Capitolo -42-

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Uno sbadiglio sorprese Elsa che subito coprì il gesto involontario con la mano destra. <<Dicevi? >>

Elsa, ormai arrossita per l'imbarazzo, strabuzzò gli occhi in direzione del compagno d'avventura. <<Dicevi di non essere stanca. Più evidente di così. >> scoppiò a ridere Hiccup, mentre la ragazza si lasciò andare poco dopo a una risata esaurita.

<<Quanto ti manca per finire? A me solo una pagina. >> comunicò la giovane con un sorriso.

<<Dieci, me ne mancano dieci... ma come fai? Te li mangi i libri? >> sospirò affranto il ragazzo.

<<No, semplicemente li leggo come tutti. >>

<<Come tutti, certo. >>

Due minuti dopo Elsa chiuse il libro e recuperò quello di Hiccup per aiutarlo a finire. <<Grazie. >>

Nella stanza in cui si trovavano c'era una strana atmosfera di calma e sicurezza che certamente non era piacevole; e il profondo silenzio all'esterno era tutto fuorché tranquillizzante. Nonostante ciò i due adolescenti stavano studiando come pazzi ogni singolo termine e significato di quei due libri per trovarsi pronti quando, ristabilendo il collegamento con i compagni di college, si sarebbero teletrasportati nuovamente.

<<Non c'è una soluzione. >> dissero sconvolti entrambi i giovani. Volevano sparire; si erano ritrovati semplicemente incapaci di fronte alla realtà. <<Non c'è una sola pagina che dia una soluzione per chi viene ritrovato a scappare dopo un furto in un regno adiacente e non nativo. >> sospirò Elsa.

<<E Eugene non può provare di non aver rubato nulla ma di essere solo stato inseguito da quei tipacci. Quando serve la magia non può essere utile, che tristezza... è orribile tornare così, senza poterlo aiutare. >> Hiccup abbracciò Elsa per allontanare quel sentimento di solitudine che li stava avvolgendo e quella sensazione di incapacità che suo padre desiderava da una vita fargli provare sulla pelle e che non per sua volontà ora gli stava penetrando le ossa; non riusciva però ad ammettere ad alta voce che per una volta il padre aveva stravinto.

Improvvisamente un rumore acustico arrivò alle orecchie dei due e la voce di Jack interruppe lo sconforto nella stanza. <<Ragazzi... >>

<<Non hai rispettato le istruzioni. >> lo informò Hiccup, con poca voglia di comunicare a qualsivoglia essere vivente qualsiasi cosa dovesse dire.

<<Lo so, però volevo essere sicuro che steste bene. Prima che mi accusiate... non è mancanza di fiducia, poiché ve ne ho dato già prova quando ho interrotto il collegamento... Elsa, Hiccup, state bene... ? >>

Il berkiano e la regina si guardarono ed Elsa sospirò. <<Jack, non possiamo fare nulla per Eugene. >>

Il guardiano sentì come se qualcuno gli avesse versato addosso ghiaccio e pietre, e si disperò nel pensare alla possibile reazione dell'amico che non avevano potuto in alcun modo aiutare. Si ricompose come meglio poté. <<Tornate da noi in fretta. >>

<<Ora usciamo da qui. >> annunciò Hiccup sollevandosi e porgendo una mano alla compagna che l'accettò di buon grado, avviandosi poi nel corridoio al di là della porta, mentre Jack interrompeva il collegamento.

Si guardarono intorno leggermente intimoriti. <<Sembra non esserci nessuno. >>

<<Speriamo sia così, Elsa. >>

Camminarono lentamente addossati al muro di sinistra e scesero le grandi scale silenziosi. Ogni tanto i loro occhi cadevano sulle bellezze artistiche e architettoniche del castello, quei colori così allegri e sereni resi ancora più vivi dalla luce del sole che stava sorgendo: erano d'accordo sul fatto che fossero di fronte a un vero e proprio spettacolo antropico reso spettacolare dal tocco speciale della natura. Naturalmente i ragazzi ne furono talmente estasiati da fermarsi più volte e ogni tanto si persero nel ridere e giocare con quelle luci di mille sfumature.

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