65. L'Unica Alternativa

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Bridget

"Dove sei?"

"Ti prego, Bree, rispondimi."

"Mi dispiace, non immagini quanto."

Ignoro l'insistenza di Ryan. Sta provando a contattarmi attraverso la telepatia da più di trenta minuti, ma non ci faccio più caso, ormai. Non voglio parlargli, in nessun modo possibile.

Al contrario, però, voglio risposte da mia madre. Sto setacciando la mia testa alla ricerca di un briciolo di coraggio; non ho le forze per contattarla, anche se devo sapere a ogni costo perché mi ha nascosto la verità.

Fisso il mio riflesso attraverso il vetro dello Specchio. Sono seduta sul bordo del mio letto, l'oggetto magico stretto tra le dita e un'apatia gelida che mi ha intrappolata nella sua morsa. Nei miei occhi scorgo una stanchezza infinita, una rabbia cocente e un dolore immenso. E, tra le macchie dorate delle iridi, lo scintillio del nulla, del vuoto che mi ha inghiottita.

Non ricordo nemmeno come ci sono tornata, in camera mia. Credo che Mason mi abbia trascinata fin qui, perché a un certo punto è come se mi fossi spenta. Mi muovevo senza accorgermene, senza pensare. Come un robot, come una macchina. Non sentivo più niente.

Dopo la scomparsa di Mackenzie, mi sono sciolta in un pianto disperato, scandito da singhiozzi e strette al cuore, tra le braccia di Mason. Lui ha tentato inutilmente di consolarmi e di capire cosa sia successo in biblioteca, ma non gli ho ancora raccontato niente. Non riuscirei a dirlo ad alta voce senza crollare di nuovo.

L'ho costretto a lasciarmi da sola per qualche minuto, dicendogli che avevo bisogno di un po' di tempo. Lui mi ha accontentata, con non poca riluttanza, ed è andato a medicarsi la ferita sul braccio.

La festa è finita circa un'oretta fa e l'Accademia è sprofondata in un silenzio angosciante. È una forma di rispetto per le vittime della serata. Provo a non darmi la colpa della loro morte, ma dentro di me so che è così: se non fosse stato per ciò che Seth voleva comunicarmi, sarebbero tutti vivi.

Scruto ancora la superfice riflettente dello Specchio. Stingo il manico argentato con forza, sapendo che allentando la presa l'oggetto scivolerà via. Mi scivola tutto via, ormai. La mia vita ha iniziato una lunga e tortuosa discesa nel baratro.

Tradita. Userei solo questa parola, per descrivere come mi sento. Pienamente tradita dalla mia famiglia.

«Mamma?» mi decido a chiamare Selene. La mia voce, reduce del pianto, è ancora frantumata.

Mia madre fa un'immediata comparsa sul vetro ovale, come se non stesse aspettando altro che una mia chiamata. Ha un'espressione di vergogna e dispiacere sul viso.

«Tesoro, perdonami» si scusa, non dandomi nemmeno il tempo di aprire bocca.

Mantengo uno sguardo imparziale, obbligandomi a non perdere il controllo. «Perdonarti? Dovrei perdonarti?» domando, calma.

«Noi volevamo proteggerti da Seth, credimi» continua, il tono implorante.

«Non ti credo» sibilo duramente. «Come hai potuto mentirmi per tutto questo tempo? Come hai potuto parlare di Den e fingere che fosse mio padre? Come hai potuto parlare di Seth come se fosse un mostro, quando hai tradito tuo marito per lui?»

«Ho dovuto farlo. Ho dovuto mentirti. Non avevo scelta» si difende.

«Non è vero! Una scelta ce l'avevi. Potevi dirmi la verità fin da subito. Almeno non avresti perso tua figlia» le ringhio contro.

Non riesco a contenere la rabbia. Gli occhi mi bruciano da morire; serro le palpebre per mandare indietro le lacrime e per impedire alle iridi di cambiare colore. Le riapro solo quando sono certa di aver scacciato il male.

Il Segreto della DinastiaWhere stories live. Discover now