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Non so esattamente spiegare il motore che regola le mie azioni e i miei pensieri, o meglio: sono estremamente razionale e consequenziale nei gesti e nei ragionamenti, ma interviene sempre un fattore, probabilmente l'istintività, la voglia di sperimentare, l'adrenalina, che è in grado di mutare all'ultimo secondo qualsiasi mio presupposto. Tutto ciò con Aron sembra amplificato, nonostante il suo cambio repentino di umore di qualche ora fa non sono riuscita a mettere davanti la ragione allo slancio emotivo che sento quando ce l'ho intorno, ho messo da parte la rabbia per le sue parole e ho accantonato tutto. Dopo avermi chiesto scusa ed essersi avvicinato nuovamente a me, ho scelto di sfuggire alla sua presa perché, proprio come l'istintività fa la sua comparsa in scena all'ultimo momento, un altro fattore che gioca molto spesso nel campo delle mie emozioni è la paura: paura di farmi male, paura di soffrire e paura di far soffrire gli altri. Dopo aver toccato con mano il vero dolore, quello assoluto, non vorrei mai recarne neanche un centesimo al prossimo, per questo adopero la massima cautela nel ponderare i miei gesti per non illudere, non far male.

Scappare dalla sua presa, dalla sua figura a pochi centimetri dalla mia, era l'unica soluzione per preservarmi in quel momento, per evitare di lasciarmi andare e poi pentirmene. Per questo, dopo essere tornati dagli altri e aver chiacchierato tutti assieme ancora per un po', abbiamo scelto di tornare a casa. Carino come al solito, Jaime ha proposto di accompagnare noi dell'Accademia con la sua auto. Ed eccoci arrivati al momento che mi ha messo più a disagio della serata. Un po' come la scorsa volta ci smistiamo: in auto con Ester e Danna vanno Andreas, Omar e Miguel, mentre in auto di Jaime ci siamo io, Ele, Chris, Rafa ed Aron. Dopo esserci salutati tutti e, volutamente, ignorato il saluto affettuoso tra Luna, che è andata via con la sua macchina, ed Aron, siamo saliti nelle rispettive auto.

Avere Eleonora alla mia destra che mi schiaccia la spalla col suo peso dormendovi sopra e Aron alla mia sinistra che guarda fuori dal finestrino come se fosse seduto vicino al nulla, non mi aiuta molto a sopportare il viaggio di ritorno. Chris continua a girarsi verso di me e a prendermi in giro per essermi fatta fregare da altri ragazzi i due cocktail che avevo ordinato per lui e Miguel al bancone; evito di dirgli che in realtà è stata colpa di un'interruzione ad opera del signorino seduto accanto a me e che, tra l'altro, sghignazza beatamente.

''Si può sapere cosa ridi?'' gli sussurro, quando Chris torna a girarsi davanti.

''Non glielo dici al tuo ragazzo che è colpa mia se non ha avuto il suo drink?'' mi risponde, continuando a tenere lo sguardo fisso fuori dal finestrino.

''Non è il mio ragazzo e poi decido io cosa dire oppure no''

Finalmente si gira verso di me, guardandomi: ha le guance arrossate per l'alcool e gli occhi visibilmente stanchi, ma resta comunque un vedere meraviglioso per i miei occhi.

''E smettila dai, hai rotto''

''Potrei dirgli che hai un naso freddissimo, che dici?'' mi sussurra, avvicinandosi al mio orecchio.

Lo fulmino con lo sguardo, tappandogli la bocca con una mano. Non voglio che Christian sappia di quanto accaduto, ci rimarrebbe male e si farebbe mille paranoie su qualcosa che non esiste in realtà.

Mi morde l'interno della mano ed io la scaccio via immediatamente, stampandogli un bel dito medio davanti.

Poco prima di arrivare in residenza, sento il telefono vibrare nella mia borsetta e leggo la risposta di Riccardo, riguardo la maglietta ritrovata:

''Ricordo quanto ti stesse bene questa maglia, ha ancora il tuo profumo. Non credo che la riavrai molto presto 😉''

Sorrido istintivamente al suo messaggio e noto, però, che c'è qualcun altro interessato allo schermo del mio cellulare. Mi volto verso Aron: ''Beh che ti guardi?''

Nadie dijo que fuera fácil  (Nessuno ha detto che è facile).Where stories live. Discover now