9. Diamanti d'Oro nella Terra Bruna

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Mason

Un pesante drappo di silenzio incombe tra me e Bridget, incrinato solamente dal suono dei nostri passi e dallo sfrigolio delle lampade antiche.

In seguito alla rivelazione sull'identità di Alyssa - che deve averla sorpresa parecchio - non ha più emesso fiato. Mi cammina a mezzo metro di distanza, come se temesse di avvicinarsi troppo, lo sguardo basso e sfuggente.

I folti capelli ramati le fanno da scudo, proteggendo il volto dalla mia vista; le lampade mandano ombre di luce sulla chioma ondulata, facendola brillare di scintille rosso-oro.

Intravedo il suo viso pallido, con gli occhi fissi sul pavimento piastrellato. Sembra immersa in un turbine di pensieri. Per un attimo, nello studio del direttore, ho creduto che si sarebbe frantumata. Lì, seduta dietro quella scrivania, schiacciata dalle troppe informazioni e dalle iridi glaciali di Mark.

Non dev'essere semplice sentirsi dire che la propria vita è stata un'enorme bugia, una finzione, un puntino in mezzo a una verità grande come l'infinito.

«Tu ed Emily siete amici?»

Quasi trasalisco, non aspettandomi una sua domanda. Non mi guarda ancora in faccia: tiene le pupille ancorate dinanzi sé.

«Sì» rispondo, dopo istanti di mutismo. «Perché?»

«Dal modo in cui vi siete scannati, sembravate conoscervi.»

«La conosco da quando sono bambino.»

«Vi assomigliate, sai?» Finalmente alza lo sguardo su di me, e i nostri occhi si incastrano. «Caratterialmente, intendo.»

«È un complimento?» faccio, inarcando le sopracciglia.

«No.»

Mordo il labbro, reprimendo una risata. «Emily è fatta così. Conoscendola, vedrai che non è così male. E nemmeno io.»

«Peccato che io non sia interessata a conoscerti» ribatte in tono ironico.

La sua finta spavalderia mi diverte. Appariva terrorizzata, fino a un minuto prima, mentre adesso si è rintanata dietro una corazza di sarcasmo. Come se volesse difendersi. Da cosa - o da chi - non lo so ancora.

«Perché mi hai dato dell'Ombra, quando ci siamo incontrati?» cambia improvvisamente argomento. «Mark ha detto...»

«L'ho sentito» la interrompo. «Sei chiaramente una di noi. Mi sono solo confuso, prima.»

«Continuate a dirlo» mormora, sganciando i suoi grandi occhi dai miei. I suoi lineamenti si oscurano di amarezza.

«Cosa?»

«"Una di noi". Continuate a dirlo.»

«Beh, è quello che sei» replico, anche se titubante.

Emily aveva ragione, quando ha definito Bridget un'Arcandida. L'ho capito solo ora, stando vari minuti a contatto con la sua aura. Come ho fatto a sbagliarmi? Di primo impatto, però, ne percepivo solo una sfumatura maligna. Ed è proprio quella venatura sinistra, tuttora persistente, che mi rimescola le idee.

Un'energia celata. Proibita.

Riposo gli occhi su Bridget, che prosegue l'andatura a testa china. Mi soffermo sul suo abbigliamento, decisamente in contrasto con l'ambiente dell'Accademia: la sottile maglia bianca, la gonna di jeans e gli anfibi che calpestano le mattonelle bianche e blu.

«Dovresti cambiarti, in camera» le suggerisco, senza smettere di studiarla.

«Non prendo ordini da te» risponde, tagliente.

Il Segreto della DinastiaWhere stories live. Discover now