Il Passante

By AmyCriFranti31

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COMPLETATA. Corrado e Beatrice. Due ragazzi, due compagni di classe, quasi due perfetti sconosciuti. Finchè a... More

Premessa
Ispirazioni e luoghi
1. La Biblioteca
2. Mattina
3. Aspetta!
4. Via del Crocicchio 27
5. Via degli Orti Neri 13
6. La cattedrale
7. Elias il Custode
8. Notturno
9. l'Hotel Commercio
10. Camera 21
11. Altre porte da aprire
12. L'Alto Consiglio
13. La città sull'acqua
14. Nella bottega di Zibone
15. Plantelle, cartacanti e bolle di vetro
16. Un'ottima cena
17. Esterno, notte
18. Storia di Tagliavento
19. Ricordi di Galeno
20. Risvegli
21. Le coincidenze
22. Simboli
23. Bagliori nel buio
24. Ricordi, segreti e rivelazioni
25. Mirene, racconto di Otto
26. Tasselli
27. Sangue rappreso
28. Astronavi
29. Pelle che brucia
30. La festa
31. Si alzi il sipario!
32. La luce del mattino
33. Padri, figli e mappe
34. Corvi, petali e vino cotto
35. Acquamara
36. Fango, rabbia e farfalle
37. Il trono di Aezio
38. Le parole di Otto
39. Silenzi, esplosioni e pigiami rosa
40. Passato, presente e futuro
41. Wanda
42. Appunti di una vita
43. Giostre di frutta e decisioni azzardate
44. La resistenza
45. Il terremoto
46. Vigilia di Natale
47. Serve un piano
48. Le prigioni
49. Dante e Beatrice
51. Le cinque dame
52. L'accampamento
53. Fuoco
54. Sulle acque del fiume
55. Nel cuore del bosco
56. L'ombra
57. Sorella Tucca
58. Streghe
59. Tramonti e notti di luna
60. Lo scudo
61. L'attacco
62. In frantumi
63. Ali, artigli e zanne
64. Lo spettro
65. L'amore non muore
Epilogo
Ringraziamenti

50. L'incanto

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By AmyCriFranti31

Fecero solo pochi passi nell'oscurità e si ritrovarono ben presto in una grande stanza nera.

Le pareti erano alte e lucenti, rivestite di piccoli tasselli che creavano un unico mosaico scuro. Neri erano anche il pavimento e il soffitto, da cui pendeva un lampadario acceso anch'esso nero.

Di fronte a loro c'era un'unica porta chiusa, proprio a metà della parete.

"Cos'è questo posto?" chiese Beatrice cercando di controllare l'inquietudine.

Raggiunsero il centro della sala, sotto il lampadario. Le candele erano nere ma non bruciavano. Sopra ognuna di esse splendeva un piccolo Lume.

"Sembra una specie di ingresso" osservò Carlo.

"Credo che dovremmo aprire quella porta" disse Corrado indicando la porta di legno proprio di fronte ai loro occhi. Si fecero coraggio e si mossero in direzione della parete. C'era un grande silenzio e l'unico rumore percepibile era quello dei loro passi sul pavimento lucido.

I tre raggiunsero la porta e Beatrice afferrò la maniglia. La abbassò lentamente temendo quello che si sarebbe potuto celare dall'altra parte ma una volta aperta con grande sorpresa si ritrovarono nuovamente nella medesima stanza nera.

"Mmh, bene" disse Carlo osservando le stesse identiche pareti di poco prima.

La porta si richiuse con un tonfo alle loro spalle.

Andarono verso il centro della stanza, rividero lo stesso lampadario con i Lumi immobili che splendevano sopra ogni candela. Si avvicinarono di nuovo alla porta di legno che li attendeva sulla parete opposta. La aprirono senza pensarci troppo su.

"Cos'è uno scherzo?" disse Corrado dopo avere riconosciuto di nuovo la stessa stanza di prima.

Beatrice corse nuovamente verso la porta di legno e la spalancò, gli altri le andarono dietro senza dire una parola.

La stanza nera era ancora lì ad attenderli.

"Non è possibile! Non possiamo essere già bloccati qui!" disse agitandosi.

Tornò indietro e provò ad aprire la porta da cui erano usciti poco prima ma era bloccata.

"Possiamo solo andare avanti" disse Corrado abbassando la maniglia sulla parete opposta.

Fu del tutto inutile.

Riprovarono ancora per una decina di volte correndo disperati all'interno di quella medesima stanza. I loro passi riecheggiavano sul pavimento e la maniglia della porta emetteva ogni volta lo stesso cigolio.

"Come ne usciamo adesso?" chiese Carlo guardandosi intorno.

"Non ne ho idea, forse è una specie di labirinto" provò a spiegarsi Corrado.

"Perché torniamo sempre qui?" chiese Beatrice cercando una via di fuga con lo sguardo smarrito.

"Aspettate!" disse Corrado.

Si tolse lo zaino e lo aprì accucciato sul pavimento, cominciò a rovistare al suo interno finché dopo qualche secondo ne estrasse il Pilotto di metallo donatogli da Galeno.

"Mi serve qualcosa di piccolo, qualcuno di voi ha una moneta?" chiese.

Beatrice frugò nelle tasche e afferrò una piccola moneta da due centesimi.

"Ti basta?" chiese.

"Certo" rispose Corrado.

"Che cosa vuoi fare?" chiese Carlo.

"Hai presente Pollicino?"

"Vuoi lasciare delle tracce?" chiese Beatrice.

"Se questa è davvero la stessa stanza, troveremo la stessa moneta" disse rimettendosi lo zaino in spalla.

"Giusto!" esclamò Beatrice.

Corrado inserì la moneta nel pilotto e lo richiuse. Dopo un attimo lo aprì e ne trovò due. Prese la seconda e la buttò a terra.

Quella tintinnò per qualche secondo prima di posarsi sul pavimento davanti ai loro occhi.

"Andiamo" disse avviandosi verso la porta. Beatrice e Carlo lo seguirono speranzosi.

Aprirono la porta e si avviarono al centro della stanza. Controllarono il pavimento ma della moneta non v'era traccia.

"Avevo ragione non è la stessa stanza!" disse Corrado trionfante.

"Quindi dobbiamo solo proseguire, prima o poi arriveremo da qualche parte" disse Beatrice correndo verso la porta di legno.

Continuarono così per un bel po' di tempo, oltrepassando porte e seminando monete sul loro cammino.

Avevano quasi perso le speranze quando l'ultima porta si aprì finalmente su qualcosa di nuovo. Anche se il paesaggio che avevano di fronte li lasciò atterriti.

"Oddio! Che cosa è successo qui?" esclamò Beatrice oltrepassando la soglia.

Davanti ai loro occhi si estendeva Camarelli. Il loro sguardo poteva spaziare dalla Cattedrale fino ai campetti sportivi, passando sopra alle vie del centro storico e alla Piazza Centrale, ai giardini e alla Biblioteca come se potessero osservare la città da un'altura.

Era completamente distrutta.

La Cattedrale aveva un'enorme voragine aperta sul tetto e il campanile era crollato a terra per metà. Nei giardini gli alberi erano bruciati e anneriti, mentre la Biblioteca era un cumulo di macerie. Per le strade c'era solo polvere e un forte odore di bruciato, come se un incendio devastante avesse colpito l'intera città divorandola tra le fiamme.

Fecero qualche passo in avanti e si ritrovarono inspiegabilmente a livello della strada.

"Non è reale vero?" chiese Beatrice.

Carlo si mosse piano oltre il sagrato.

"Non credo, ma fa paura come se lo fosse".

Camminarono avanzando lentamente tra le vie della città distrutta, mentre le loro scarpe si ricoprivano di polvere e fuliggine.

"Credete che possa essere una specie di visione?" chiese Corrado mentre il suo sguardo si posava sui numerosi volumi inceneriti, ammassati fuori dalla biblioteca.

"Una visione del futuro intendi?" chiese Beatrice.

Corrado non rispose, continuò a camminare osservando quei muri e quegli edifici che conosceva benissimo e che ora la sua mente faceva fatica ad accettare come familiari. Provava quasi dolore nel vedere tutta quella pietra nuda pararsi davanti ai suoi occhi come uno scheletro di un qualche animale.

"Che strano, ho come la sensazione che questo posto ci senta" spiegò Carlo.

"Cioè?"

"Non lo so, credo che ci percepisca in qualche modo. Che senta la nostra paura e ce la stia mostrando"

"E se invece tutto questo si avverasse? Voglio dire, se non fosse solo una suggestione?" chiese Beatrice indicando con le braccia una zona imprecisata di fronte ai loro occhi.

"Sarebbe orribile" rispose Corrado. "Credo che questa sorte non toccherà solo Camarelli, se non facciamo qualcosa per impedirlo".

Camminarono in lungo e in largo tra le rovine della città, percorsero la via principale e videro i negozi serrati, almeno quelli che non erano andati distrutti. Passarono davanti alla vetrina del negozio di fiori di Otto, l'interno era andato in fumo e sul marciapiede tra i calcinacci restava solo l'insegna metallica con il simbolo di Mezzanto annerito dal fuoco.

Carlo lo raccolse e lo pulì con la mano rivelando le morbide anse del fiume che percorrevano la vallata.

"Mezzanto" disse fermandosi al centro del marciapiede.

"Spero che il vostro amico Otto non si sia sbagliato" continuò. "Sapete, non mi è ancora del tutto chiaro il perché abbia detto quello che ha detto, in fin dei conti lui nemmeno sapeva che mia madre avesse avuto un bambino o mi sbaglio?" chiese.

"Non credo che lo sapesse, ma credo che se lo augurasse con tutto il cuore. Se ci pensi è stato lui a ridurre Aezio in quel modo, lui ha estratto il Nucleo, lui ne conosceva il potere ma anche la debolezza" disse Beatrice.

"Francamente mi viene difficile pensare a qualsiasi debolezza, mi sembra solo spietato e disumano, ti ricordo che mi avrebbe ucciso se non fosse stato per te" disse Corrado.

"Sì, è spietato, crudele e pazzo. Ma deve avere un punto debole e se Otto era convinto che tu Carlo saresti stato il suo tallone d'Achille, io ci devo credere. Non abbiamo altro" rispose Beatrice mentre una leggera polvere grigia si posava lentamente su di loro.

"Spero che abbiate ragione. Ho passato tutta la mia vita a sentirmi a disagio in ogni situazione e ora che finalmente so chi sono veramente scopro di essere il nipote di un pazzoide assassino. Solo l'idea di vederlo mi terrorizza" disse Carlo posando l'insegna a terra.

"Non sei solo ok?" disse Beatrice cercando di infondergli un po' di coraggio.

"In questa cosa ci siamo dentro tutti fino al collo" continuò Corrado. "Ora però meglio proseguire".

Camminarono ancora lungo la via e poi discesero verso il fiume. Si fermarono vicino ai campetti dopo circa mezz'ora per bere un po' d'acqua. Dopo essersi dissetati si guardarono intorno cercando di capire come proseguire. In quel momento il vento cominciò ad alzarsi sollevando una nube di polvere nell'aria.

"Accidenti!" disse Beatrice. "Meglio se cerchiamo un riparo!".

Corrado si tirò su il cappuccio della felpa e cercò di ripararsi gli occhi con le braccia. Corsero lungo l'edificio che una volta ospitava le piscine e che ora aveva lasciato il posto ad una voragine nel terreno che aveva tutta l'aria di una bocca spalancata pronta a divorare il mondo intero.

Raggiunsero la zona degli spogliatoi dove alcuni muri erano rimasti in piedi. Ci si infilarono dentro mentre il vento soffiava ormai fortissimo.

Il soffitto era intatto mentre la porta d'ingresso era stata divelta. Trovarono una stanza buia semidistrutta ma che offrì loro un riparo da quella tempesta di polvere che aveva annebbiato il cielo e la vista.

"Se penso che Galeno lo fa per lavoro!" esclamò Corrado buttandosi in un angolo.

"Se penso che mia madre lo faceva per dispetto!" aggiunse Carlo.

"Tua madre dev'essere stata una tosta, una davvero in gamba" disse Beatrice.

"Già, vorrei averla conosciuta, avrei tante cose da chiederle ora".

Il vento continuava a soffiare mentre il cielo stava diventando sempre più scuro e minaccioso.

Beatrice si sedette accanto a Corrado e cercò di aggiustarsi i capelli, per l'occasione li aveva raccolti in una treccia ma alcune ciocche sfuggivano e lei cercava invano di trattenerle dietro le orecchie imbrattandosi il viso di cenere.

"Stai facendo un casino" le disse Corrado indicandole il volto.

Beatrice osservò le dita nere e cercò di pulirsi il viso con la manica del giubbino, peggiorando la situazione.

"Aspetta..." disse Corrado sorprendendo anche sé stesso.

Beatrice annuì allungando il viso verso di lui. Corrado tirò fuori un lembo di felpa dal polsino del giubbotto e lo passò sul viso di Beatrice cercando di togliere i segni neri.

"Così non sembrerai in assetto da guerra" disse una volta finito.

"Potrebbe servire" rispose lei.

Gli occhi chiari di Corrado risaltavano ancora di più dentro a quella stanza buia e Beatrice non poté fare a meno di notare che i suoi capelli biondi non erano più tanto corti.

"Ragazzi! C'è qualcosa laggiù!" disse all'improvviso Carlo guardando fuori da quella che un tempo era una finestra e che ora era solamente un'apertura nella pietra viva.

"Che cos'è?" chiese Corrado osservando un piccolo punto rosso in mezzo a tutta quella desolazione grigia.

"Non riesco a capire ma credo che dovremmo controllare da vicino" rispose Carlo.

Con coraggio ripresero gli zaini, cercarono di coprirsi il viso e gli occhi con delle sciarpe e uscirono all'esterno.

Decisero di percorrere il letto del fiume che costeggiava l'edificio. Non v'era traccia di acqua, il fiume era completamente prosciugato e dove una volta sorgevano i piloni di cemento che sostenevano il ponte che lo attraversava ora c'erano solo due grossi buchi nel terreno, come se una mano gigantesca avesse sradicato il ponte dall'alto portandoselo via.

Corsero velocemente in direzione di quel puntino rosso. Via via che si avvicinavano diventava sempre più spigoloso, assomigliando del tutto ad un rettangolo.

Il vento e la polvere non rendevano per niente facile avvicinarsi all'obiettivo ma dopo qualche minuto ecco che si trovarono di fronte all'ennesima porta.

Era solo una porta rossa, piantata in mezzo al terreno senza niente dietro che potesse far pensare ad un ingresso o un'uscita. Era una porta che dava sul nulla, almeno così sembrava.

Finché non la aprirono.

Davanti ai loro occhi una discesa ripida di scale di pietra li invitava a scendere verso il centro della terra.

"Non credo sia una buona idea andare lì sotto" osservò Beatrice terrorizzata dagli spazi angusti.

"Non abbiamo altro" rispose Carlo.

Beatrice si fece coraggio e seguì gli altri due richiudendo la porta dietro di sé.

Il rumore del vento cessò lasciando posto al silenzio e ad un tintinnare d'acqua. Beatrice appoggiò la mano alla parete grigia e si rese conto che era bagnata. Il soffitto gocciolava creando piccole pozze ai loro piedi.

Pur non essendoci nessuna fonte di luce le scale erano illuminate, come se la luce permeasse nell'aria. Cominciarono a scendere i gradini lentamente, uno ad uno. Scesero, ancora e ancora finché ad un certo punto le scale cominciarono a risalire verso l'alto. L'odore di quell'ambiente ricordava l'interno di una grotta, era terroso e metallico.

Salirono per un po' prima di raggiungere una specie di pianerottolo piuttosto ampio dal quale partivano altre scale di pietra, alcune salivano mentre altre puntavano verso il basso.

Beatrice si sentì mancare l'aria nel vedere tutti quei corridoi di pietra grigia senza nemmeno una finestra.

"Ragazzi non credo di farcela" disse con il terrore negli occhi, mentre sentiva il respiro che le si strozzava nei polmoni.

"Stai calma ok? Ne usciremo presto, dobbiamo solo continuare a camminare" le disse Carlo avvicinandosi.

Beatrice chiuse gli occhi e cercò di controllare l'agitazione. Cercò dentro di sé la calma e la concentrazione, come le aveva più volte insegnato a fare sua nonna. Pensò ad Adriana e al suo sorriso, a quanto già le mancasse. Si fece forza, riaprì gli occhi.

"Ok, non fermiamoci, lo sopporto meglio se continuiamo a camminare" disse mettendosi di nuovo in moto.

Continuarono a salire e scendere, incrociando pianerottoli e corridoi. Non avevano nessuna idea di dove stessero andando, avevano completamente perso il senso dell'orientamento e non c'era nulla in quel posto che assomigliasse ad un'uscita. Era solo un labirinto di corridoi e scale di pietra grigia, umido e freddo.

Dopo mezz'ora di pellegrinaggio su e giù per le scale, esausti si fermarono arrancando in cima ad una gradinata particolarmente ripida.

Si buttarono a terra cercando di riprendere fiato quando sentirono alcune voci.

"Avete sentito?" chiese Corrado con gli occhi sbarrati.

"C'è qualcuno" gli fece eco Carlo.

Rimasero ad ascoltare per un po' in silenzio cercando di carpire da dove provenissero quelle voci confuse.

"Febo!" disse una voce di donna. Sembrava vicinissima.

Si alzarono tutti insieme con lo sguardo atterrito e il cuore che batteva.

"Febo" sentirono di nuovo.

Carlo bianco di paura non rispose ma guardò gli altri due incerto sul da farsi.

"Vai via da qui" disse la voce.

"Chi sei?" chiese Carlo trovando il coraggio di parlare.

"Eri così bello"

"Chi sei?"

"Ti avrei protetto da tutto questo Febo"

"Mamma? Sei tu mamma?" chiese Carlo con la voce che faticava ad uscire dalla sua gola.

Corrado si guardava intorno cercando di seguire la voce con lo sguardo, ma quella andava e veniva come se stesse volteggiando.

"Vieni via di qui, vieni con me"

"Mamma dove sei?"

"Vieni con me".

Carlo era come in preda ad un'allucinazione e si incamminò verso il corridoio dove la voce sembrava essersi infilata.

"Carlo aspetta!" urlò Corrado.

Carlo però non ascoltava più nessuno tranne quella voce dolcissima che lo attirava verso il fondo del corridoio. Correva come un pazzo cercando di raggiungerla, ma quella fuggiva lontano ogni volta che pensava di averla afferrata.

Corrado e Beatrice gli corsero dietro finché non giunsero in un grande spazio aperto circondato da una balaustra. Si erano lasciati alle spalle il labirinto di corridoi e ora poggiavano i piedi su qualcosa di molto simile ad un largo terrazzo di pietra coperto. Sulle loro teste una volta di roccia scura fungeva da soffitto e l'acqua continuava a gocciolare dalle numerose stalattiti che puntavano verso il pavimento come lance minacciose.

Beatrice in affanno si fermò rincuorata da quella vista decisamente più ampia e fece appena in tempo a rilassarsi quando vide Carlo poco lontano arrampicarsi sulla balaustra, oltre la quale si tagliava solo una luce bianca e sconfinata.

"Carlo! No!" urlò appena prima che lui si buttasse di sotto.

Corrado si precipitò a guardare con il cuore che scoppiava.

"Carlo! Carlo!" urlava. Ma lui non rispondeva. Sotto i loro occhi c'era solo un'immensa distesa bianca come un foglio di carta.

"Carlo!" urlava disperato Corrado.

"Dov'è?" chiese Beatrice con le mani fra i capelli.

"Si è buttato! Si è buttato! Perché si è buttato? Accidenti!" urlò Corrado dando un calcio alla balaustra di pietra.

Beatrice guardava giù cercando di individuare qualche segno di Carlo ma non vide niente tranne il bianco assoluto del paesaggio.

"Che facciamo adesso?" chiese smarrita e spaventata.

Corrado scuoteva la testa.

"Non lo so, io non lo so".

"Dici che è... morto?"

"Saranno cinquanta metri! Perché si è buttato!".

Si guardarono intorno per cercare una via d'uscita ma non videro nulla a cui potersi aggrappare, erano senza speranza e qualcosa stava per raggiungerli dal corridoio di pietra che avevano appena lasciato.

"Che cos'è?" chiese Corrado cercando di ascoltare.

Si sentivano delle voci in lontananza, come se ci fosse una folla che stava chiacchierando ad alta voce in mezzo ad una piazza. Il vociare si faceva ogni secondo più forte, si avvicinava, sembravano centinaia di persone tutte insieme.

Corrado e Beatrice guardavano terrorizzati l'apertura sul corridoio aspettandosi il peggio.

In quell'istante il pavimento cominciò a bagnarsi. L'acqua fuoriusciva dalle fessure della pietra e ben presto si ritrovarono con le scarpe fradice. Anche dal soffitto l'acqua iniziò a cadere abbondante, le gocce divennero rivoli e tutto lo spazio circostante cominciò a riempirsi come una piscina.

"Che sta succedendo?" chiese Corrado guardando la superficie dell'acqua che si increspava in più punti.

Dal corridoio cominciò ad entrare altra acqua a fiotti e lentamente il livello si alzò fino a raggiungere la balaustra. L'acqua si infilava tra le aperture nella pietra grigia e cadeva di sotto precipitando sul foglio bianco.

In quel momento qualcosa cominciò ad emergere lentamente dal lago che si era formato di fronte ai loro occhi.

"Che cosa sono?" chiese Beatrice indietreggiando.

Dallo specchio d'acqua emersero prima delle teste, poi dei volti, seguiti da colli, spalle e corpi. Donne, uomini, vecchi e bambini vestiti da capo a piedi e completamente inzuppati emergevano dall'acqua come sassi sulla battigia.

Le loro labbra si muovevano appena ma il rumore che producevano era assordante, si sentivano urla, gemiti, pianti disperati, insieme a risate isteriche, frasi senza senso, gente che sbraitava e chiamava aiuto.

Erano a decine e si avvicinavano minacciosamente a Corrado e Beatrice, avevano gli occhi fissi su di loro. Tutti color ghiaccio.

"Dobbiamo andare via da qui!" disse Beatrice.

"E dove? Dove andiamo?" rispose Corrado indietreggiando verso la balaustra.

Si guardarono negli occhi e capirono che quella era l'unica via possibile. Guardarono giù, era un salto vertiginoso, si sarebbero sfracellati a terra come uova.

"Dobbiamo saltare" disse Beatrice.

"Moriremo! Non possiamo buttarci!" disse Corrado.

"Guarda giù! Carlo non c'è! È solo un'illusione!"

"Come fai ad esserne sicura?"

"Non lo sono!".

Corrado sapeva di non aver alternative, la folla si stava per avvicinare, ancora pochi metri e li avrebbero raggiunti.

Beatrice saltò sulla balaustra e tese la mano a Corrado. Lui la afferrò e la raggiunse togliendosi dall'acqua. La folla era ad un metro da loro e alcune persone nelle prime file allungavano le mani per cercare di afferrarli. Una donna riuscì ad allungarsi fino ad afferrare la gamba di Beatrice.

Beatrice sentì un freddo pungente risalire lungo la schiena.

"Lasciala andare!" urlava Corrado cercando di colpirla con un calcio.

Quella si scansò appena e poi tornò alla carica con più veemenza di prima. Anche Corrado fu raggiunto da alcune mani che cercavano di afferrargli le caviglie. Si erano avvicinati a decine e cercavano in tutti i modi di trattenerli, allungavano le mani cercando di aggrapparsi ai vestiti, agli zaini. Erano ormai addosso alla balaustra e in pochi secondi li avrebbero trascinati nell'acqua affogandoli probabilmente.

"Dobbiamo saltare!" urlò Beatrice cercando di liberarsi dalla presa di quelle mani gelide.

Corrado assestò un calcio deciso alla donna che cadde nell'acqua e sprofondò schiacciata sotto i piedi della folla.

"Ok! Al mio tre!" urlò poi liberandosi dalla presa di quegli esseri viscidi.

Beatrice gli strinse forte la mano e lo guardò negli occhi, pensando dentro di sé che il suo volto sarebbe stato l'ultima cosa che avrebbe visto nella vita.

"Uno! Due! ...Tre!".

Saltarono, buttandosi verso quella distesa bianca e immacolata, sperando che si trattasse di ovatta.

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