II - Simulazione.

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Raiko rimase da sola nella stanza doveva aveva pranzato

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Raiko rimase da sola nella stanza doveva aveva pranzato. La conversazione si svolse alla fine del pasto quindi lo stomaco pieno la faceva sentire a disagio, visto il suo stato mentale.

Le parole di Irena avevano instillato un dubbio enorme nella ragazza. L'avevano costretta a confrontarsi con qualcosa che aveva sempre ignorato. Il punto di vista della donna aveva completamente scombussolato le sue sicurezze. Sicurezze che doveva ricordare sempre a se stessa per convincersi che fossero vere.

Si sentiva piccola, ingenua, stupida e ignorante.

Nessuno era mai riuscito a farla sentire così.

Quella sensazione non le piaceva. Il corpo tremante, il groppo in gola, il cuore impazzito e l'insicurezza non le piacevano per niente.

Doveva liberarsi di quelle sensazioni, altrimenti non sarebbe andata avanti.

"Per fortuna te ne sei andata, Irena Lawson. Se fossi rimasta ancora vicino a me, dopo una conversazione del genere, ti avrei uccisa solo per il gusto di liberarmi di te. Però ti sei salvata. Chi mi infastidisce non la passa liscia!"

Così, attraverso la rabbia e l'odio, Raiko era riuscita a riprendere il controllo. Le bastava spostare la propria attenzione da se stessa su altro affinché questo accadesse.

Adesso il problema non era più lei, ma Irena Lawson.

Chiuse gli occhi e ripetè a se stessa il mantra "ho ragione io, loro hanno torto" finché non fu interrotta da altro.

Molto più tardi Near la invitò affinché fosse presente all'arrivo di Leon. La ragazza era molto silenziosa e sulle sue, né lui né Darius dissero qualcosa per infastidirla.

-Il nostro ospite arriverà a breve.

Fece notare il detective. Qualche minuto dopo fece la sua comparsa nel salone principale delle indagini il fantomatico Leon.

Fu impossibile ignorarlo perché salutò con così tanta energia che più che un saluto il suo sembrava un urlo, causa sicuramente il fatto che stesse indossando delle grandi cuffie bluetooth.

Era un giovane molto entusiasta.

I suoi capelli corti e ribelli avevano lo stesso colore di quelli di Irena, ma non erano ondulati come i suoi. Nonostante non fosse brutto, non aveva ereditato la bellezza della madre, questo in aggiunta al suo modo di fare troppo entusiasta non lo rendevano per niente affascinante. Non sbatteva spesso le palpebre e quando sorrideva sembrava doversi obbligare a farlo. Anche se era energico, era anche molto impacciato. Indossava una tuta scura e una t-shirt con l'illustrazione di qualche gioco famoso, la suola delle sue scarpe sportive si illuminava. In mano teneva una valigetta con tanti adesivi attaccati, la posò a terra una volta entrato.

A vederlo per la prima volta, i due sospettati capirono subito che la sua passione avesse a che fare con il mondo dei videogiochi. Salutò di nuovo i presenti uno per volta. Prima si avvicinò a Near e fece il saluto militare.

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