Prologo

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Sedici anni prima

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Sedici anni prima

I primi raggi del sole invernale penetravano la coltre di nubi biancastre, vestendo la terra del loro bagliore caldo e avvolgente.

La neve scendeva in candidi fiocchi e colorava con delicatezza i soffici capelli della giovane donna, in spruzzi bianchi sullo sfondo dei suoi ricci ramati.

Era la prima volta che i suoi occhi assaporavano la bellezza del pianeta terrestre in quel periodo dell'anno. La città, così piena di vita e allegria, imbiancata dai cristalli di ghiaccio, esplodeva di scintille e pennellate di arcobaleni, torri di vetro e stelle, un chiasso continuo sotto il silenzio della neve.

Osservava, incuriosita, la folla che la superava e che la circondava, le vetrine addobbate dei negozi e i balconi delle case aggrovigliati di lucine colorate. Ignorò le occhiate stranite che le dedicavano i passanti, nel notare il suo abbigliamento particolare.

Durante il dodicesimo mese dell'anno, gli esseri umani sembravano formiche operaie, alla furiosa ricerca di regali e decorazioni per rispettare le loro bizzarre usanze natalizie. Da dove proveniva lei, questa festività non esisteva.

Come non sarebbe mai esistita l'armonia, pensò amaramente. Al terribile ricordo della guerra, Selene strinse al petto il fagottino che portava con sé, dal quale provenivano i lamenti di un neonato.

Tentò di convincersi che quello era il posto perfetto per la sua bambina. Avrebbe vissuto in pace, lì, cosa che lei non aveva avuto la possibilità di fare, nel suo regno.

Ne era certa: stava facendo la cosa giusta. Non avrebbe condannato sua figlia al suo stesso destino. Perciò, era giusto escluderla dalla sua vita. E sarebbe stato così per sempre; o, almeno, fin quando non sarebbe giunto il momento di riprendersi ciò che le spettava di diritto.

Quando arrivò in prossimità della villetta a schiera, sentì una morsa stringerle lo stomaco. Un dolore incontrollabile la invase.

Con tutto il coraggio che le era rimasto, salì i tre gradini di marmo e posò cautamente la culla ai piedi della porta, cercando di non produrre nessun rumore. Infine, dopo un attimo di titubanza, che fu costretta a scacciar via, lasciò la bambina, inginocchiandosi al suo capezzale.

Ammirò gli occhi di sua figlia, lucenti come stelle infuocate, così simili ai suoi. La salutò per l'ultima volta, stringendole la manina in un gesto d'affetto. Una lacrima sofferente scese lungo la guancia della donna, ma lei la scacciò con forza.

Sarebbe stato quello, il suo regalo per lei. Una vita normale. Un'esistenza felice, circondata dall'amore di una vera famiglia.

«Un giorno ci salverai, amore mio» bisbigliò alla piccola, rivolgendole un sorriso dolce e straziante. «Ci rivedremo presto.»

Poi, si alzò dal portico. Suonò il campanello e si allontanò dalla casa.

Rifugiandosi in un vicolo, lontana da sguardi indiscreti, aprì un portale per il regno. Sapeva cosa avrebbe trovato, una volta oltrepassato il varco: morte. Morte e distruzione. La donna sparì nel vortice azzurro di magia e scoppi sfavillanti, abbandonando la città e sua figlia.

Nessuno se ne accorse. La neve continuava a scendere, lenta e delicata, e gli abitanti della metropoli a passeggiare tra le vie illuminate, ignari di tutto.

Il Segreto della DinastiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora