Non mi piace pensare alla mia morte, è una combinazione di circostanze sfortunate, eventi tragici con protagoniste forze che io non potevo assolutamente controllare. Non potevo controllare il mio ex cacciatore con un odio particolare per i vampiri che si scontrava con Logan, colui che mi aveva letteralmente portata via da lui e per di più faceva di me tutto ciò che Bradley odiava. Non potevo controllare quel cedimento del terreno, non potevo controllare la mia discesa verso l'inferno. Esattamente così come in vita non ho potuto controllare nulla, nemmeno nella mia morte ho potuto decidere molto. È arrivata, ha spazzato via tutto ciò che ero e mi ha lasciata a brandelli. C'è stato un momento in cui pensare alla mia morte mi turbava, mi rendeva instabile, sofferente. Sentivo ancora distintamente quel palo trafiggermi da parte a parte, sentivo la freddezza del metallo contro la mia carne lacerata, il freddo pervadermi. Sentivo di nuovo il respiro spezzato e la difficoltà di ogni respiro, l'agonia nel sentire i miei polmoni collassare in quel mare di sangue che li stava soffocando. Il dolore delle ossa spezzate, l'incapacità di muovere anche un dito perché la colonna vertebrale era completamente spezzata contro quelle macerie. Per mesi l'espressione di sofferenza pura sul viso di Logan mi ha ossessionata, ha costellato i miei incubi più profondi a cui non ho mai dato voce. Ma adesso, adesso su questo tetto, ci penso e ripenso. Non per me stessa, non provo nulla verso quei ricordi da umana che mi sono rimasti, verso la me stessa spezzata come una bambolina di pezza usata troppo e troppo male e lasciata morente in mezzo a macerie polverose. Ci ripenso perché mi sono chiesta quanto fosse giusto prendermi qualcosa che non mi appartiene.

La vita di Noah non mi appartiene, così come la mia vita non apparteneva a Logan. Io una scelta non l'ho avuta, a Noah la sto lasciando. Lui è lì, appoggiato contro quel muro e sorride ai suoi amici. Sta vivendo senza di me, non sa nulla di me ed è giusto così. Nella sofferenza, nell'abbandono, c'è sempre un ché di sublime e giusto, non trovate? Io sì.

Fletto la testa piano, sto seguendo quello che accade sotto di me con un pigro interesse. Sto spendendo così la mia eternità, per ora. Avverto un movimento leggerissimo. Un refolo di vento fuori dal normale, quasi un battito di ciglia se vogliamo. Prendo un respiro, incamero aria prima di espirarla lentamente.

« Ti sento. » la mia voce è bassa, morbida. Non mi muovo dalla mia posizione, non guardo dietro di me. Un altro spostamento d'aria, stavolta più esplicito, porta Noel accanto a me. Si siede con la sua grazia vampiresca sul muretto, una gamba più distesa rispetto all'altra, le mani incrociate nello spazio che si è creato fra le sue gambe. Mi fissa senza dire niente, anche se so che di cose da dire ne avrebbe, uhhh eccome se ne avrebbe.

« Sei difficile da rintracciare. »

« Vuoi dire che sono brava a sparire, presumo. »

« Se vuoi metterla così. » lascia cadere il discorso, c'è silenzio fra noi.

I nostri cuori battono, sapete? Non sono morti. Tutto il resto sì, ma il cuore no, oh nossignore. Quando rinasciamo, il nostro cuore batte di nuovo. Un solo battito, sordo e potente come un'esplosione, ci rianima. Da quel momento in poi, il nostro cuore batte sempre a quel ritmo mortifero, un rintocco di campana silenzioso. Quasi nulla riesce a modificarne il ritmo. È lento, così lento da non essere percettibile dai macchinari umani, pesante ed inquietante. È il battito che scandisce la nostra esistenza, quello che fa capire quanto per noi il tempo sia relativo: un secondo, una settimana, un anno. Cosa conta quando hai davanti a te un per sempre non meglio quantificato? Ecco, i nostri cuori battono allo stesso ritmo. Io e Noel siamo uguali, apparteniamo allo stesso mondo, vediamo il mondo allo stesso modo. Sappiamo esattamente cosa prova l'altro perché lo proviamo a nostra volta. Eppure manca qualcosa, quel qualcosa che mi impedisce di essere con lui per davvero. Almeno non come vorrebbe lui.

Of the nightWhere stories live. Discover now