuore danneggia la mia anima più di qualsiasi altra cosa. Non sono così tanto ipocrita da dire che fa più male sapere che lui abbia sofferto. Sono sincera, trasparente, e anche se tutto sembra la cosa più egoistica del mondo non posso mentire a me stessa: quello che fa più male è sapere che non sono stata io a lasciare il segno su di lui.

«Non voglio spaccare il cuore di nessuno, Vincent» sostengo, e me ne accorgo da sola che la mia voce è fin troppo velata di risentimento e nervoso. Non sento nemmeno il calore della sua mano quando si posa sulla mia spalla stringendola appena mentre abbozza un sorriso che io non riesco a ricambiare affatto.

«Lo so che non vuoi fare male a nessuno, ma ho l'impressione che voi vi distruggerete a vicenda. Solo che lui è troppo debole per ammetterlo e tirare un freno.»

«Questo non puoi saperlo» ribatto inacidita. Sta toccano qualcosa che voglio, maledizione. Si sta insinuando nei miei pensieri e sta cercando di bruciare tutto quello in cui ho sempre creduto in questi anni. Non è giusto. Non è giusto che sia proprio lui a mettermi un freno con questi pensieri contorti.

Mi dà un bacio sulla fronte, e automaticamente mi tiro indietro destando un sospiro da parte sua.

«Non odiarmi per quello che ti ho detto» sussurra. «È mio fratello e non puoi farmene una colpa se cerco di proteggerlo. Non voglio vederlo a pezzi di nuovo. Non voglio vedere a pezzi nessuno di voi due.»

Quando esce dal garage ormai è già troppo tardi: il picco di odio nei suoi confronti lo sento eccome.

La sicurezza abbandona il mio corpo, e tutto si aggrava quando l'ombra di Mayson mi appare davanti. Il sudore gli cola sul viso sporco, quello stesso viso che ha il potere di mandarmi il cuore in tilt da anni. Cerco nei suoi lineamenti qualcosa che mi faccia mettere in discussione i pensieri di suo fratello, che mi dia la spinta per non mollare con lui.

Tutto quello che trovo, però, sono i suoi occhi che mi guardano con durezza prima di voltarsi e darmi le spalle.

Resto ferma ad elaborare la cosa, e qualche piccola rotella scatta non appena sento di nuovo il rumore di colpi ricominciare a battere con più potenza.

Mi ha ignorata.

Dopo tutto quello che è successo ieri sera, lui mi ha ignorata

Salve signorine Meravigliaaaaa❤❤❤❤❤
Tenetevi forte perché anche oggi l'aggiornamento è doppio😏😏😏😏
Tra poco arriverà anche la seconda parte del capitolo,  che molto probabilmente questa volta sarà diviso non in 2 ma in 3🙈
Un bacio cioccolatoso a tutte voi,  befanine belle😍😍😍

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