Capitolo 29 (Prima parte)

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Con il dito scorro le copertine dei libri e dei quaderni dell'università, li sento consumati, ruvidi, la stessa consistenza che ha il quadernino più piccolo che blocca quella fila di pagine rilegate. Lo usavo per scrivere i turni del vecchio lavoro così da non sbagliare orari, e dato che quel lavoro ormai è da mesi che non esiste più decido di farlo diventare più di un semplice quadernino con la copertina arancione.

Strappo le prime quattro pagine, prendo una delle tante biro blu con il tappo mozzicato, poi scrivo la data di oggi.

Mancano quattro giorni a Natale, ed è da qui che ricomincio da capo scrivendo tutto quello che è successo da quando Mayson Cole è tornato nella mia vita. Ci piazzo dentro le cose che so, il fatto che due anni fa ho perso la memoria grazie ad uno stronzo, e che tutti me l'hanno nascosto. Racconto alle pagine le spiegazioni di Callie, quelle di Mayson, e la rabbia che provo adesso verso i miei genitori. La penna scorre, i ricordi di questi ultimi mesi per fortuna sono intatti e non sono svaniti come quelli vecchi. Con precisione scrivo quasi parola per parola la storia che mi ha raccontato Mayson ieri sera, e con lo stesso metodo scrivo anche ogni più piccola sensazione che sto provando oggi. E non ho intenzione di fermarmi, continuerò a scrivere quello che accade domani e dopodomani, anche la più stupida cazzata. Non credo che le cose brutte accadano due vote di fila alla stessa persona, ma se dovesse succedere almeno so che un giorno, tra i libri di scuola che spolvero minimo una volta al mese, troverò nella mia grafia le verità che tutti potrebbero nascondermi di nuovo. Nessuno saprà mai dell'esistenza di queste pagine, perché se nessuno lo sa nessuno me lo potrà mai togliere.

Fuori dalla finestra il sole scende e sparisce mentre l'inchiostro mette nero su bianco i miei pensieri; mi ci sono immersa talmente tanto in quello che sto facendo che me ne sono accorta a malapena che è passata anche l'ora di cena. Con cura richiudo tutto, apro i libri di filosofia e incastro il piccolo quaderno nel mezzo, e poi mi tocca discutere con mia nonna prima di poter uscire da casa con il borsone sulla spalla. Lei mi vuole qui, vuole che torni a dormire nella mia camera, ma ancora non mi sento del tutto pronta. Mi piace stare con Tania, soprattutto perché durante gli stessi turni di lavoro andiamo e torniamo insieme. E poi andarmene così, da un momento all'altro, non mi sembra nemmeno giusto. A questo punto preferisco restare da lei altre due settimane, pagare la metà dell'affitto dato che fino ad ora ho usufruito di tutto quello che c'è in casa sua, e prendermi questo ultimo periodo di tempo in tranquillità. Così, per scollarmi di dosso il senso di disagio che mi fa provare il broncio rugoso di mia nonna, le prometto che domani a cena sarò tutta sua. Oggi no. Ho la serata libera perché è il giorno di chiusura del Burger Phill, quindi molto probabilmente agguanterò la mia compagna di letto provvisoria e me la trascinerò al The Hole.

Uno svago, uno svago vero, forse il primo che mi permetto di prendere da quando la mia vita si è completamente sconvolta.

Prendo il telefono per mandarle un messaggio, così che abbia tutto il tempo per prepararsi prima di uscire. In realtà mi sento anche un po' in colpa verso di lei: le devo un paio di lenzuola nuove perché dopo averle detto che Mayson era venuto a trovarmi ha spostato lo sguardo inorridito sul suo letto e ha buttato ogni cosa che c'era sopra. È arrivata alla conclusione ancora prima che le dicessi di aver fatto sesso sotto quelle lenzuola, ma comunque non le avrei mai negato una confessione simile: al posto suo, se lei lo avesse fatto con Ricky, io avrei avuto la sua stessa reazione.

Mi fermo sul vialetto di casa mia non appena la porta accanto sbatte chiudendosi. Non è quel rumore a farmi voltare ma le voci maschili sovrapposte che fanno baccano.

Il signor Cole apre la fila mandando avanti le ruote della sua sedia a rotelle, dietro di lui i ragazzi lo seguono mentre scherzando si spintonano. Non è che lo faccio di proposito ma nelle loro facce ne cerco una in particolare, e odio doverlo ammettere anche a me stessa però ci resto male quando quello che cerco non lo trovo. Si alza un coro di "ciao" collettivo, poi il braccio di Deven cade letteralmente sulle mie spalle facendomi abbassare di botto e per dispetto gli do una gomitata tra le costole che lo fa piegare leggermente. Mi guarda, io lo guardo, e poi sorrido malignamente portando lui a fare la stessa, identica cosa.

I Ricordi che ho di teDonde viven las historias. Descúbrelo ahora