33. I pensieri vagano veloci

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Cazzo. Sono sveglia.

Apro gli occhi lentamente. Guardo Kira. E' seduta su una poltroncina accanto al mio letto. Sono nella mia stanza d'ospedale. L'illuminazione mi da' fastidio e ho un po' caldo. Ho tanta sete. Ho uno strano sapore in bocca.

Continuo a guardare Kira, o almeno ci provo, per quanto mi permettano i miei occhi ancora socchiusi. Si regge la fronte con la mano e guarda il pavimento. E' così bella. Neanche me lo ricordavo che fosse così bella. Mi è mancata tanto. Non so stare neanche un secondo senza lei.

Ammiro il suo faccino stanco per quello che sembra un'eternità. 

"Kira Kowayashi che piange. Wow, che cosa straordinaria da vedere" borbotto io, facendo scattare la sua testa verso di me. 

E' sconvolta. Non riesce a spiccicare parola. Credo di averla lasciata senza fiato.

"Non piangere e abbracciami" continuo io.

Kira si asciuga le lacrime prima di montarmi addosso e abbracciami così forte da togliermi il respiro. Lascia un bacio a stampo sulle mie labbra. 

La vedo smanettare con i macchinari connessi al mio braccio.

"Stai cercando questo?" le domando io, spingendo il pulsante per chiamare l'infermiera.

Kira mi sorride mentre altre lacrime nere le rigano il viso.

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Il dottore mi misura la pressione e fa tutte le analisi necessarie, come da protocollo. Tento di alzarmi, ma non ci riesco. Cerca di rassicurarmi. 

"Di solito, le persone che vanno in coma ci mettono un po' per riacquisire tutte le funzioni primarie. Ad esempio, tu farai fatica a camminare per qualche tempo. Se segui un processo di riabilitazione non dovresti metterci poi così tanto. Non ti preoccupare" mi conforta lui.

Sono molto contenta, perché Kira ha lavorato anche come fisioterapista per bambini. Credo mi possa aiutare lei. Sarà una passeggiata, se avrò lei sempre al mio fianco.

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Due giorni dopo sono fuori. La prima cosa che faccio è correre in camera mia e abbraccio fortissimo il mio cuscino; perché il letto, il tuo letto, è la cosa che ti manca di più quando sei in ospedale. Poi, certo, mi era mancato anche il mio bagno, ma di abbracciare il cesso non mi va proprio.

Mi faccio una doccia nel mio bagno, con il mio sapone. E' così bello stare a casa, sentirne l'odore. Mi sento così al sicuro ora. 

Mentre scorre l'acqua i pensieri vagano veloci dentro la mia mente. E come tutte le volte che capita, mi ritrovo a piangere come una bambina.
Penso a mamma; al fatto che non ci siamo mai volute bene, al fatto che non le ho detto neanche l'ultima volta nel suo ultimo giorno di vita che le volevo bene. Al fatto che mi disprezza e mi ha sempre disprezzato. Anche se è una persona di merda mi manca. Tanto. 

Non ci devo pensare. Non ci devo pensare. Non ci devo pensare. Lo ripeto di continuo nella mia testa.

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Una volta uscita dalla doccia, giustifico il mio viso distrutto a Kira dicendole che mi è entrato lo shampoo negli occhi. 

Mi aiuta a camminare fino a letto. Mi guarda intensamente negli occhi. 

"Stai una favola con questo vestito che ti ha donato tua madre quando sei nata" sussurra lei.

"Ma sono bella sempre, io" ridacchio.

"Hai ragione" mi sorride delicata.

 "Ora, se non ti dispiace, ti togli così mi vesto?" le chiedo giocosa.

Lei mi risponde con un bacio a stampo sulle labbra. Poi uno sul collo. Un altro. E un altro.

Rendendomi conto delle sue intenzioni, a malincuore afferro la sua testa e la allontano. Una sana scopata-- scusate il termine da cavernicolo, ma non lo faccio da un po', sai com'è, ero in coma--  ci starebbe benissimo in questo momento, ma sono troppo stanca. 

"Quando iniziamo a fare riabilitazione?" sbotto.

Mi guarda, come a dirmi sei proprio una guastafeste, poi evita l'argomento alla grande.

"Mi sembra di capire che sei troppo stanca, o no?" risponde al fuoco.

Provo a farle una faccia dolce. Niente da fare.

"Non cambierò idea questa volta" conclude, prima di baciarmi sulla fronte e allontanarsi dal mio letto.

Una ragazza per meWhere stories live. Discover now