Capitolo -37-

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Tutti i fogli erano sparsi in modo confusionario sul tavolo di legno: scritte e disegni ricoprivano fitti tutti gli spazi dell'area della carta e sembrava non ci fosse un vero inizio in quei progetti. O almeno a una prima occhiata si pensava così; ma osservando attentamente tutti quei fogli si poteva comprendere che il loro essere sparsi e posizionati senza un criterio logico era solo apparente: seguivano una semplice e immaginaria linea a zig zag da destra.

La camera era riempita solo dalla presenza di alcuni oggetti d'arredamento e la luce era opaca, flebile e penetrava solo attraverso una piccola fessura nella finestra.
Si sentì un vociare abbastanza furente al di fuori e quello che sembrava essere un luogo tranquillo si trasformò in confusionario e carico di rabbia.

Un ragazzo mingherlino spalancò la porta della sua stanza, entrando e portando con sé il freddo dell'inverno ormai giunto nel villaggio. Sospirò chiudendo la porta dietro di sé e scivolandovi contro. Con le ginocchia vicine al petto e i pensieri sparsi senza un ordine nella sua mente osservò le sue mani con sguardo perso.

<<Hiccup! Apri questa porta! >> il povero ragazzo sobbalzò dando uno sguardo ai fogli sul suo tavolo e buttando la testa all'indietro.

<<Hiccup hai sentito quello che ti ho detto? Apri questa porta subito o non esiterò a usare le maniere forti! >>

Solo quello sapevano fare i veri vichinghi: usare la forza e le armi. Quando mai avrebbe trovato qualcuno nel suo mondo che non lo giudicasse subito ma che avesse la volontà anche solo di osservare il suo lavoro così importante per lui?

Gli sarebbe piaciuto capire precisamente, in ogni suo singolo dettaglio, come funzionasse il teletrasporto, un'arte che nemmeno nel XXI secolo esiste, ma che nel suo college ha la sua completa realizzazione. Nonostante ciò arrivò, o meglio si ritrovò, nella sua stanza, dopo tre mesi di assenza: nulla era cambiato, anzi sembrava non esserci entrata nessuna persona all'interno da quando se n'era andato, tanto l'aria era chiusa e asfissiante. La prima azione che compì fu quella di spalancare le finestre alla ricerca d'aria: una gelata di vento fresco lo fece rabbrividire e lo costrinse a stringersi nella sua giacca evidentemente inadatta al clima berkiano. Pensò divertito che Jack fosse già passato da lui e scosse la testa sorridendo.

Era bello quel silenzio nella sua stanza, quello che lo accompagnava nei momenti più belli di quotidianità a Berk. Si voltò a studiare tutto il locale e la prima decisione che prese fu quella di non dire niente a nessuno del suo ritorno, anche perché era certo che neppure uno, nemmeno suo padre, vi si sarebbe interessato.

Si avvicinò al tavolo di legno della sua stanza, così differente da quello del college ma così emotivamente ricco di ricordi, forse quello che lo aveva visto crescere per più tempo nonostante non fosse animato. Si soffermò su un libro aperto che mostrava una pagina bianca: il suo desiderio di trovare e catturare una Furia Buia per guadagnarsi anche solo la fiducia del padre.

Recuperò il suo sgabello e vi si sedette, procedendo a scrivere, ancora con le valigie in attesa di essere disfatte e con la mente altrove tranne che a Berk.

Avrebbe potuto alzarsi velocemente da terra e nascondere i suoi fogli per fare in modo che essi non potessero essere visti da nessuno, ma ormai che senso aveva? Era troppo tardi per nascondere la realtà dei fatti.

Un uomo dalla figura imponente camminava pensieroso, rivolgendo di tanto in tanto lo sguardo verso il suo amico di lunga data.

<<Skaracchio, sbaglio o Hiccup doveva tornare già ieri? Dove si è cacciato quel ragazzino? >> in realtà la sua non era propriamente preoccupazione, ma solo una forma di ansia che quella situazione non programmata lo stava portando a cercare una soluzione per riportare tutto all'abitudine così sicura e senza rischi.

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