18. Il Terrore di Sognare

2.3K 141 45
                                    

Mason

Se c'è una cosa che ho capito di Bridget Stewart durante queste due settimane, è che oltre a essere testarda, insopportabilmente ironica e capace di annebbiarmi la mente, è anche ritardataria.

E, a quanto pare, si diverte a vedermi perdere le staffe.

Stasera, la lezione si svolgerà nella palestra per l'allenamento fisico. Lungo il perimetro della stanza sono disposte attrezzature pesanti, sacchi da boxe appesi al soffitto e sbarre per le trazioni. Sparsi sul pavimento, manubri e tappetini da fitness di gomma colorata.

È da quasi due settimane che ci esercitiamo senza sosta, sotto le istruzioni di John. È stato difficile, all'inizio, ma Bridget sembra essersi abituata ai nostri ritmi rigidi.

Domani si terrà la sua prima Sentinella, e mentirei se dicessi di essere tranquillo. Sono fottutamente spaventato, forse più di quanto lo sia lei. John ritiene che sia pronta ad affrontare una New York brulicante di Ombre, e non posso contraddirlo.

Sono io, a non essere pronto. Sono io che non riesco a uscire dalla scuola in compagnia di un'altra persona.

Sbuffo, controllando il telefono. Bridget non ha risposto ai miei messaggi, tanto per cambiare. Digito sulla tastiera l'ennesima imprecazione, per inviarla alla ragazza, ma la porta che si spalanca mi blocca.

Alzo lo sguardo dallo schermo, osservando Bridget che entra. Metto il dispositivo in tasca e le vado incontro.

«Ce l'hai fa...» esordisco, per poi fermarmi un istante dopo, quando le arrivo di fronte.

Tiene gli occhi bassi, ma ciò non mi impedisce di guardarla in faccia. Il viso pallido è solcato da aloni scuri sotto le palpebre, ancora più visibili grazie ai capelli raccolti in una coda alta.

Le lunghe ciglia ramate proteggono due iridi che non brillano. Le macchie d'oro del suo sguardo sono arrugginite, opache, la luce negli occhi soppressa.

«Eccomi» esordisce, il tono di voce esausto.

«Tutto bene?» le chiedo. Ovviamente, no. Ha l'aria stravolta. Distrutta.

Bridget, però, annuisce in modo secco. «Sì» mente.

«Sì?» ripeto, inarcando un sopracciglio. «Hai dormito?»

«Sto bene, Mason» sibila, stanca e irritata. «Cominciamo l'allenamento.»

Non è la prima volta che si presenta così, a lezione. Ha sempre quell'aria vagamente spossata, solo che, ora, sembra aver raggiunto il capolinea. Non le ho mai fatto domande, a riguardo, perché lei non me ne ha mai dato l'occasione.

Ma, a vederla ridotta in questa maniera, sento una morsa di preoccupazione allo stomaco. Un'altra cosa che ho capito, durante queste due settimane, è che detesto vederla stare male.

«Se vuoi possiamo saltarlo, oggi» le propongo.

«Non possiamo. Domani c'è la Sentinella» mi ricorda, incastrando i suoi occhi sporchi di oro e stanchezza nei miei.

«D'accordo» sospiro, arrendendomi. L'apprensione mi stritola ancora le interiora, però. «Vai al sacco.»

Si avvicina al sacco di pelle nera addossato alla parete, che dondola dal soffitto. Raccoglie i guantoni da boxe posati sul pavimento e le bende. Mentre riveste le mani con la garza, noto che le dita tremano, facendo fatica ad avvolgerla.

Le sottraggo le bende dalle mani e le fascio le nocche e il dorso, senza mai staccare i miei occhi dai suoi. Mi scruta con quei suoi occhioni screziati, che mi implorano tacitamente di salvarla. Da cosa? Non ne ho idea, e non sembra intenzionata a volermelo dire.

Il Segreto della DinastiaМесто, где живут истории. Откройте их для себя