Capitolo 7

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La notte è bella, sapete? Ho sempre amato il buio, queste ore in cui la realtà prende contorni del tutto differenti. Di notte le paure prendono vita, i sogni si materializzano. Di notte i respiri diventano sospiri, gli sguardi bruciano sulla pelle, le carezze diventano piccole dichiarazioni sussurrate nell'ombra. Di notte le ossessioni sembrano più accettabili, diventano passioni motrici di vita, intenti ed azioni. Sono una creatura della notte, sono fatta di ombra, l'abisso è la mia casa, penso che questo sia oramai chiaro a chiunque. La notte, per me, è il mio momento felice, la culla in cui non mi stancherò mai di tornare.

Dall'alto la città di notte assume un fascino differente, è come una signora misteriosa che nasconde la sua storia, i suoi segreti e tu sai che c'è un mondo sommerso sotto quello sguardo ammiccante, ma non hai alcuna fretta di svelare quei misteri, ti piace tutto esattamente così. L'aria qui, su questo tetto, è migliore. Non c'è quella specie di cappa creata dalla vicinanza degli umani, la cacofonia dei loro profumi artefatti, o la puzza di smog. Su questo tetto, sono sola. Osservo lo scorrere degli eventi sotto di me, mi faccio forte della mia invisibilità, di quella protezione che le ombre mi stanno donando. Mi piace starmene per conto mio, lo faccio sempre, ma in questi giorni di più.

Non sento Noah da una settimana, cinque giorni da quella specie di festa nel bosco. Il legame con Logan è un filo sottilissimo che non aspetta altro di essere spezzato, non lo sento quasi nemmeno più. Ha cercato ancora di parlarmi, me lo sono ritrovata davanti casa il giorno dopo quella festa. Inutile dire che non riesco più a vedere in lui un briciolo di quell'amore che mi ha spinta a rinunciare a tutto per lui. Non lo so, vi giuro io non so dirvi come siamo arrivati a questo punto. Se ripenso a quello che è stato, a quando ho incontrato Logan, mi sembra impossibile che lo stesso uomo sia quello che adesso mi fa tutto questo. Non sembra rimasto niente di quel Logan che ho incontrato al campus dell'università, lo stesso che mi ha agganciata con un sorriso disarmante, che voleva solo delle indicazioni. Sono giorni che mi interrogo, affondo nei miei ricordi da umana che mi sono rimasti e cerco di ricordare non gli eventi, quelli li ricordo perfettamente, ma le emozioni, le sensazioni che provavo. Non me lo ricordo più com'è che batteva il mio cuore quando lui era accanto a me, non me lo riesco più a ricordare che cosa provavo quando lui mi baciava le prime volte.

Scivolo con le mani contro il cemento di quel parapetto, ho le spalle un po' contratte in quella posa che vede il mio busto appena sporto verso l'esterno, non smetto di scandagliare tutto ciò che accade sotto di me. Lì sotto, tre piani sotto di me, c'è Noah che sta continuando la sua vita indipendente da me. Esce, vive, non sento il suo battito del cuore, non posso capire dal suo respiro che cosa prova. Posso solo vederlo, assicurarmi che continui a vivere a dispetto di tutto e tutti, me compresa. Soprattutto a dispetto mio che sono morta, troppo morta per lui.

Che cosa provava Logan quando aveva me umana? Quando mi seguiva per assicurarsi che nulla potesse toccarmi nella mia fragile condizione? Abbiamo così tanta forza, potere. Possiamo smuovere le montagne noi Eterni, possiamo soverchiare volontà ferree, rovesciare governi, causare guerre così come interromperle, ma poi davanti alla vita diventiamo impotenti. Sono quasi sicura che tutto ciò che sto provando io, Logan non l'ha mai provato. Lui è sempre stato deciso nel prendersi ciò che voleva, quando voleva, come lo voleva. Vedete, le cose non sono nere o bianche, ho imparato nel corso della mia esistenza che quelle che dominano sono le sfumature che intercorrono fra questi due colori primari. Tutto un range di grigi che colorano la vita, danno loro sapore e fanno vibrare le corde dell'anima.

Avrei voluto che Logan davanti alla mia vita titubasse esattamente come io sto facendo davanti la vita di Noah. Chi mi fermerebbe? Nessuno potrebbe. È senza arroganza che mi reputo una vampira forte perché sono dovuta diventarlo. Ho dovuto trovare in me stessa la forza non solo d'animo, ma fisica per sopravvivere in un mondo che non mi apparteneva e che continuava a masticarmi e a sputarmi fuori come una cicca dal sapore oramai stantio.

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