1. Non è colpa mia essere me

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Mi sento così triste oggi. Per l'ennesima volta sono stata discriminata per il mio orientamento sessuale; eppure a vedermi da fuori non sembro una ragazza che se la prende per le critiche altrui. In realtà ci soffro molto.

Da sempre mi sono sentita uno scherzo della natura, come se la mia vita fosse un gioco. Sono stata sempre presa in giro.

La mia vita è come un Truman Show; tutte le cose che faccio servono per far ridere gli altri o per mettermi in ridicolo.

Qualsiasi cosa io faccia è sbagliata: mi è stato fatto notare, e non poco, da mia madre; infatti coglieva ogni occasione per rimproverarmi e per farmi pesare ciascun piccolo mio errore. Parlo al passato perché mamma non c'è piu. Tre anni fa è venuta a mancare. Dopo mesi di terrore, il girono venne.

Sapevo che non stava bene. Negli ultimi tempi faceva avanti e indietro dalla casa all'ospedale e, invece di provare a riconciliarsi con sua figlia, non faceva altro che guardarmi con disprezzo. Non ci dicevamo quasi niente.

Io piangevo, giorno e notte, perché sapevo che di lì a poco mi avrebbe lasciata. Anche se mi disprezzava, mi faceva soffrire, mi ripudiava, mi rinnegava come figlia. Io lo so che, in fondo, mi voleva bene. Non meritava di soffrire come invece ha fatto, purtroppo. 

Ancora oggi mi attribuisco la colpa della sua morte. Magari la causa è della mia impertinenza o ribellione continua. Magari se l'avessi fatta stressare meno avrebbe vissuto qualche mese in più.  Magari, se non l'avessi delusa. 

La morte sarebbe arrivata per certo, perché la sua brutta malattia non era curabile. 

Piangevo tutto il tempo. Tutto quello che riusciva a dirmi era così non mi aiuti: mi fai entrare in depressione con i tuoi stupidi pianti inutili, oppure quante volte te lo devo dire? Non risolvi niente se piangi. Non mi dai neanche mezzo giorno in più di vita. 

Per farla stare meglio avevo iniziato anche a frequentare la chiesa. Pregavo ogni giorno, e speravo con tutta me stessa che pregando il Signore sarebbe avvenuto un miracolo e che lei stesse bene. Benché non fossi mai stata credente, ci mettevo tutta me stessa. Non ero pronta a lasciarla andare.

Morì in ospedale durante la notte. Io, naturalmente, lo venni a sapere solo il giorno dopo. Quando la vidi, bianca, senza vita, inizialmente non riuscii neanche a piangere. Ad averla lì, davanti a me, sembrava ancora viva. Aveva la stessa espressione del giorno prima stampata in faccia. La volevo stringere, provare a farla rivivere in qualche modo. Che idiota.

Il giorno prima della sua cremazione-- che scelsi io appositamente, perché si sa che i cadaveri vanno in decomposizione, e pensare al corpo di mia madre divorato dai vermi non mi fa sentire molto bene-- feci un'ultima preghiera. L'ultima che io abbia fatto in tutta la mia vita. Pregai Dio per l'ennesima volta, dal momento che a quanto pare non mi aveva mai ascoltato. Gli diedi una specie di ultimatum. Lo so, un po' ambizioso da parte mia, ma non avevo più nulla da perdere. E nessuno. 

Dio, ti prego, dimmi che è felice. Fammela vedere in sogno. Fammi vedere che è felice.

Quella stessa notte, la sognai. Per la prima volta in tanto tempo sorrideva, e mi guardava quasi con compassione. 

Ora non credo in Dio. Lo ringrazio lo stesso, però, se esiste, perché me l'ha fatta vedere per l'ultima volta. Grazie.
Grazie mamma.

Non ho mai trovato una persona che mi amasse veramente, solo ragazze frivole.

Sono nata sbagliata, ma non è colpa mia. Sono fatta così.

Una ragazza per meNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ