II - L Lawliet. (SPECIALE)

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Irena aveva appena compiuto dodici quando Watari la prese in disparte per spiegarle cosa sarebbe accaduto da lì in poi

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Irena aveva appena compiuto dodici quando Watari la prese in disparte per spiegarle cosa sarebbe accaduto da lì in poi.

Fu bravo a scegliere le parole e la ragazza dovette dargli ragione, in fin dei conti era vero quello che Watari diceva: lei non poteva rimanere lì e presto non ci sarebbero stati motivi per farlo.

Lei e L stavano crescendo e in quel periodo della vita molte cose sarebbero cambiate, poteva già comprendere come lui sarebbe cambiato e capiva a pieno che non poteva rimanere. Quel luogo stava veramente diventando opprimente, se non fosse stata per quella particolare amicizia, sarebbero stati anni brutti per lei. Aveva bisogno di parlare e interagire con la gente e di sentirsi simile agli altri, perché in quel luogo, era lei quella diversa.

Watari le aveva già presentato la sua nuova famiglia.

-Glielo dirai tu a L?

Le chiese Watari.

-Sì, certo. Devo salutarlo, non è bello andarsene senza salutare.

Irena avvertì L quello stesso giorno che fra una settimana sarebbe andata a vivere con una nuova famiglia.

Il ragazzo non sembrò turbato, era curioso. Le fece un sacco di domande: se andrà in una scuola normale, se potrà praticare sport, se si cucinerà da sola o meno. Irena rispondendo a tutte finì per sentirsi più leggera, perché il cambiamento la spaventava, quindi concentrarsi sulle cose belle era una buona idea.

Le sue valigie erano pronte e l'ultima sera passata alla Wammy's House prese una decisione difficile.

Era in camera sua quando L arrivò.

-Cosa volevi farmi vedere?

-Questo.

Irena mostrò il letto, privo degli ormai vecchi pupazzi, accanto a esso c'era un sacco della spazzatura molto grande.

-Hai buttato i tuoi pupazzi?

Chiese lui sorpreso.

-Sì, non entravano in valigia. È arrivato il momento, ora sono grande. Devo imparare a dormire senza di loro, altrimenti la mia nuova famiglia penserà che sono strana.

-Eh, ma così di botto? Ne sei sicura?

-Certo, erano solo pupazzi.

L fece spallucce.

Quando arrivò il momento di dormire, Irena stava in ansia.

Lei non lo sapeva, ma lo avrebbe capito poi in futuro, che attraverso la presenza dei pupazzi aveva rimpiazzato quella dei genitori come figure che di notte la facevano sentire al sicuro. Era qualcosa di subconscio che negli anni si era costruito nella sua mente e adesso voleva stroncarlo così, su due piedi.

L pensava fosse qualcosa del genere, anche se a quell'età non sarebbe stato in grado di spiegarlo.

La ragazza comunque voleva essere forte e si costrinse ad addormentarsi in quelle condizioni.

Provava un paura insensata, tanto che non aveva la forza di muoversi. Finì per addormentarsi solo perché il suo corpo non reggeva più. Ma gli incubi non tardarono a farle visita. Quando si svegliò in preda al terrore e con le lacrime agli occhi, prese una decisione molto impulsiva.

Corse nella camera di L e lo svegliò.

Lui la guardò e notò subito che non si sentiva per niente bene.

-Posso dormire con te?

L si limitò ad annuire sorpreso. Irena si gettò nel suo letto facendo attenzione a non dare fastidio.

-Stai bene...?

Chiese lui a bassa voce.

-Adesso sì.

Alla fine il sonno si impadronì subito di lei, ci mise un po' di più per L.

La mattina seguente Irena era già pronta ad andarsene, aveva salutato per l'ultima volta il suo amico e socio nelle malefatte e si fece coraggio, immaginando quante cose belle le sarebbero accadute d'ora in poi.

Ma appena la macchina della sua nuova famiglia partì, le già sentiva la mancanza di quel ragazzino strambo. Era come se stesse abbandonando il fratello.

Per fortuna Irena si abituò subito alla sua nuova vita.

I suoi genitori adottivi erano amorevoli e vicini a lei, a scuola non aveva problemi e con il tempo si accorse anche lei di comprendere le persone in maniera particolare. Aiutava sempre chi ne aveva bisogno e a scuola questa parte di lei veniva molto apprezzata da tutti. Nel tempo libero andava a fare volontariato nelle case di cura o negli ospedali. Era come un richiamo per lei.

Quando guardava negli occhi le persone e leggeva le loro sofferenze, non poteva ignorarle.

Non aveva perso la sua energia e con il tempo non ebbe più problemi con il sonno, adesso si sentiva una ragazza normale, circondata da amici e piena di impegni che le faceva piacere portare a termine.

Più cresceva, più diventava bella.

Anche da bambina era molto bellina, ma ora che stava diventando una donna, quella bellezza stava prendendo nuove forme.

Una volta compiuti sedici anni e tornata dopo le vacanze a scuola, nessuno riuscì a ignorare quanto fosse cambiata.

Il cambiamento più evidente era accaduto sul suo petto, che ad un tratto si gonfiò senza che nessuno se lo aspettasse.

Ma questo non aveva cambiato il suo carattere, rimase la solita ragazza socievole, energica e sempre pronta ad aiutare, ma ora era anche bella; molte ragazze iniziarono a provare antipatia nei suoi confronti e molti ragazzi iniziarono a infastidirla.

Quell'anno scolastico per lei non fu piacevole.

Iniziarono a prenderla in giro per i suoi modi molto aperti. Le ragazze dicevano che fingeva la sua gentilezza per poi pugnalare alle spalle e i ragazzi che fosse talmente ingenua da risultare stupida.

Così, Irena finì per perdere la maggior parte degli amici che si era fatta a scuola, preferendo passare il suo tempo a fare volontariato e leggendo.

In questo periodo scoprì di essere molto appassionata alla psicologia e al comportamento umano, perché tutto quello che leggeva era come se l'avesse sempre saputo, ma non era ancora in grado di spiegarlo a parole sue.

Le uniche persone a scuola che non avevano problemi con lei erano quelle strane. Ragazzi e ragazze con problemi, che si comportavano in modo diverso, che erano diversi, oppure traumatizzati.

Lei cercava di stare vicino a quelli più tristi e desolati, essendo in grado di vedere sul loro volto la sofferenza che portavano in corpo, cercando sempre però di mantenere una distanza professionale nelle relazioni, per non entrare mai troppo in confidenza. Lei voleva aiutare e consigliare, non voleva che le persone in questione la vedessero come la loro salvatrice, o colei che poteva risolvere tutti i loro problemi.

Nonostante tutte le buone intenzioni, comunque Irena presto avrebbe imparato una cruda verità: non tutte le persone che soffrono possono essere aiutate, ed alcune di esse non devono essere aiutate.

Nonostante tutte le buone intenzioni, comunque Irena presto avrebbe imparato una cruda verità: non tutte le persone che soffrono possono essere aiutate, ed alcune di esse non devono essere aiutate

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