ALICE l.h

By Lollasmiao

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Alice ha diciassette anni, ha tutto sotto controllo e un destino già scritto. E' lei l'artefice del proprio d... More

0 Prologo
II 'L.H.'
III 'La lista'
IV 'Scala Sud'
V 'Cadute ridicole'
VI ' Stesso carattere '
VII 'Fango'
VIII 'Bagni notturni'
IX 'Festa'
X 'Inaspettato'
XI ' Qualcosa non mi torna'
XII 'Whitby'
XIII 'Paure'
XIV 'La tela del ragno'
XV 'E' un gioco'
XVI 'Stiamo ancora giocando?'
XVII 'Jenna'
XVIII 'Attento alla mira'
XIX 'Correre veloci'
XX 'Perdere il controllo'
XXI 'Sei come pensavo'
XXII 'Hai la verità sotto al naso'
XXIII 'Non ci capisco più niente'
XXIV 'Casa Lucas'
XXV 'Non ho mai..'
XXVI 'Teorie'
XXVII 'Dobbiamo parlare'
XXVIII 'Discussioni e confessioni'
XXIX 'Non scappare'
XXX 'Un tranquillo giovedì'
XXXI 'Lo dicono tutti'
XXXII 'Indossi dei bruttissimi pantaloni'
XXXIII 'Dove diavolo siamo finite'
XXXIV 'Enigmi'
XXXV 'Fermami'
XXXVI 'E' solo l'inizio'
XXXVII 'La verità'
XXXVIII 'La vendetta ha il suo tempo'
XXXIX 'Scommesse'
XL 'Senza titolo'
Epilogo

I 'Camera duecentosei'

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By Lollasmiao


E' il giorno. E' proprio questo il giorno. No, non lo è, si lo è. Ecco sto già impazzendo. Nemmeno ho messo piede in quella prigione che quel meraviglioso dépliant colorato descrive come un luogo di pace ed educazione, che già sono impazzita. Ieri è stato un giorno strano, non sono uscita di casa. In fin dei conti i miei amici potevano essere avvertiti con un semplice messaggio, nient'altro. Tanto la questione amici è relativa, tra poco perderò persino il nesso con il mondo, che senso ha avere degli amici?!

-Basta!- mi alzo parlando da sola.

Sono le otto del mattino e sono in ritardo. Potrei fingermi malata! Cerco una malattia efficace su google ma le uniche cose che escono fuori dalla mia ricerca frettolosa includono la morte. Okay niente malattie. Potrei..? No, non posso fare niente. Mia madre ha bloccato persino la mia finestra dall'esterno, non posso nemmeno darmi alla fuga. Da dopo quella volta che ho violato il coprifuoco uscendo dalla finestra per imbucarmi ad una stupida festa, hanno deciso di rinforzare ogni serratura di casa. Che simpatici.

-Spero che tu ti stia vestendo!- sento la voce ovatta di mia madre provenire da dietro la porta chiusa.

-Sto tentando il suicidio!- grido arrabbiata finendo di gettare i vestiti nella valigia.

-Non sporcare le piastrelle del bagno cara.- ride mio padre.

Si divertono? Si prendono gioco di me? Ridono delle disgrazie che stanno per provocare alla loro bellissima ed intelligente quanto simpatica figlia?! Mi vesto velocemente, non mi interessa apparire carina o ben sistemata. Quando scendo per la colazione mia madre mi guarda male.

-Che c'è?- chiedo in malo modo prendendo una tazza di caffè latte.

-Ti vesti così?- chiede alzando un sopracciglio osservando i miei jeans scuri.

-Allora? Tanto mi state mandando in prigione!- piagnucolo guardando il telefono.

Per un secondo sono ferita dal fatto che nessuno abbia preso la notizia del mio imminente viaggio come importante. Nessuno si è precipitato fuori dalla mia porta per salutarmi. Bene altre persone da aggiungere alla mia lista nera. Tanto ho tre mesi di tempo per architettare la mia vendetta contro tutti.

-Alice non è una prigione, è una scuola educativa.- mi guarda serio mio padre.

-Sparsa nel nulla! Nel nulla! Intorno non c'è niente! Sono sicura che nemmeno il telefono prende.-

-Non puoi portare il telefono... Non lo sapevi?- ridacchia Aaron.

-Cosa?- rido. -State scherzando.-

-Non proprio sorellina, si vede proprio che non ti informi mai di niente.- Adam mi sorride fintamente.

Sto per ribattere acidamente quando mia madre mi guarda male. Sbuffo e spengo il telefono, cercando di nasconderlo nella valigia che è estremamente grande. Forse ho portato troppe cose ma non si sa mai. Insomma potrebbe esserci un'apocalisse, devo avere i miei vestiti migliori!

Quando saliamo in macchina maledico il fatto che nessuno dei miei cosiddetti genitori abbia avuto la decenza di riflettere sulle loro azioni.

-Potrei morire e voi non lo sapreste mai!-

-Quanto sei tragica Alice, sei uguale a tua nonna.-

-Oh grazie.- mi ha appena paragonata alla nonna pazza della famiglia?

Mi addormento sui sedili scomodi dell'auto, non so nemmeno dove sia questo stupido posto.

Qualcuno mi picchietta sulla spalla, quando apro gli occhi faccio fatica a tenerli aperti. Il sole mi acceca e mi costringe a strofinarmi gli occhi chiari. Quando metto a fuoco il luogo in cui siamo ho un imminente bisogno di gridare. Un enorme palazzo di pietra scuro fa da sfondo ad un immenso giardino estremamente verde. Quando mi volto noto un cancello alto almeno tre metri in pietra. Si è una prigione, è una grande e troppo verde prigione.

-Quello..- sussurro osservando il muro imponente.

-Quello è il cancello.- ride mia madre. -E' un bellissimo posto non trovi Charles?-

-Si cara, molto bello. Credo che la nostra bambina si divertirà qui.-

-State scherzando? Perché non rimanete con me e poi vediamo se è divertente come dite.-

-Buongiorno signori Lancaster, sono la direttrice del collegio.- una donna sulla quarantina ci sorride. Ha i capelli biondo lucidi ed un completo grigio antracite che potrebbe benissimo disgustare chi gliel'abbia venduto. Non è illegale vestirsi così? Non viola qualche codice etico dell'abbigliamento?!

-Direttrice è un piacere conoscerla. Questa è nostra figlia, Alice.- mia madre si dimostra sempre essere una donna estremamente gentile. Con gli altri ovvio.

-Benvenuta nella tua casa per i prossimi tre mesi.- è inquietante, questa donna è inquietante.

-Voleva dire prigione.- borbotto ricevendo un'occhiataccia dai miei genitori.

-Vi lascio ai vostri saluti. Alice quando hai finito, vieni nel mio ufficio.- sorride affabile. Ovvio che è gentile, in fin dei conti per quanto costa questo inferno deve esserlo per forza.

Ci abbracciamo goffamente.

-Ti prego Alice, ti chiedo un solo favore. Comportati bene.- sussurra mia madre.

-Si, si. Mi comporterò bene.- alzo gli occhi al cielo. Sto già preparando un piano di fuga.

Salgono in macchina e mi lasciano sola con una valigia enorme in un luogo assurdamente inquietante. Siamo nel duemilasedici mica nella seconda guerra mondiale, potrebbero anche modernizzarsi un po'!

Cammino con difficoltà sul sentiero fatto di sassolini bianchi, sbuffo ed impreco. Non ho voglia di guardarmi intorno, più tardi avrò tutto il tempo per farlo. La mia prossima casa, questi sono totalmente pazzi.

Il soffitto è ampio, i muri bianchi ed il marmo lucido mi inquietano. Ci sono troppe rampe di scale antiche, poster con ragazzi sorridenti e piante finte. Manca semplicemente una camera delle torture stile ospedale psichiatrico e poi siamo a cavallo. Che bello! Vorrei gridare per la frustrazione.

-E' un fottuto inferno.- piagnucolo.

-Ancora non hai visto le stanze.- una ragazza mi sorride.

Sto per svenire me lo sento.

La guardo, ha i capelli ricci castano scuro e gli occhi verdi. Qualche lentiggine e un sorriso strano.

-Ci manca solo che ti picchiano con un righello e poi benvenuti all'inferno!- sto delirando.

-Non è così male invece.-

-Oh certo. Se non fosse stata così male avrebbero potuto anche definirla come  una scuola e non come un collegio.- la guardo male.

-Sei un tipetto tutto pepe! Finalmente!- quasi saltella.

-Sei bipolare?- chiedo seriamente. Le persone così mi mettono ansia.

-E tu sei sempre così acida?- chiede alzando un sopracciglio.

-Non sempre. Puoi mostrarmi l'ufficio della direttrice?- sospiro sconfitta. 

Almeno un'amica posso farmela. Annuisce e mi guida tra i corridoi ampi, grandi finestre illuminano le mura spoglie. E' elegante e macabro allo stesso tempo. Busso sulla porta scura e aspetto che la bionda con il completo orrido mi apra. Mi ricorda vagamente il preside di scuola.

-Oh Alice vedo che hai conosciuto Cassandra.- suppongo che questa Cassandra sia la ragazza al mio fianco.

-Posso mostrarle l'edificio quando ha finito di spiegarle come funziona questo posto.- sorride eccitata. Secondo me non è una ragazza normale. No. Per niente.

-Grazie mille Cassandra, ora puoi andare.- la dilegua e mi fa cenno di entrare.

-Ho parlato con il preside della tua scuola Alice, è strano che in una scuola così prestigiosa ci siano ragazze dal tuo temperamento.- riflette guardandomi.

-E con questo?- chiedo stizzita.

-Era una semplice constatazione.- sospira. -Ogni mattina dalle otto alle dodici ci saranno le lezioni, dalle dodici alle tre del pomeriggio il tempo libero, dalle tre del pomeriggio sino alle diciotto i laboratori. Poi cena e tutti a dormire.- sorride soddisfatta.

-Cosa? Che fate dopo cena ci mettete qualche spettacolo in televisione? Abbiamo per caso settant'anni? E' un ospizio?- non posso trattenermi.

-E' un luogo di educazione, non è un parco giochi. Ci sono delle regole che vanno rispettate Alice. Non ci troviamo più a casa o a scuola. Qui siamo molto seri.- è soddisfatta della sua risposta.

-E il fine settimana cosa si fa?- chiedo affranta. Cioè devo sembrare affranta.

- Qualcosa di diverso, spettacoli, karaoke.- alza le spalle tranquilla.

Rimango interdetta. Ma non posso far altro che rimanere in silenzio. Mi passa la chiave della mia stanza e mi dice che è al secondo piano, quando le chiedo dell'ascensore risponde che ho due braccia e che posso usarle. Si crede simpatica? Vuole vedere come uso le mie braccia?! Magari per strozzarla?

-Come è andata? In che camera sei?- chiede la riccia felice.

-Nella duecentosei.- borbotto trascinando con fatica la valigia.

-Io sono nella duecentocinque!- mi aiuta a portare la valigia.

Scalino dopo scalino, imprecazione dopo imprecazione, entriamo in quella che è la mia stanza.

-Oh mio Dio.- sono affranta.

-E' uno stile classico, non è male. Il letto è comodo.- alza le spalle come se fosse una cosa normale.

-Hai una corda?- chiedo velocemente.

Scuote la testa confusa. -Perché?-

-Vorrei impiccarmi.- ridacchia e mi lascia sola.

Ho un letto, una scrivania e un armadio. Bello, interessante. Minimal, osservo ironica. Esco in corridoio e busso alla sua stanza.

-Cosa si fa ora?- chiedo velocemente.

-E' sabato! Ci sono le presentazioni dei nuovi arrivati.- sorride.

-Da quanto sei qui?- chiedo sconfitta.

-Da ieri, ma ogni anno ci vengo. E' come una vacanza.-

-Sei pazza?-

-No Alice, sono semplicemente una persona che si adegua.- sorride ancora.

-Ti sottopongono a qualche specie di intervento mentale? Come può piacerti un luogo del genere?-

-Lo scoprirai stasera.- mi fa l'occhiolino e per un secondo mi sembra una ragazza della mia età.

-Come mai sei qui?- chiedo spontaneamente.

-Quando ero più piccola ero ingestibile, avevo un carattere troppo turbolento, così mi hanno mandata qui. Il primo anno è stato assurdo ma poi pian piano mi sono abituata. E' diventato un luogo felice.- alza le spalle.

-Non credo che mi abituerò mai.-

-Mai dire mai Alice, potrebbe piacerti veramente tanto.- mi guarda, ha lo sguardo di chi ne sa una più del diavolo.

-Dici? La sera che facciamo tornei di carte e giochiamo a bocce?-

-Non essere così polemica. Non è un luogo di detenzione! Puoi farti degli amici, puoi anche uscire. Insomma è un convitto un po' antiquato.-

Mi butto sul suo letto e sbatto i piedi sul materasso.

Dopo la nostra breve conoscenza, camminiamo per i corridoi. Mi mostra le aule ed i famosi laboratori.

-Potresti iscriverti al mio!-

-Vedrò cosa posso fare.- studio le persone presenti nei corridoi. Alcune salutano Cassandra e mi sorridono. Sembrano tutti così felici di vivere in questo posto.

-Ah non ti ho detto una cosa!- sorride eccitata.

-Cos'altro può esserci?- rispondo retoricamente.

-Stasera ci saranno i ragazzi più grandi! Sono dei volontari, gestiscono anche i laboratori!-

-Oh che entusiasmo.-alzo gli occhi al cielo.

Ricapitolando.. Sono in una prigione stile gotica con ragazzi psicopatici che sono felici di stare qui dentro. Non potevo desiderare di più. Il sogno di ogni diciassettenne!

<('') nuova storia: Fine Line

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