Chapter 13

427 22 1
                                    

Cammino senza una meta precisa, mi sento persa e confusa. Non so dove andare o cosa devo fare, sto solo camminando, o, forse, sto cercando qualcosa? Non lo so nemmeno io.

Sento un peso sul petto, un nodo stringermi la gola, uno strano vuoto dentro che non mi permette di respirare in modo regolare. Noto le porticine della cantina aperte e lacrime salate iniziano a rigare le mie guance. Scendo lentamente i gradini, ormai vecchi, ho paura di ciò che mi aspetta, perché sì qualcosa mi aspetta. Penso a cosa potrebbe essere, e poi capisco...

Non mi aspetta qualcosa, bensì...

QUALCUNO.

È troppo tardi perché una mano scura, secca, disidratata afferra il mio polso trascinandomi nel buio, quel buio opprimente. Per questo mi ha trascinata con lei, perché si sente oppressa in tutta quell'oscurità.

Apro improvvisamente gli occhi e prendo un respiro profondo. Era solo un sogno, un sogno insignificante, cerco di convincermi. No, non era solo un sogno insignificante, era come se qualcuno volesse mandarmi un messaggio, volesse farmi capire che ha bisogno del mio aiuto. E se Maya avesse bisogno del mio aiuto?

Allungo velocemente il braccio verso il comodino e afferro il telefono, componendo il suo numero. Se ha bisogno di me mi risponderà, ho tanti di quei pensieri nella testa che questo è in assoluto il più ridicolo. Risponde la segreteria telefonica, riattacco e ripongo il cellulare sulla superficie in legno del comodino. Mi alzo il più velocemente possibile, poiché sono già in ritardo, corro in bagno e, dopo aver fatto una doccia, mi infilo i miei skinny jeans neri e una camicetta rosa.
Scendo le scale e, senza neanche augurare il buongiorno a nessuno, mi dirigo alla porta d'ingresso. Quel sogno mi ha fatto venire la pelle d'oca e non riesco a non pensare a quella mano, la sua pelle era nera, sporca e secca. Sembrava così reale.

Non mi rendo conto di aver corso, fino a quando non noto tutti gli sguardi degli studenti, all'interno del cortile della scuola, puntati su di me. Salgo gli scalini e mi dirigo velocemente verso il mio armadietto per recuperare i libri che mi serviranno per le lezioni di oggi. Non so cosa pensare, so soltanto che quel sogno mi ha turbata e non poco, sono terrorizzata. Sono mesi che non sognavo una cosa del genere. Apro il mio armadietto e osservo il calendario, appeso all'anta di metallo, e solo ora mi rendo conto che i giorni di sospensione di Kira sono terminati e lei vorrà sicuramente farmela pagare. Un altro problema aggiunto alla mia lunga lista di cose a cui pensare, oltre a cose da evitare. Percorro il corridoio ancora immersa nei miei pensieri, troppo presa da essi per accorgermi che qualcuno mi afferra per un polso, mi giro di scatto e inizio ad urlare, immaginando ciò che è successo nel sogno, quando quella mano mi ha afferrata tirandomi con sé. Ho paura, non voglio essere trascinata in quell'oscurità, mi terrorizza il solo pensiero, già è tutto buio qui su.

"Non toccarmi!" urlo in preda al panico, noto Cameron sobbalzare mentre il mio polso è ancora nella sua mano calda.
"Ti ho detto lasciami, ora!" continuo ad urlare con tono fermo, tutti osservano la scena e sento alcuni borbottii che mi colpiscono come lame.
"Alex, calmati" mormora lui mentre mi osserva preoccupato.
"Ti ho detto lasciami" molla finalmente la presa e si allontana, noto la consulente scolastica osservare la scena attentamente. Ora so per certo che tutti mi prenderanno per pazza e, forse, hanno ragione, sono matta e paranoica. I matti hanno bisogno dell'aiuto di uno strizzacervelli.

Mi avvicino alla signorina Cruz e non molto sicura di ciò che sto per fare le chiedo; "Possiamo parlare?"
"Assolutamente sì, Alex" mi sorride cordialmente, per poi spostarsi e farmi entrare nel suo ufficio. La signorina Cruz è una donna giovanissima, ha più o meno trent'anni, ha dei lunghi capelli biondi raccolti quasi sempre in uno chignon ordinato e gli occhi verdi sempre truccati con dell'eyeliner, indossa sempre jeans e camicette, che evidenziano le sue forme. È molto gentile e disponibile, non solo quando si parla di problemi scolastici.
Mi siedo di fronte alla sua scrivania strofinando le mani sui jeans nervosamente. Ci venivo spesso qui all'inizio del secondo anno, conosco questa donna e so che è davvero brava, ma ciò non significa che io abbia voglia di parlare dei miei problemi a lei, a differenza di come facevo prima, che le raccontavo tutto ciò che mi passava per la testa.

"Ho sognato una cosa che mi ha spaventata un po', mi ha spaventata perché sembrava così reale, quasi una visione, come se qualcuno volesse mandarmi un messaggio, farmi sapere che è in pericolo" dico tutto in modo così veloce, quasi per paura che se mi fermo non riuscirò a riprendere il mio discorso.
"Credi che quel qualcuno sia Maya?" mormora cauta, alzo di scatto lo sguardo che, fino a quel momento, avevo tenuto fisso sulle mie mani e la guardo sorpresa. Non le rispondo perché non so che cosa dirle, perché forse ho paura di quello che quel sogno possa significare, perché non voglio immaginare Maya immersa in quell'oscurità.
"Che cosa hai sognato di preciso?" chiede ancora. Prendo un respiro profondo e decido di raccontarle il mio sogno senza omettere alcun passaggio.
"Alex, sarò sincera con te. Penso che tu debba lasciarti tutto alle spalle, magari cambiare posto, prenderti del tempo per te stessa, riflettere sul tuo futuro, non rimanere ferma su quella sera. Va avanti. Maya non vorrebbe vederti così" So che ha ragione, ma non posso passare avanti se non so dove si trovi o, almeno, se è ancora viva. Maledizione!

"Dite tutti le stesse cose. 'Va avanti', come posso andare avanti se ho un continuo vuoto nello stomaco e un senso di colpa opprimente? Non faccio altro che pensare a quella sera, al perché è andata via o al perché qualcuno l'ha portata via da me. Ed ogni volta che ci penso so che è colpa mia se è andata così, se lei non è più qui." Alzo la voce, agitandomi sempre di più. Una volta terminata quella stupida scenata che da parte mia è alquanto immatura, prendo il mio zaino e, stanca, mi dirigo verso la porta. Ho i pensieri in subbuglio, devo uscire di qui.
Però, la voce della signorina Cruz mi ferma mentre sto per varcare la soglia.
"Posso solo dirti che il tempo cura le ferite, permettigli di curare le tue anche se sono profonde e fanno più male del previsto."

Esco, chiudendomi la porta alle mie spalle. E proprio come quel sogno, le parole della signorina Cruz non fanno altro che causarmi ulteriori pensieri. Devo permettere al tempo di curare le mie ferite, devo lasciare andare il mio passato altrimenti lui si attaccherà ancora di più a me e, questa volta, senza lasciarmi più andare.

Take me away with you! | In revisioneWhere stories live. Discover now