Chapter 5

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La giornata è iniziata peggio del previsto; non trovavo le scarpe, ho dimenticato di rifare lo zaino ieri sera, stamattina ho iniziato a litigare con Harry, senza un apparente motivo, e abbiamo fatto tardi. Mio fratello si avvia velocemente all'entrata e, senza neanche salutarmi, si addentra nell'edificio. Annoiata, mi siedo sulle scale aspettando che suoni la seconda ora. Prima di oggi non sono mai entrata in ritardo, sono una persona puntuale, almeno per quanto riguarda la scuola.

Oggi pomeriggio devo vedermi con Cameron per altre ripetizioni, è un giorno che lo conosco, ma è una delle poche persone che mi ha subito incuriosita. Lui è così diverso, lascia trasparire qualsiasi tipo di emozione. Però, anche lui si è creato una corazza che pochi possono oltrepassare, me ne accorgo quando svia alcuni argomenti di cui, forse, gli risulta difficile parlare, né so qualcosa di corazze, io né ho una che ho costruito attorno a me da un bel po'. Se vuole sapere di più su di me, invece, è determinato come se io fossi un enigma da risolvere. Smetto di pensare a lui, o alla mia curiosità, e continuo a guardare le gomme delle macchine strisciare sull'asfalto di fronte a me.
Vedo una macchina nera fermarsi davanti alla scuola e proprio lui uscirne sbattendo con forza la portiera. Urla un "Vaffanculo" alla donna, che intravedo dal finestrino, alla guida e si precipita sulle scale, superando la porta, che si chiude subito con un tonfo. Non mi ha neanche notata, così decido di alzarmi e raggiungerlo all'interno dell'edificio. Cammina a passo svelto per il corridoio e, per afferrargli il polso, avanzo anche io di qualche passo, fino a quando non lo raggiungo.
"Ciao" lo saluto, leggermente imbarazzata, ma lui si libera velocemente dalla mia presa e continua a camminare, ignorandomi. In quel momento, suona la campanella e decido di lasciar perdere, non volendo infastidirlo ulteriormente, mi precipito in classe per evitare eventuali rimproveri, dai professori, sul mio ritardo.

Entro in classe e mi guardo attorno, notando soltanto Cameron seduto all'ultimo banco, accanto al muro. Mi siedo nella fila opposta alla sua, al terzo banco, e rivolgo il mio sguardo alla finestra senza fare caso a nulla. Noto solo il cielo più grigio e la loro mancanza si fa sentire, sento ancora un vuoto dentro di me, quel vuoto che nessuno riuscirà mai a colmare, se non loro. Mi perdo nei miei pensieri, negli angoli più bui della mia mente, dove sono nascosti i miei ricordi. È come se la mia mente si divertisse a farmi rivivere quei momenti così dolorosi. Sento la sedia al mio fianco muoversi, sussulto.

Cameron si siede al mio fianco, mi guarda attentamente e mi sorride, sembra a disagio, probabilmente a causa del suo comportamento di prima.
"Scusa per prima, ma ero arrabbiato con mia madre" si scusa. Penso di non meritare le sue scuse perché non ci conosciamo ancora per niente, mi piacerebbe almeno solo per una volta capire cosa si prova quando si litiga con la propria madre. Io di lei conosco solo tutti i particolari del suo viso, dato che ogni giorno mi fermo a studiare le sue foto, incorniciate, sul camino in salotto. Vorrei poter sentire la sua voce, il suo profumo, il tocco delle sue mani, magari, per accarezzarmi i capelli.
"Tranquillo, non mi devi delle scuse" mormoro, abbassando lo sguardo sulle mie mani. La classe inizia a riempirsi di studenti e il professore si siede dietro la cattedra, pronto ad iniziare due lunghe ore di lezione.

Dopo un'ora passata a svolgere degli esercizi, il professore decide di interrogare avvisandoci con un sonoro: "Allora interroghiamo!" Tutti iniziano a sbuffare, tranne io, dato che sono l'unica che studia più spesso, nonostante la matematica non sia il mio forte.
"Harper venga alla lavagna" ordina, mi alzo e mi avvicino alla lavagna. Inizio a fare tranquillamente alcuni esercizi e, poi, il prof mi chiede di restare per aiutare Cameron, ma lui è decisamente più bravo di me in matematica.

"Cameron sei abbastanza bravo in matematica, queste ripetizioni possono aiutare entrambi" si complimenta con Cameron, informandomi di passare dal consulente scolastico dopo le lezioni. Ci ho passato un anno intero, era come un rifugio, ma non ci vado da un po' e sono convinta che questo consiglio sia dettato dal preside.
"Già, fatti aiutare Harper, lì ci vuole più di un consulente scolastico" una battuta di Jimmy, mi fa alzare gli occhi al cielo, alla quale ne segue un'altra di Kira: "se vuoi posso farti da consulente di moda" ridacchia divertita.

Kira è il solito prototipo di cheerleader a cui importa solo di sé stessa, delle sue borse firmate e dei suoi lunghi capelli biondi. Insomma, un'oca senza cervello, per questo non dovrei dare peso alle sue parole, il problema, però, è che non sono loro a pesare, ma la realtà di esse. Mentre il professore li rimprovera, suona la campanella e tutti si precipitano alla porta.
Io e Cameron, invece, ci incamminiamo verso i nostri banchi per raccogliere le nostre cose.

"Ti va se facciamo da me oggi pomeriggio?" mi domanda mentre camminiamo per il corridoio. In realtà, non c'è problema, ma preferirei stare da me, in un luogo in cui mi sento me stessa e lontana dagli occhi di altre persone.
"Si, non c'è problema!" dico, infine, tranquillamente. Mi sembra giusto mettere anche lui a suo agio.
"Passo a prenderti io alle 4. Oggi pranzo con i ragazzi della squadra di basket. Fammi gli auguri, domani entro in squadra." Afferma entusiasta, allontanandosi velocemente, ma non prima di sfoggiare un fantastico sorriso e di farmi un occhiolino. So per certo che la squadra di basket è capitanata da Jimmy ed è per questo che mi dispiace per lui, gli renderà la vita impossibile. Però, sembra così felice, il basket per lui deve essere davvero importante.

Prendo un vassoio e mi siedo in fondo alla mensa, in un tavolo lontano dalle voci e gli sguardi degli studenti riuniti per godersi la pausa. Per mia sfortuna, però, qualcuno mi nota.
"Posso sedermi?" mi chiede timidamente Kendall, si siede delicatamente, dopo aver avuto il mio consenso. Non ho mai parlato molto con lei, penso che se sarei stata una persona diversa e il mio passato sarebbe stato diverso avremmo potuto essere anche amiche. Credo che una cosa si sia notata, ormai, quello che mi è successo mi ha segnata molto per questo io sono ancora ancorata al passato.

"Lo so, non ti fa piacere che io mi sieda con te o che provi anche solo a parlarti, ma non trovo giusto che in questa scuola le persone vengano trattate come rifiuti o persone da evitare." Cerco di ragionare qualche minuto prima di risponderle. Io non ho mai affermato di non volerla, è solo che ha ragione lei, le persone in questa scuola sono come invisibili, tralasciando quelli come Kira e Jimmy. Credo che non mi sono mai accorta di lei perché ero sempre e solo concentrata su una persona e, adesso, perderla mi ha fatto così male da farmi passare la voglia e la forza di legarmi a qualcuno.

"Kendall, sono sincera non ho mai provato alcun interesse a conoscerti, ma questo non significa che tu sia invisibile o che non sia una bravissima persona. Non trovo giusto neanch'io il fatto che le persone vengono rese ridicole agli occhi di tutti in questa scuola, ma mi ci sono abituata. Mi piacerebbe conoscerti meglio, nonostante non sia pronta ad istaurare una vera e propria amicizia. Sei la prima a cui dico che mi ha fatto così male perdere qualcuno che ora ho paura di riprovare quel dolore" mi guarda un po' dispiaciuta, ma sul suo viso appare un sorriso malinconico.

"Non posso capire il tuo dolore perché non ho mai perso qualcuno, ma posso capire il dolore di chi non ha mai avuto nessuno. Con questo ti voglio solo dire che per ora non mi dispiacerebbe scambiare due chiacchiere con te". Per la prima volta quell'espressione cupa che si forma perennemente sul mio viso cambia e un sorriso sincero si impossessa involontariamente delle mie labbra. Mi sento in parte responsabile, forse, mi sarei dovuta sforzare di più affinché le persone che vengono trattate come me non rimangano in balia della solitudine.

Take me away with you! | In revisioneOnde histórias criam vida. Descubra agora