8. No

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Mi sveglio mandando a fanculo la sveglia, come ogni mattina. Mi siedo sul letto, sperando che tutto quello che è successo ieri sia stato solo un brutto sogno. Invece era tutto reale, e ne ho ancora il vivido ricordo nella mente.

Mi stropiccio gli occhi. Vorrei solo sotterrarmi e urlare per l'eternità.

Dopo quasi dieci minuti di crisi nervosa interiore decido finalmente di alzarmi dal letto e, a piedi nudi, raggiungo il bagno per lavarmi i denti.

Mi guardo allo specchio. Sono distrutta. Ho gli occhi gonfi, il trucco colato e i capelli che somigliano ad un porcospino morto. Un vero disastro.

Più fisso la mia immagine riflessa, più odio me stessa per avere osato pensare di piacere a qualcuno. Sono delusa e sfinita. Non posso più vivere di film mentali e illusioni. Devo sapere tenere i piedi per terra e la testa sulle spalle. Ora basta. È il momento di crescere.

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Dopo essermi vestita e resa presentabile, esco di casa, con l'umore sotto i piedi. Sono ormai in ritardo per la prima ora, quindi me la prendo comoda e cammino lentamente verso scuola. Mi serve un po' di tempo per liberarmi le mente e riorganizzare i miei pensieri.

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Quando arrivo a scuola mi assale immediatamente una sensazione di angoscia. Cammino fino alla mia classe e aspetto davanti alla porta fino al suono della campanella. Driiiin. Odio quel rumore.

Con riluttanza apro la porta della mia classe e, con lo sguardo basso, entro senza dire una parola. Nessun buongiorno, nessun scusi per il ritardo. Non ho davvero la forza di volontà per interagire con le persone.

Sento tutti gli occhi dei miei compagni puntati su di me. Li ignoro. Mi dirigo in silenzio verso il mio posto in fondo all'aula. Scaravento lo zaino in terra, provocando un rumore pesante. Attiro ancora una volta l'attenzione di tutti. Non mi importa. Mi siedo pigramente e guardo le mie mani poggiate sul banco. E poi mi ricordo. Io siedo accanto a lei.

La ignoro tutto per tutto il giorno, fingendo di ascoltare la lezione o prendere appunti, cose che non ho mai fatto in sei anni di superiori.

Al suono della campanella che indica la fine della giornata, si gira di scatto e inizia a parlarmi.

"Oggi studi da me?" mi chiede, con nonchalance.

La guardo e ridacchio, ovviamente per finta, perché con il cuore a pezzi non si può ridere seriamente.

"No."

Boom. Mi sono tolta un bel peso rispondendole così. Non le do il tempo di ribattere e mi alzo velocemente, raccogliendo lo zaino da terra e quasi correndo verso l'uscio. Non sono riuscita a vedere la sua reazione, ma sono sicura che ci è rimasta di sasso.

Finalmente, uscendo da scuola ho il mio relax quotidiano. Mi reco tutta pimpante in palestra, il mio posto felice. E pensare che per quella stronza ieri non ci sono nemmeno andata.

Una ragazza per meWhere stories live. Discover now