CASSANDRA » ventitrè.

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Ho parlato con Gabriel. Gli ho raccontato tutto e lui non mi ha raccontato niente. Mi ha lasciata urlare, piangere, masticare la rabbia e sputarla verso di lui. Ho riso quando mi ha preso in giro per la sfuriata fatta ad Andrea e ho tentennato quando ha tossito forte fino a farsi venire una crisi.

Quando si é ripreso non ne abbiamo parlato, non ha dato risposte alle mille domande che mi frullavano per la testa e ora, dopo un'altra ora di un miscuglio di emozioni contrastanti mi chiede scusa, ma é tardi e deve andare a dormire.

Ne ha bisogno, ma non lo dice.

Prende la scusa di una fantomatica visita alle sei del mattino e io lo assecondo. Gli soffio un bacio e gli auguro di far bei sogni.

E ora, silenzio.

Nonostante l'ora non riesco a dormire. Apro un paio di giochi a caso che ho sul telefono dentro una cartella nominata " a tempo perso ". Faccio scoppiare bolle colorate, impilo caramelle che ballano e perdo ben sei partite a briscola di seguito.

Sono ormai le due di notte quando decido di sbloccare ventuno e lo faccio il telefono inizia a vibrarmi tra le dita collezionando un centinaio di messaggi.

Conto la frase 'sbloccami' almeno trenta volte. Altri messaggi contengono scuse, riflessioni e veri e propri monologhi.

' Non sapevo chi tu fossi fino ad una settimana fa, lo giuro. Sbloccami, parliamone. Per favore. '

Leggo l'ultimo messaggio non credendo a nulla di quello che i miei occhi catturano. Fisso lo schermo, osservo le lettere delineandone ogni contorno e sbuffo.

Non ho mai riposto molta fiducia nel genere umano. Specialmente negli uomini, ma sentivo di potermi fidare di ventuno. Ho sempre visto, probabilmente non guardando mai realmente, in tutte le versioni che mi dava di se stesso un fondo di verità.

Ma ora, non so più cosa pensare.

Sobbalzo quando il telefono inizia a  cantare, scappa dalle mie dita distratte e cade sul tappeto. 

Quando i miei occhi incontrano il suo nome seguito da quello stupido cuoricino nero rido di me stessa.

« Vai al diavolo. » Sibilo e lo fisso ancora un po' prima di rispondere.

Perché in fondo, lui é ventuno ed io sono patetica.

« Cass? » Annuisco leggermente contrariata, chi mai potrebbe rispondere se non io?

Silenzio.

« Mi dispiace così tanto Cass » smetti di ripetere il mio nome, dannazione.

Gli regalo il più pesante dei miei silenzi e lui sospira forte. Faccio lo stesso e questo lo fa sorridere.

Lo sento.

« Ho scoperto chi fossi realmente solo una settimana fa e ne ho avuto la conferma da pochi giorni Cass, credimi. »

Tentenno, gli vorrei chiedere così tante cose e recriminargliene altre. Vorrei urlarle a squarciagola fino a farlo sparire dai miei pensieri. Fino a dimenticarlo.

Illusa.

« Rimarrai in silenzio tutto il tempo? » Mi scappa un si e lui ridacchia.

« Non penso che la versione reale di me possa piacerti. Non sono io quello giusto. » Non rispondo, mi limito a fissare il soffitto bianco e quando ricomincia a parlare sembra passato un secolo.

Mi racconta di come ha scoperto chi io fossi, un po' per caso osservando una ragazza in un bar. Tralascia appositamente ogni dettaglio ed io non chiedo.

Mi confida di essere un amante del gelato e di non aver mai fatto caso a quanto io fossi bella prima di scoprire chi fossi. Ride di me, della mia goffaggine e del mio non riuscire a pronunciare parolacce senza tingermi di rosso.

Sorrido.

Parla senza fermarsi per almeno mezz'ora fino a quando lo blocco con un sospiro.

« Andrea? » Lo sento muoversi, lo sento respirare forte, digrigna i denti e sputa un no secco al quale non credo.

« Facciamo una cosa, chiunque tu sia, lasciami in pace. » Ho il cuore che scalpita mentre dico addio a chi, per due anni, mi ha rosicchiato i pensieri e si è saziato delle mie emozioni.

« Non ho più voglia di giocare e come ben sai, ho altro a cui pensare in questo momento » lui non risponde, si limita a sospirare ed io faccio lo stesso.

Dopo circa un paio di minuti di sospiri e silenzi anche troppo rumorosi il mio dito prende coraggio e chiude la telefonata. Lui ci riprova ma non rispondo.

Mi faccio forza ed ignoro completamente le sue cinque chiamate, ignoro quella musica insopportabile e il groviglio nello stomaco che pulsa.

Chiudo gli occhi e quando li riapro, sono diventate venticinque.

• okay mi schifo delle mie stesse parole, perdonatemi.

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