È morto consapevolmente Noah. È morto guardandomi negli occhi, saturo di quel "ti amo" bastardo che è stata l'ennesima mossa non calcolata in un quadro di azioni spregevoli che ho compiuto pur di tenerlo con me. Ogni mio singolo sforzo, ogni mia rinuncia è stata bruciata da quello che provavo – che provo – per lui.

Ci sono passata molte volte, ho provato di tutto nella mia vita eterna e si può dire che con la stessa facilità con cui diventavo dipendente, mi disintossicavo. Non importa cosa: alcool, droghe, vizi. Non è mai importante cosa, ma il perché.

Con Noah non ci sono mai riuscita, con Noah sono diventata più tossica di quanto non lo fossi già di mio. E l'ho ucciso e mi ritrovo dopo quasi un giorno sottoterra a sperare, pregare, che lui si svegli.

Posso lavorarci sul fatto che lui mi odi. Davvero. Non posso fare nulla se lui non si risveglia. O meglio, dovrei cercare un negromante adatto per riportarlo indietro e proteggerlo meglio, ricominciare tutto da capo.

Mi fa male la testa. Sembro quasi morta in quella stasi in cui sono caduta, in attesa. Quasi non sento più nemmeno l'odore della terra che ci circonda, mi sono finora concentrata sull'odore del giacchetto di jeans che ho messo sopra le nostre teste per proteggerci dalla terra, sono una vampira e lui sarà un neonato, non abbiamo bisogno di respirare ma parlare sottoterra altrimenti sarebbe impossibile anche per noi.

E sono preoccupata. Se Noah dovesse risvegliarsi di giorno, sarebbe la fine per lui. Non ho pronto un anello solare per lui, la luce sarebbe letale per lui e di giorno il parco è pieno, pieno zeppo di umani. Il loro odore lo farebbe impazzire. Sto contando mentalmente quante ore di buio ci restano quando sento la presa della destra di Noah farsi più pressante contro il mio fianco sinistro. È questione di attimi prima che lui compia una sorta di respiro che gli va a riempirei polmoni anche se temo che di aria, qua sotto, non ce ne sia granché.

« Rosalie » la sua voce è affannata, confusa, titubante.

« Sono qui, Noah. Sono qui. » modulo la voce affinché sia più rassicurante possibile, per evitare che soffochi ancor prima di uscire dalla terra.

« Che... che succede? Dove siamo? È tutto così... »

« Intenso? Sì, lo so. » carezzo la sua nuca, devo stare bene attenta a ogni singola parola che uso perché questi sono i primi mattoncini del rapporto Progenie – Marker che ci legherà per tutta la nostra esistenza. « Noah adesso tu devi ascoltarmi bene. C'è una cosa che devi fare prima di ogni altra cosa. Mi capisci? »

Lo sento annuire nell'oscurità e socchiudo piano gli occhi. La mia mancina scorre contro la sua guancia, affonda poi fra i suoi capelli e ci sono tutta la mia presenza, il mio magnetismo che si impongono su Noah per tenerlo ancorato agli stimoli sensoriali che sono reali piuttosto che al panico. Il calore corporeo identico, il suo profumo che si staglia contro quella terra umida, il contatto contro il mio fisico. La vicinanza fra due Vampiri è tutto, c'è qualcosa che tifa stringere le viscere in una morsa dolorosa ma anche eccitante al contempo, piacevole. Quando poi si tratta del tuo Creatore tutto questo diventa un di più che crea quasi immediatamente dipendenza. È un rapporto ancora embrionale, tutto è nelle mani di Noah, è sua la scelta di uscire dalla fossa, di nutrirsi e completare la trasformazione. A me non resta altro che imporglielo sfruttando tutto ciò che Noah prova per me, piegarlo ai miei desideri per renderli funzionali allo scopo. E lo scopo è riavere con me Noah, il prezzo non importa. Sono disposta a qualunque cosa per riaverlo con me.

« La senti? Quest'odore di umido, un po' freddo? » lo sento annuire nuovamente. « È terra. Siamo sotto terra e tu, solo tu amore mio,puoi tirarci fuori da qui. »

« Io? Rosalie ma come posso io... »

« Puoi. Puoi e devi, Noah. Perché se non lo fai, noi non potremo più stare insieme. Sarà tutto stato inutile. Puoi, puoi perché ne hai la forza e le capacità. Puoi perché tu sei perfetto, Noah. » carezzo con più forza il suo viso in modo che si concentri solo sulla mia voce. « Sei perfetto. Non ti manca niente di niente e tu sei capace di salvarmi. Puoi farlo. Fallo per me. » sono meschina, me ne rendo conto. Sono meschina perché Noah, il mio Noah, mi ama genuinamente e io sto sfruttando i suoi sentimenti per farlo uscire da questa tomba solo per non perderlo. Solo per tenerlo con me. Solo perché non ho saputo dirgli addio, levargli i ricordi ed offrirgli una vita migliore. Una vita senza di me.

E invece è morto. Io l'ho ucciso. Questo pensiero mi tartassa il cervello come un trapano che non ha bisogno di pause.

Lascio il suo viso, apparentemente mi sto arrendendo a una morte che è impossibile che mi prenda, non ho alcunché di letale in circolo in questo momento. Io lo so, Noah no. Lui non deve saperlo ora.

È con un movimento secco che si rialza, sfrutta la sua fisicità per smuovere quel cumulo di terra che che era stata posizionata sopra di noi da Steve. Lo fa di impeto, incazzato come una bestia, butta via manciate di terra e in pochi istanti è libero, fuori dalla tomba. Sento l'aria fresca della notte solleticarmi il viso, socchiudo per un attimo gli occhi prima di sentire la sua mano toccarmi il polso.

« Esci. Ti aiuto io. »

« Il mio scimmione. Non avevo dubbi che ce l'avresti fatta. » è un piccolissimo sorriso il mio. Proprio piccolo, prima di uscire da quella fossa, sottosopra e sporca di terra.

Noah mi controlla come se dovesse accertarsi che stia bene, preoccupato più per me che per sé stesso.

« La tua ferita. » mi sfiora i brandelli del vestito in corrispondenza del punto dove Christopher mi ha sfondato la cassa toracica.Ovviamente non c'è più nulla, solo un vestito rotto e da buttare, ma non ho alcuna ferita. Le meraviglie della rigenerazione, no?

« È guarita. Come sei guarito tu. » allungo la mancina verso di lui, carezzandogli la curva della mandibola.

Mi fissa in maniera indecifrabile. « Sono come te, quindi? »

« Non ancora. » scuoto piano il capo. « Hai ancora una scelta, Noah. Ma non hai molto tempo per pensarci. »

Fissa il mio viso, fissa la curva del mio collo, lo scollo dell'abito, i brandelli insanguinati dello stesso. Lo so che sente: sangue.

« Guarda me. Negli occhi. »

« È difficile. Mi distrai. »

« Andiamo, Spencer. Un attimo mh? »

È combattuto, lo sento distintamente. Quando ti risvegli hai tremila input differenti che ti bombardano, il legame che si ha col Creatore precedentemente alla morte, poi, conta moltissimo. Alla fine vince qualcosa di diverso in lui, mi prende per il braccio e mi attira a sé mentre l'altra mano si infila nei miei capelli, attirando il mio viso al suo.

« Siamo uguali, adesso. Lo sento. » deglutisce. « Sento il tuo cuore. Sento il tuo odore. Sento il tuo sangue. Rosalie... » quasi trasognato mentre sembra seguire una scia di pensieri e desideri tutti suoi.

« Noah se non ti nutri subito, morirai e stavolta per davvero. »

« Dopo. »

« No, adesso. Abbiamo poche ore prima dell'alba e dobbiamo tornare a casa se non vuoi morire arrostito dal sole. »

Mi scansa di botto e mi fissa incazzato.

« Mi stai rifiutando, DI NUOVO, Rosalie?! »

« Vuoi morire davvero, Noah? Vuoi lasciarmi sul serio? »

« Una domanda in risposta a una mia domanda, di cosa mi stupisco. » pare ridere, scuotendo la testa.

« E allora ascoltami! Ti chiedo solo una cosa. » faccio un passo verso di lui, porgendogli la mancina. « Torna a casa con me. » prendo un'altra pausa, dove lo fisso e basta.  « Vuoi me? E allora scegli me, sul serio. »

Of the nightDonde viven las historias. Descúbrelo ahora