Chapter 26

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Osservo ogni particolare della strada che stiamo percorrendo. Sembra così buia e triste, si sentono versi di gatti, urla, pianti di bambini, vetri che si infrangono al suolo. Sobbalzo al suono dell'ennesimo antifurto di un'auto. "Sta' tranquilla. Non è nulla" mi sussurra Cameron rassicurante. Non è nulla, dice, se questo scenario raccapricciante lo chiama nulla...

Mi afferra la mano e mi incita a camminare fino a quando non ci fermiamo di fronte ad una villetta. Non è molto grande, i muri sono mal ridotti e la pittura è di un giallo sporco, solo una finestra del piano superiore è illuminata da una luce fioca, grazie alla quale, si distinguono le sagome di una donna che culla un neonato e di un uomo che le abbraccia i fianchi da dietro.

"Questa era casa mia prima che mi trasferissi a Miami" confessa, prendendo un respiro profondo con lo sguardo perso ad osservare quella finestra.
"Riesco ancora a sentire i pianti di mia madre mentre mio padre, ubriaco, la picchiava. Riesco ancora a vedere l'immagine di me e Cassidy rannicchiati in un angolo dell'armadio con le mani sulle orecchie" mormora, mi volto verso di lui spalancando gli occhi, i suoi sono persi nel vuoto, il luccichio di essi è sparito portando con sé il Cameron sorridente che tutti amano. Non riesco credere a ciò che ha detto, lui che è così bravo a dare conforto agli altri, in realtà è il primo ad averne bisogno, lui che sembra non portare nessuna cicatrice del passato, in realtà ne ha centinaia. Non riesco a credere che lui, come me, è rotto dentro e si porta il peso di questa rottura sulle spalle, ma che nonostante tutto sorride come se nulla potesse rubargli il sorriso.

"Ero solo un bambino incapace di agire e di capire il perché il suo amato papà, l'uomo che lui aveva chiamato eroe, tornasse a casa ubriaco fradicio e picchiasse la sua mamma, che giorno dopo giorno diventava sempre più debole. Ero solo un bambino incapace di proteggere la sua sorellina e sé stesso da quel drogato. Solo uno stupido ragazzino che pianse quando il suo papà, quell'uomo marcio dentro, se ne andò" continua senza, però, incrociare il mio sguardo.

"Perché mi stai dicendo questo?" chiedo, lasciando scivolare la mia mano nella sua per fargli capire che io ci sono.
"Perché dovevo tornare qui e sentivo di doverlo fare con te" mi incatena in quelle pozze verdi.
"Cam" sussurro, deglutendo quando avvicina il suo viso al mio.
"Ti ringrazio per ciò che hai condiviso con me e so che adesso ti aspetti che io condivida con te qualcosa di me, ma non posso" mormoro, allontanandomi. So che lui si aspetta lo stesso, ma io non posso raccontarmi, almeno non ora, e spero con tutta me stessa che lui lo capisca.

Allontana la sua mano dalla mia e si incammina verso la direzione dalla quale siamo arrivati, lo seguo e non capendo la causa del suo comportamento gli afferro il polso facendolo voltare verso di me.
"Credi davvero che io ti abbia raccontato il mio passato volendo che tu facessi lo stesso?" sbotta sorpreso, abbasso lo sguardo sapendo già la risposta. Tutti si aspettano qualcosa in cambio in questi casi, tutti parlano di loro stessi solo perché vogliono che lo facciano anche gli altri.
"No, Alex. Ti ho raccontato della mia famiglia perché sentivo di farlo, perché volevo tornare qui e non volevo farlo da solo, perché mi fido di te e perché quel maledetto bacio per me ha significato qualcosa, ma tu sei così dannatamente orgogliosa che non hai il coraggio di ammettere che anche per te è stato lo stesso" dice tutto d'un fiato, alzo lo sguardo mortificata. Vorrei potergli dire ciò che vuole sentirsi dire, ma non so perché per me non è lo stesso, è normale che quel bacio ha scatenato qualcosa in me, ma io non posso lasciare che i miei sentimenti influenzino la mia ragione.
"Mi dispiace per aver insinuato una cosa del genere, ma io ho così paura di raccontare a qualcuno tutto ciò che riguarda il mio passato che pensavo tu lo avessi fatto per ricevere qualcosa in cambio" vorrei aggiungere che ho evitato la conversazione 'bacio' perché ho paura dei miei sentimenti e che li sopprimo pur di non soffrire ancora.

"Cazzo! Ti ho appena detto che quel bacio è significato qualcosa e tu continui ad evitare di parlarne" impreca, ridendo amaramente, si porta una mano fra i capelli spettinandoli nervosamente.
"Perché? Perché scappi da tutto?" chiede esasperato, continuando a guardarmi negli occhi. Questa volta non riesco a sostenere il suo sguardo sapendo di star mentendo.
"'Perché non voglio parlarne e, soprattutto, dare una spiegazione non vera ad esso" sussurro, una bugia che fa più male a me che a lui. Vorrei una spiegazione a quel bacio, ma ho paura di chiederla e di affrontarne le conseguenze.
"Ok, allora dimmi che non hai provato assolutamente niente baciandomi e io non riaprirò mai più l'argomento" mormora afflitto, poggiando due dita sotto al mio mento per esortarmi a guardarlo negli occhi. Leggo nei suoi occhi la preoccupazione per la mia risposta e quando sto per dirgli l'ennesima bugia una voce sconosciuta, alle nostre spalle, ci interrompe.
"Oh, dio! Cameron Steven? "urla una voce roca. Un ragazzo più o meno di vent'anni con i capelli neri, gli occhi azzurri, una sigaretta fra le labbra piene, si incammina verso di noi.
"Damon" mormora Cameron a mo' di saluto, non sembra molto contento di vederlo.

"Da quant'è che non ci vediamo? Un anno?" dice, fingendosi pensieroso.
"Già un anno" borbotta ancora infastidito Cameron. Non riesco a capire perché si comporta così, mi tiene dietro la sua schiena sovrastandomi con il suo metro e novanta, quasi a volermi proteggere da questo Damon.

"Già, quell'anno, Connor – elenca e a sentir nominare quel nome, Cam serra la mascella e racchiude nel suo pugno il mio polso, mi fa male, ma non glielo dico - Qual buon vento ti porta qui? Soprattutto, con questa bella donzella" dice, facendo scivolare il suo sguardo malizioso sul mio corpo e facendomi un occhiolino. Si avvicina porgendomi la mano che io stringo.
"Alexandra" sussurro intimorita dal suo sguardo, Cam lo intuisce e stacca in malo modo la mia mano da quella di Damon, facendo incrociare le nostre dita.
"Siamo in gita con la scuola. E si è fatto anche tardi, quindi se vuoi scusarci dobbiamo andare" iniziamo a camminare, ma la sua voce ci impedisce di proseguire per la nostra strada.
"Dovresti venire più spesso. Qui manchi a tutti" afferma, sorridendo beffardo. Riprendiamo a camminare verso l'hotel in un silenzio assordante mentre le nostre mani continuano a stringersi a vicenda.
"Chi era quel ragazzo?" chiedo, sperando di non aver sbagliato a porgergli quella domanda, dato che, in questo momento, ho paura di una sua reazione.

"Un vecchio amico con cui ho fatto delle brutte cose, di cui mi pento. Non farmi altre domande se tu mi devi ancora una risposta" sfoggia un sorrisino impertinente e mi lascia un debole bacio sulla guancia, per poi incamminarsi verso la porta della sua stanza d'albergo mentre io resto a fissare il vuoto.

Che cosa nascondi, Cam? Cosa ti tormenta tanto?


Take me away with you! | In revisioneWhere stories live. Discover now