28. Con chi eri? Dove? Perché?

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La giornata di scuola sta per finire perfettamente. Però, dato che nella mia vita le gioie sono poche, non finisce qui.

Suona la campanella dell'ultima ora. Mentre mi dirigo verso l'uscio sento qualcuno che mi strattona da dietro.

Michelle. Ovvio.

Si attacca letteralmente da dietro e mi prende per i capelli. Mi getta per terra con violenza. 

"Adesso lo vedi che cosa succede se provi a parlare"

sussurra.

Io non avevo alcuna intenzione di dirlo a qualcuno, ma prima che potessi controbattere si sdraia accanto a me e si mette ad urlare come una gallina. Sono molto confusa e con so come reagire.

Ma che cazzo vuole fare? 

"Aiuto!"

inizia a frignare.

Capisco immediatamente il suo gioco. Vuole provare a mettermi nei guai, fingendo che io l'abbia attaccata.

E ci riesce anche.

Infatti, pochi secondi dopo ci raggiunge il professore di fisica, guarda caso, amico stretto del padre di Michelle.

"Che cosa è successo?"

domanda l'uomo, allarmato.

"Mi ha attaccato!"

esclama veloce lei.

"Che cosa? Ma se hai fatto tutto da sola!"

provo a difendermi, ma non dico altro.

Sprecare il fiato non sarebbe servito a niente.

A chi avrebbe creduto, alla sua protetta o alla strana della scuola, che passa più ore in punizione che in classe?

"Ma come ti permetti?"

urla Michelle.

Io non rispondo per non aggravare la mia situazione.
Mi rassegno a dover passare qualche ora in punizione. Tanto, non è la prima volta e non sarà neanche l'ultima.

-

Mi piace stare in punizione.
Mi piace , perché l'aula delle punizioni è dove stanno tutte le persone simili a me.

Scarti della società con problemi familiari e una vita poco interessante. I professori ci confinano tutti lì e passiamo il pomeriggio intero immobili a guardarci in faccia. 

Fino qualche anno fa, quando ero ancora più solitaria, preferivo stare in punizione piuttosto che stare a casa con mia madre. È da una settimana che non passo qui il pomeriggio.

Però che palle, oggi mi sarebbe piaciuto tornare a casa presto. 

Il pomeriggio passa lentamente. Parliamo di un sacco di cose tra di noi perché siamo soli.

Gli insegnanti rientrano solo quando ci fanno uscire dall'aula. 

Prendo un foglio e mi metto a disegnare come una bambina per passare il tempo.

Alle 18:00 suona la campanella e finisce la punizione, finalmente.

Entra la bidella-- scusate, collaboratrice scolastica, come adorano essere chiamate-- e ci squadra come se fossimo merda. Come sempre.

"Andate a casa, deficienti"

borbotta la signora, lasciando la porta spalancata prima di uscire. 

-

Torno a casa, stremata. Devo affrontare Kira, che è visibilmente alterata. Mi squadra in silenzio per qualche secondo.

"Non so se le regole sono cambiate, ma quando andavo a scuola io, le lezioni non duravano fino alle 18:00"

dice tagliente.

Wow, è gelosa? 

Ottengo la conferma quando comincia a bombardarmi di domande

(Con chi eri? Dove? Perché?), e soprattutto se mi fossi resa conto di aver saltato l'allenamento di oggi. 

Sono troppo stanca per raccontarle tutto, perciò la bacio per farla tacere. È rigida, ma non le ci vuole molto a sciogliersi e a ricambiare.

Una ragazza per meWhere stories live. Discover now