Capitolo 27 (Prima parte)

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"Mettersi in discussione
destabilizza ogni cosa sicura che credi
di essere..."
-Emory Scott-

Emory –Oggi-

«Allora? Ci hai parlato?»

Una Tania in versione sportiva mi guarda con aria interrogativa non appena varco la soglia di casa; addosso ha un paio di leggins neri e un toppino smanicato che mi fa venire i brividi solo a guardarla. Io sto battendo i denti dal freddo con tutto il giubbotto, la sciarpa e il cappello di lana, e lei se ne va in giro per la stanza come se fossimo nel pieno di agosto. Quando mi incita a rispondere con un cenno della testa, io scivolo seduta sulla sedia più vicina e scuoto la mia con aria afflitta.

No. Non ci ho parlato.

Ho seguito l'istinto e sono arrivata dove dovevo arrivare, quando l'ho vista però ho ingranato la retromarcia e sono tornata indietro. Non lo so da cosa mi sono lasciata guidare quando ci ho ripensato, ma saperlo non cambia le cose perché tanto ormai l'ho fatto. Vederla seduta lì, su quella panchina sgangherata, mi ha fatto venire in mente ogni volta in cui ce l'ho vista seduta sopra a ritagliarsi minuti tutti suoi per leggere quei libri che tanto le piacciono; è sempre lì che si mette, con il suo latte bianco bollente in una mano e un tomo di cinquecento pagine nell'altra. Mi è tornata in mente la sua voce, quelle risate che fa e che -se anche ti girano le palle- a sentirla ridere passa tutto perché contagia anche te. Ho ripercorso gli abbracci, le spinte e tutte le tirate di capelli che ci siamo inflitte in anni e anni di amicizia, e non ci sono riuscita a spegnere l'auto e andarle incontro come mi aveva chiesto di fare. Non ci sono riuscita perché mi conosco, e so che mettere un punto definitivo con lei non è la stessa cosa che mandare a 'fanculo mio padre e mia madre. Loro sono genitori, sangue del mio sangue, in ogni caso ce li avrei comunque tra i piedi anche se non vorrei, ma Callie... Se metto un punto con Callie mica lo so se posso cancellarlo in futuro.

È irrazionale quello che mi passa dentro quando penso a lei; dico di odiarla eppure ogni volta che ha provato a placcarmi per parlare e darmi le sue ragioni l'unica cosa che ho provato è stata tanta, tanta tristezza. Ecco perché ancora la evito: ho scoperto di essere in balia di sentimenti che si danno troppa battaglia tra di loro.

«Ho una lezione di Yoga. Vuoi venire con me a rilassarti un po'?» Guardo Tania infilarsi una giacca e piazzarsi dietro le spalle uno zainetto che sembra stia per scoppiare, poi si infila le scarpe da tennis e si blocca davanti alla porta aspettando che le risponda. Tutto quello che mi esce è una smorfia divertita.

«Non sapevo fossi tipo da Yoga.»

«Perché, bisogna essere un tipo speciale per fare Yoga?» replica con aria contrariata.

«Suppongo di no» articolo grattandomi la testa da sopra il cappello «Solo che se penso allo Yoga tu sei l'ultima persona che mi viene in mente da metterci accanto.»

Un sorriso malizioso le fa illuminare gli occhi, poi apre la bocca e tutto inizia ad avere un senso più logico. «Questo lo dici solo perché non hai visto l'insegnate di Yoga, Emory.» Spalanco le labbra cercando di trattenere una risata che alla fine viene fuori lo stesso; doveva per forza esserci qualcosa di mezzo, perché davvero Tania è l'ultima persona che potrebbe affiancarsi a quella filosofia di vita calma, tranquillità ed equilibrata. Glielo vedi nei movimenti frenetici che fa, in quello sguardo sempre allucinato ed euforico che l'accompagna tutto il santo giorno, e poi l'ho vista una volta litigare con Ricky... Se lo Yoga fosse una persona, la bandirebbe dal suo mondo senza pensarci due volte. Ma io non sono meglio di lei, ecco perché rifiuto il suo invito già da subito. Ho talmente tanto caos dentro da non riuscire a nemmeno a controllare i miei stessi movimenti nevrotici, figuriamoci trovare un equilibro interiore per seguire una lezione di due ore dove la calma è la base di tutto. Conoscendomi mi farei sbattere fuori nell'arco dei primi dieci minuti.

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