Capitolo -25-

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Sospirò frustrato. L'ennesima diversità, l'ennesima inferiorità, l'ennesimo disprezzo per chi non è come si vuole.

Camminava avanti e indietro, pensando, sbuffando, passandosi le mani tra i capelli agitato, senza tregua, senza un minimo di emozioni positive, ma con tanti pensieri per la testa.

Guardava quel suo foglio tra le mani, quel foglio con i suoi pensieri più profondi, quello che aveva impressi i suoi tormenti, le sue lamentele per quel mondo così crudele, che si aspettava da te qualcosa che tu non potevi dare perché semplicemente volevi essere te stesso e non un altro per essere accettato.

Si sentiva solo, ma non lo era con i suoi amici... allora perché si sentiva così solo?

Sbuffò di nuovo prendendo il foglio con le dita per i due lati opposti e iniziò a strapparlo lentamente.

Suo padre non lo riteneva un vichingo; il suo villaggio non lo riteneva tale, ma lo considerava un rammollito, un ragazzo sbagliato, nato nel posto sbagliato e nel mondo sbagliato.

Si sentiva solo e l'unica cosa che in quel momento lo faceva sentire vivo era il lento strapparsi di quel pezzo di carta, che parlava di lui, per lui, che condannava la crudeltà di un mondo che sarebbe rimasto tale fino alla fine. Perché niente poteva cambiarlo.

E allora perché strappava quel foglio?

Per sentirsi vivo e perché la sua opinione, le sue idee, le sue passioni, non contavano più nulla.

Preso da un momento di sconforto iniziò a strappare quel pezzo di carta con più energia, e molto più velocemente, fino a renderlo irreparabile.

Aveva lo sguardo perso, vuoto, si sentiva a pezzi e si sedette a terra, mentre quei piccoli pezzettini di lui si sparpagliarono per il giardino.

Pioveva. Pioveva come se non dovesse mai finire. Pioveva come se dovesse cancellarlo.

Sconforto. Solo lui e la solitudine.


<<Lo sto cercando da più di un'ora! Dov'è finito? >>

Jack era agitato. Girava per la stanza senza sosta.

Elsa lo osservava senza sapere cosa fare. <<Che è successo? >>

Jack finalmente degnò di uno sguardo la ragazza e lesse confusione sul suo volto.

Lui non aveva fatto nient'altro che entrare nella stanza della bionda senza preoccuparsi di bussare, ed era entrato come una scheggia; non le aveva lasciato il tempo di fare niente, neanche di respirare, e si era buttato sul primo letto che gli era capitato, in uno stato di pieno sconforto.

<<La prof. di magia l'ha praticamente cacciato perché dice che non è degno di impugnare una bacchetta, e che non riuscirà mai a farlo. Il problema è che i prof. si aspettano troppo da noi dopo l'attacco e ogni stupidaggine è buona per attaccarci. >> quel getto di parole detto così, senza respirare, fece sussultare Elsa, che restava muta, senza parole.

<<Il fatto è che lui non è mai stato accettato a Berk, tant'è che neanche il padre lo considera suo figlio. E lui ne soffre... tanto. >> Jack sospirò rassegnato. Non sapeva dove andare a cercare l'amico, e prima di aiutarlo doveva trovarlo.

Elsa sospirò affacciandosi alla finestra della sua stanza.

Celare, domare, non mostrare...

Sorrise. Era così simile alla sua vita. Lei così diversa, così sbagliata, così sola.

Jack curioso la osservò e si chiese perché si fosse affacciata alla finestra. <<Che stai facendo? >>

Si avvicinò alla ragazza e notò il suo sorriso; poi guardò fuori dalla finestra anche lui: Hiccup era proprio appoggiato al tronco di un albero, con la testa sulle ginocchia e con un paio di pezzetti di carta intorno a lui. Sotto la pioggia.

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