13. Anima Sgretolata

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Bridget

«Pronta?» mi domanda Mason.

«Pronta» mormoro in tono fiacco, premendo la fronte contro il finestrino della macchina. Un brivido mi risale lungo la schiena.

New York scorre sotto i miei occhi stanchi. I passanti e i grattacieli costeggiano le fiancate della vettura, immagini sfocate dalla velocità, che mi impedisce di distinguere i dettagli della metropoli.

È quasi mezzogiorno e il sole splende alto. Mason svolta in una stradina secondaria, immettendosi in un quartiere residenziale della chiassosa Manhattan. Mi si stringono il cuore e lo stomaco, al pensiero di ciò che sto per fare.

Siamo diretti a casa mia. Abbiamo preso una delle macchine messe a disposizione dall'Accademia, e siamo quasi arrivati.

Mi sento sul punto di crollare: non sono minimamente pronta a dire addio alla mia famiglia e, come se non bastasse, stanotte non ho chiuso occhio. Incubi feroci mi hanno sconquassato la mente, risvegliandomi in lacrime nel cuore della notte.

Sospiro, piano, abbassando le palpebre e concentrandomi sul frastuono del traffico. I rumori della città sono familiari e mi sfiorano dolcemente le orecchie.

Percepisco lo sguardo nero di Mason che mi tira occhiate, ogni tanto, per poi tornare a concentrarsi sulla strada. Non ci faccio caso. Non sono in vena di chiacchiere, specialmente con lui.

Poco fa mi ha riferito che d'ora in poi trascorreremo quasi tutte le giornate insieme. Dovrà addestrarmi e, a detta sua, proteggermi. È un'idea di Mark. Una pessima idea di Mark.

«So benissimo difendermi da sola» ho replicato.

«Nel nostro mondo non sopravvivresti usando un paio di battutine e il tuo caratterino. Moriresti subito» mi ha risposto Mason, ingranando la marcia.

La discussione è terminata lì, perché sappiamo entrambi che ha maledettamente ragione. Se la notte scorsa non fosse intervenuta Emily, quell'Ombra mi avrebbe uccisa.

Ma, in ogni caso, non mi alletta il fatto di stare costantemente sotto la sua sorveglianza. Non riesco a decodificare neanche una sfumatura del carattere altalenante di Mason, e detesto ciò. Mark non poteva assegnarmi un'altra guardia del corpo?

«Gira a sinistra» spezzo il silenzio con le indicazioni stradali.

«È qui casa tua?» mi chiede, mentre passiamo davanti a una schiera di piccole ville.

Annuisco, senza proferire parola, e aspetto che parcheggi. Afferro la maniglia della portiera, la spalanco e la richiudo con un tonfo, inspirando a pieni polmoni l'aria rassicurante della via in cui ho sempre vissuto.

Prima che Mason possa uscire, mi piazzo di fronte al suo finestrino, chinandomi per guardarlo. Abbassa la lastra che ci separa e scorgo la sua espressione indispettita.

«Non chiudere più la portiera in quel modo. Avresti potuto rovinare questo gioiellino» mi rimprovera.

Roteo gli occhi. «Chiedo scusa. Comunque, non c'è bisogno che tu venga con me.»

Le sopracciglia di Mason scattano verso l'alto. «Cosa non hai capito di "sarò la tua guardia"?»

«Ci metterò poco» gli assicuro, come se non stessi per chiudere il capitolo più importante della mia vita. «Puoi aspettarmi qui.»

«Scordatelo, ragazzina. Adesso, togliti.»

Gli lancio uno sguardo assassino e mi sposto, per dargli lo spazio sufficiente a uscire dal veicolo. Incrocio le braccia al petto e inchiodo i piedi sulla strada, in forma di protesta.

Il Segreto della DinastiaWhere stories live. Discover now