t w e n t y

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Taehyung bloccó il cellulare e se lo mise in tasca, ma solo per ritirarlo fuori un minuto più tardi: una vibrazione l'aveva distratto dall'allacciarsi le scarpe in fretta e furia, facendogli brillare gli occhi.

Yoongi gli aveva mandato la sua posizione.

Il cuore del castano si agitò nel petto, come se volesse rivendicare la propria libertà e autonomia, e tentasse d'uscire dal corpo che lo intrappolava per volare via, veloce, puntando a ricongiungersi con quello del suo hyung. Doveva sbrigarsi; era impaziente di rivederlo.

Così uscì di casa e si mise a correre, fregandosene del fatto che di quel passo, sfrecciando per le strade parigine a tutta velocità, sarebbe sembrato un pazzo in preda a qualche allucinazione. Non gli importava se le persone attorno lo guardavano male, tantomeno del fatto che un temporale avesse dato i primi segni di vita.

Odiava Parigi. O meglio, si era convinto di farlo, perché quel mese trascorso lì era stato terribile: i sensi di colpa, la malinconia, la nostalgia della sua vera città lo tormentavano sin da quando apriva gli occhi il mattino, fino al momento in cui li richiudeva la sera. Aveva abbandonato Seoul e con lei tutti i suoi amici, i suoi ricordi, i suoi sogni, il suo Yoongi.

Aveva odiato quel groviglio di stili: dal gotico all'art nouveau, non c'era nulla che potesse ammaliarlo. Nulla che potesse rapire i suoi pensieri per qualche minuto e distrarlo un po'. Le pareti spoglie, neutre, monotone dell'appartamento del corvino gli tornavano sempre in mente, nonostante le avesse viste così tante volte da recargli noia.

Ma ora non odiava più quella povera città. Che colpa ne aveva se l'aveva allontanato dal suo hyung, se gli aveva strappato via il cuore? E poi, come odiarla in quel momento, come odiarla se, quel cuore, gliel'aveva finalmente riportato indietro: Yoongi era lì, a poche decine di metri da lui. L'aveva riconosciuto da lontano, perché chi altro se non il suo hyung avrebbe potuto starsene in piedi sotto la pioggia, con aria da 'neanche un cataclisma può convincermi a spostarmi e fare attività fisica', con un solo cappello nero a coprirgli il capo e una felpa del medesimo colore a ripararlo dal vento estivo. Si guardava i piedi per chissà quale ragione, ma Taehyung non ci fece caso e lo raggiunse senza farsi notare.

Oh, il suo hyung. Quanto gli era mancato.

Pensava si fosse già dimenticato di lui. Pensava di essere l'unico a volerlo ancora vicino, a sentirsi torcere lo stomaco ogni qual volta i sogni ad occhi aperti sbandassero verso di lui. Voleva gettarglisi contro e stringerlo fino a fondere i loro corpi, sino a diventare un tutt'uno di profumi, di sguardi, di baci, fregandosene se qualche turista -non ce n'erano molti, forse si erano andati a nascondere per non beccarsi la pioggia o forse il mondo aveva, stranamente, deciso di concedere ai due un momento tutto loro, di incoraggiare il loro amore- li avrebbe guardati con disprezzo.

Ma Taehyung non lo fece, preferí tenere le mani in avanti e scagliarsi su di lui con forza, facendolo cadere sull'erba con una spinta.

"Ma che cazzo-" Yoongi, disteso supino a terra, alzò il mento per guardare il suo aggressore dal basso. Al riconoscerne l'identità, un cipiglio scese sul suo viso latteo. "...perché mi hai spinto?"

"Ti sta bene." replicò il più piccolo, ancora ansimante per la corsa. L'ultima volta che aveva fatto così, se n'era rimasto un quarto d'ora davanti casa sua in attesa di trovare il coraggio per parlargli; in quel momento, invece, la volontà di confrontarlo c'era, ma il fiato gli mancava per poter elaborare un discorso.

Yoongi si rimise in piedi, ma venne spinto nuovamente a terra. Sbatté le ciglia un paio di volte, mentre qualche goccia atterrava sulle sue guance nude, inermi sotto la pioggia. "La vuoi smettere?!" sbottò infastidito, facendo ridacchiare il più alto che se ne stava lì, davanti a lui, a troneggiare sulla sua figura.

at first sight - taegiWhere stories live. Discover now