Chapter 10

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Ho passato il resto del fine settimana con Cameron per ripassare al meglio tutte le materie, dato che deve affrontare dei test. Ho parlato anche molto con Kendall per telefono, è un'ottima ascoltatrice e devo dire che, sarebbe anche un'ottima amica, se solo io glielo permettessi. Ma il problema è che non è colpa mia, ma delle mie paure, forse insensate, nel ferire e perdere le persone a cui tengo.

Entro nel grande edificio scolastico e, dopo aver preso i libri dal mio armadietto, entro nel laboratorio di chimica, dove oggi si terrà la lezione e mi siedo accanto a Kendall, per la prima volta in quattro anni. Mi sedevo sempre accanto ad un'altra persona, anche se parlavamo troppo, avevamo molto da dirci nonostante passassimo quasi tutti i giorni insieme.
La professoressa inizia a parlare, mostrandoci dei contenitori contenenti diverse sostanze chimiche. Non è neanche iniziata l'ora che già mi arrivano delle palline di carta da parte di Gimmy e Tyler, il suo compagno di banco. E proprio mentre loro continuano a distrarmi, che i miei pensieri finiscono involontariamente su Cameron, chissà come se la cava con il test. Sono sicura che può farcela, è in gamba.

Dopo tre ore, che sembravano non finire mai, la campanella per la pausa pranzo suona, mi alzo velocemente e raccolgo le mie cose, per poi uscire dalla classe di letteratura inglese. Cammino per il corridoio, con i pensieri in subbuglio a causa di una strana sensazione che mi attanaglia il petto. Non noto nemmeno Kira, che approfitta del mio momento di smarrimento per farmi uno sgambetto, facendomi cadere a gattoni proprio nel bel mezzo del corridoio mentre tutti si godono la scena, ridendo.
"Fai più attenzione, Lex" mi dice con la sua solita voce stridula, mi alzo in piedi gettando lo zaino per aria e avvicinandomi a lei con aria minacciosa. Sentire quel nomignolo mi fa ribollire il sangue nelle vene e fa aumentare precipitosamente il mio battito cardiaco.
"Ma che problemi hai?" le urlo in faccia, quel faccino da barbie che si ritrova e che io rovinerei volentieri a suon di pugni.
"Di certo non i tuoi, cara. Altrimenti sarei rovinata" continua lei, schernendomi. Credo di avere il cervello offuscato dalla rabbia, perché non so dove trovo il coraggio di urlarle in faccia e di agire in modo impulsivo, come non ho mai fatto prima d'ora.

"Sai cosa ti rovino io, ora? La faccia" urlo su tutte le furie, per poi afferrare e stringere in un pugno i suoi lunghi capelli biondi, cadiamo per terra iniziando ad afferrarci i capelli a vicenda, mentre le urla si elevano intorno a noi. Dopo una decina di minuti, passati a tirarci schiaffi e a sferrarci gomitate, qualcuno afferra la vita di Kira, che inizia ad urlare e scalciare, e due mani possenti afferrano la mia alzandomi di peso.
"Ma sei impazzita?" La voce di Cameron giunge alle mie orecchie mentre mi libero dalla sua presa in malo modo. Alzo gli occhi per vedere com'è ridotta Kira, ma, subito dopo, spalanco la bocca sconvolta. Non posso crederci. Non lui. Non può essere veramente lui. Lo osservo quasi per accertarmi che non sia un fantasma, ma per mia sfortuna è lui in carne ed ossa. Il ciuffo castano chiaro rivolto all'insù come sempre, gli occhi nocciola che mi scrutano attentamente, la carnagione ambrata e il fisico scolpito e slanciato come anni fa. È davvero lui.

"Cosa avete da guardare?" sbotta Cameron infastidito, verso la folla di studenti intorno a noi, che distolgono immediatamente lo sguardo e si dileguano, temendo l'arrivo del preside.
"Che cosa ci fai tu qui?" urlo sconvolta rivolta ad Austin, mi avvicino e gli punto un dito contro il petto. È sempre lo stesso, non è cambiato per niente, a differenza mia, che non immagina minimamente quanto sia cambiata. Austin è il mio ex-migliore amico, il pezzo di merda che mi ha lasciata sola in questi tre anni. Noi tre eravamo una cosa sola, lui era il ragazzo perfetto pensavo che prima o poi me ne sarei innamorata, ma quando Maya è scomparsa, è scomparso anche lui. È partito per l'Italia a causa del lavoro dei suoi genitori, questa causa, però, non mi ha mai convinta.
"Sono tornato per terminare il mio quarto anno. Sono stato rimandato in Italia e preferivo tornare qui." Mi guarda come se non fossi più io, e, in effetti, ha ragione, non sono più io, la ragazzina dolce e indifesa, distrutta dalla scomparsa della sua migliore amica. Afferro il mio zaino e mi avvio verso l'uscita seguita da Cameron mentre sento in lontananza la voce stridula di Kira che ridacchia dicendo qualcosa ad Austin. Qualcuno, però, mi blocca la strada e sono costretta a fermarmi sui miei passi.
"Harper, Anderson, Steven e Butter, vi voglio immediatamente nel mio ufficio" dice autoritario il preside, lo seguiamo in silenzio e Cameron mi passa un fazzoletto per asciugarmi il sangue dal naso mentre Kira si aggiusta i capelli. La osservo con disprezzo e anche se non è da me dirlo, se lo è meritato.

Nella sala d'attesa, dell'ufficio del preside, ci sono mio padre e i genitori di Kira. Il preside, a quanto vedo, non ha perso tempo, come è solito fare.
"Entrate pure" invita i nostri genitori ad entrare e la segretaria liquida velocemente Cameron e Austin.
"Ci sentiamo dopo, ok?" mi sorride Cameron e io annuisco, nonostante sono convinta che non accadrà.
"Avranno la punizione che si meritano" dice il preside al termine del suo lunghissimo discorso. Mio padre è arrabbiato e mi sa che a casa mi aspetterà una punizione ben peggiore. Usciamo da scuola, dopo aver salutato cordialmente, e arriviamo in pochi minuti a casa.

Non voglio deluderlo, ma ero stanca. Stanca di sopportare tutto e tutti, così mi sono sfogata, non sono soddisfatta del mio gesto perché so che non è giusto, ma, per la prima volta nel corso di questi anni, mi sono sentita libera con un solo gesto di violenza, mi dispiace per Kira anche se non dovrebbe, ma forse dovrei sfogare questa rabbia, che mi porto dentro, in modo diverso e non come gli altri fanno con me.

"Come ti è venuto in mente?" urla infuriato, entrando in casa. Anche la nonna che si era girata dalla cucina pronta ad accogliermi con il suo solito sorriso aggrotta le sopracciglia confusa.
"Non è stata colpa mia, mi ha istigata" urlo di rimando, gettando lo zaino all'ingresso e avvicinandomi alla nonna in cucina. Le bacio la guancia soffice e mi volto verso la porta d'ingresso, dalla quale entrano Harry e Mike.
"Mi hai deluso, Alex. Non pensavo fossi così violenta" continua e ha ragione non lo pensavo nemmeno io, fino a qualche minuto fa.
"Che cos'è successo questa volta?" domanda Mike, guardando preoccupato nostro padre che ha la mascella contratta e si massaggia le tempie, lo fa quando ha bisogno di riflettere.
"Questa volta? Ehi! Io non ho mai picchiato nessuno, a parte voi" protesto alle parole di mio fratello, ma ciò fa arrabbiare ancora di più papà.
"Smettila! Fila in camera tua, ne riparliamo dopo" mi indica le scale e sbuffando, salgo lentamente verso la mia stanza, chiudendomi la porta alle spalle con un tonfo.

'Mi hai deluso', lo avrebbe detto comunque e io mi sarei sentita lo stesso in colpa.





Take me away with you! | In revisioneWhere stories live. Discover now