Capitolo 19 (Prima parte)

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"La paura nasce da un solo e unico sentimento:
quello di perdere qualcosa o qualcuno."

-Mayson Cole-

Emory -Oggi-

Il fracasso dei vassoi che strusciano sui tavolini e che vengono sbattuti riecheggia in tutta la mensa, il chiacchiericcio concitato dei ragazzi rimbomba ovunque attirando l'attenzione di quasi tutti gli atri tavoli. L'intero istituto è in fibrillazione per la partita di basket di stasera, la prima del campionato che si terrà proprio nel nostro campo, e le ragazze sembrano aver inghiottito mascara e rossetto al posto del latte più degli altri giorni; si chiudono in circolo attorno ai nostri giocatori e si comportano come delle oche a cui è appena finito il ciclo mestruale. Sono abituata ad osservare questa loro pochezza femminile ma oggi sembra che stiano superando il limite dell'inverosimile. Credono che comportandosi in questo modo attireranno di più la loro attenzione, che magari qualcuno di loro ad ogni canestro che farà alzerà il dito e lo punterà su quella che gli ha rubato il cuore dedicandole il punto appena fatto, ma non hanno ancora capito che non è così che funziona. Sopprimono loro stesse per un po' di visibilità, tradiscono chi sono realmente solo per farsi guardare da più persone messe insieme, e per una ragazza guardare la propria specie comportarsi in questo modo è a dir poco vergognoso.

Se fossi io il ragazzo con l'uccello e le palle lo schiferei un comportamento del genere, ma i maschi che sto osservando se la ridono invece, si scostano dal tavolo per permettere a quelle bambole umane di sedersi sulle loro gambe e i cori aumentano sempre di più ogni volta che questa scena accade.

Al centro di quel tavolo una mano si alza e mi saluta strizzando l'occhio e tutto quello che riesco a fare è rivolgergli una smorfia schifata e scivolare con la testa sul tavolo. Non avrei mai creduto che Deven avesse un quoziente di intelligenza così basso da potersi mischiare con quella massa di idioti. Ma loro lo adorano. Tutto quello che ha fatto al liceo e nel primo anno qui alla Clevelend State University è rimasto nei ricordi di tutti. Ogni punto segnato, ogni avversario sorpassato, ha scritto qualcosa nella storia del basket di questa città. Ci sa fare, e lo so bene quanto vale perché ci sono cresciuta osservandolo sotto il canestro fuori casa sua, ma il comportamento che sta adottando ora è solo quello del coglione montato come il resto della sua squadra.

Più i secondi passano, più le voci si alzano e più tutto diventa patetico e rumoroso, e la voce squillante di Callie –che non ha smesso un attimo di blaterare da quando le ho raccontato della giornata di ieri- dà l'ultimo tocco magico per farmi scoppiare la testa. Alterna ramanzine sul fatto che sarei dovuta andare dritta alla polizia ad attacchi di euforia per come si è conclusa la serata. Mi preoccupano questi suoi cambi d'umore improvvisi ma quando glielo faccio notare l'unica risposta che ottengo è che sta ancora assimilando tutto.

In realtà, anche se non lo do a vedere, sto ancora assimilando tutto anche io.

Rigiro la matassa di spaghetti scotti; il sugo è talmente poco che copre a malapena la metà del piatto, i fili di pasta continuano ad appiccicarsi l'un l'altro ogni volta che provo ad alzarne una forchettata, fino a che non lo sento rivoltarsi lo stomaco per lo schifo che sono alla vista, e alla fine spingo anche questo piatto lontano dal mio naso. Mi fa incazzare il fatto che continuiamo a pagare questa roba quando loro continuano a servirci queste cose incommestibili.

«Cos'è, l'amore ti ha già chiuso lo stomaco?» Il viso di Callie oscura tutto il resto della sala mentre si tira avanti piegando la testa. I capelli rossi, più sbiaditi del solito, le scendono di lato e svaniscono oltre il tavolino bianco. Non è che l'amore mi ha chiuso lo stomaco, è colpa del cibo che fa schifo e del fatto che lui, oggi, non ha seguito nemmeno una lezione. L'ho cercato nei corridoi, non fisicamente chiedendo in giro di lui ma solo con lo sguardo. Ho setacciato le aule con le porte aperte mentre ci passavo davanti, tenuto d'occhio il suo armadietto perennemente solitario e osservato uno ad uno i ragazzi in fila mentre riempivano i vassoi.

I Ricordi che ho di teWhere stories live. Discover now