Capitolo 29 (Seconda parte)

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Sono le nove in punto e noi ancora siamo sulla strada sterrata che ho percorso con Callie. Dio! In questo momento pagherei qualsiasi cosa per averla con me e ascoltare la sua voce blaterare sulle stronzate cercando di bloccare i miei pensieri neri.

«Dieci minuti, Emory. Altri dieci minuti.»

E quelli sono. Non appena imbocchiamo il parcheggio del Dark Ring il freno a mano tirato di botto provoca un testa coda che mi scaraventa addosso a Jeremia. Evidentemente, al contrario mio, lui se lo aspettava, perché con una mano cerca di alleggerire il peso del mio corpo su di lui mentre con l'altra fa pressione sulla portiera per non sbatterci contro. Una volta che il motore si spegne gli sportelli si aprono all'unisono e iniziamo a correre verso l'entrata. Credo si veda lontano un miglio che l'agitazione ha preso possesso di ognuno di noi, perché non appena l'uomo grassoccio che controlla la porta del Dark Ring ci vede arrivare di fretta, abbassa la maniglia senza perdere tempo. L'unico contrattempo che si mette di mezzo è la sua mano che si pianta sull'entrata quando tocca a me varcare la soglia.

Sbarro gli occhi non appena sento la pressione del suo braccio all'altezza della pancia. Non mi aspettavo di essere frenata, quindi mi ci sono buttata di getto in quella direzione.

«Oliver!» lo chiama in tono rabbioso Jeremia. «Che cazzo stai facendo?»

È lo stesso uomo che c'era la sera in cui mi sono intrufolata qui dentro; con la sua grassa pancia di chi mangia panini imbottiti a pranzo, cena e colazione, lo sguardo viscido che ti fa salire i brividi fin dietro la nuca e la puzza di fritto impregnata nei vestiti. L'ho fregato quella volta, ma temo che stasera lui voglia prendersi la rivincita. Senza spostare il braccio mi allontana di poco spingendomi indietro e rivolgendomi uno sguardo truce prima di girarsi verso di loro.

«L'ultima volta che è entrata tuo fratello mi ha minacciato, Cole. Non mi ci voglio ritrovare con le sue mani incazzate addosso.»

Un lampo di secondo e vedo Vincent scagliarsi verso di lui fino a farlo sbattere contro la porta aperta.

«Non combatto qui dentro, brutta testa di cazzo, ma giuro su Dio che se crei casini e se ci fai perdere altro tempo le mie mani sono l'ultima cosa che ricorderai quando ti sveglierai in un merdoso ospedale» gli sussurra con rabbia a due centimetri dalla faccia. «Lei viene dove andiamo noi» aggiunge subito dopo calcando le parole.

Sono scioccata, talmente sconvolta da questo comportamento che per due secondi mi scordo anche dell'incontro. Non me l'aspettavo un gesto così diretto da Vincent, soprattutto nei miei confronti. Una cosa del genere me l'aspettavo più da suo fratello maggiore.

Ma me ne frego e ne approfitto per passargli dietro, afferrando la mano di Deven che mi tira verso di lui con uno strattone.

Credo che al momento non esista sulla faccia della terra qualcuno che mi odi tanto quanto mi stia odiando quell'Oliver: due volte che mi ha visto ed entrambe le volte gli ho soltanto procurato guai.

Fregandomene anche di questo mi catapulto giù scendendo le scale seguita da Vince. L'odore forte della muffa che abita sui muri mi investe il naso proprio come la volta precedente e per poco, nel buio che oscura la scala, non rotolo a terra all'altezza degli ultimi scalini. L'unica cosa che mi salva dall'impatto con il pavimento è la mano di Vincent che mi affetta il braccio e mi regge in piedi.

Non faccio in tempo nemmeno a ringraziarlo che lui mi zittisce parlando mentre gli altri due aprono la porta entrando e lasciandola chiudere alle loro spalle.

«Prima che ti lasci entrare lì dentro ho bisogno di sapere che hai intenzione di fare, Emory» mi dice, con la piccola lampadina dalla luce gialla che a malapena gli illumina il viso.

I Ricordi che ho di teWhere stories live. Discover now