VENTUNO » diciassette

218 30 22
                                    

L'ho chiamata. L'ho chiamata più e più volte ieri sera ma non ha mai risposto.

Mai.

« Fammi un gin tonic » sento Tommaso - il barista - armeggiare con le bottiglie e in un attimo l'odore del gin mi invade.

« Stasera sei solo? » La sua voce mi obbliga a guardarlo. Seguo i movimenti del piercing che ha sulla lingua mentre gratta la dentatura bianca e annuisco.

« Fammi sapere se ti serve altro », un movimento del capo ed ecco che sparisce dietro ad un paio di bottiglie colorate. Io al contrario rimango immobile sul mio sgabello sbilenco a sorseggiare il mio drink. Il telefono vibra e lo sgabello traballa sotto al mio peso. È lei. Dovrei farmi desiderare. Non dovrei rispondere.

« Pronto? » Ramollito.

« Ehi ciao, scusa per ieri ma sono successe un po' di cose » parla piano e cerco di far mia ogni parola ma la musica nel locale è alta e anche lei sembra essere in un luogo piuttosto affollato. Le dico di non preoccuparsi, le chiedo cosa sia successo e lei ordina un paio di birre.

« Ti spiegherò » taglia corto mentre seguo con lo sguardo Tommaso. Spina due birre e le poggia di fronte ad una coppia girata di spalle dall'altra parte del bancone. Il ragazzo si volta ringraziando da sotto gli occhiali scuri e mi chiedo come abbia fatto a sentirlo. Troppo lontano.

« Ehi, ci sei? » Lei mi richiama alla realtà e il mio corpo si irrigidisce. Poggio il piede a terra e fisso le spalle della ragazza. Ha un top color pesca, i capelli raccolti in una crocchia disordinata e in mano, in mano ha un dannato un telefono.

« Dove sei? » Domando piano mentre le note di un orribile canzoncina house rimbomba nel locale e nel telefono.

« In una specie di pub, ma prometto di chiamarti e spiegarti tutto » mi sono fermato a pub. Le dico che va bene, le dico di non preoccuparsi e che si, ci sentiamo più tardi.

Tengo gli occhi fissi sulle spalle di lei, si contraggono e mi sfuggono lentamente. Si volta piano e, non ci credo. Balzo in piedi rovesciando metà del mio drink. I suoi occhi chiari cercano la birra e le labbra si arricciano in una smorfia dopo un solo leggero sorso. Non sono neppure sicuro che abbia bevuto. Lei non beve. Muove il capo a tempo di musica mentre scruta la stanza con lo sguardo.

Posa gli occhi su di me e si blocca. Certo, devo sembrare un maniaco. Mi sorride e mima un : ciao. La mia mano si muove convulsamente in un saluto poco virile e mi maledico per la quarta volta nel giro di dieci minuti. Abbandona la mia figura per dedicarsi alla sua birra.

Non mi ero mai accorto di quando fosse bella.

Dovrei essere spaventato e disorientato ma non riesco a toglierle gli occhi di dosso. La osservo mentre finge di bere quella bionda e mentre sorride alle battute del suo compagno di bevute. Ha gli occhi stanchi e lo sguardo assente ma sorride. Sorride per qualcuno, non per se stessa.

« Ehi cazzone » la voce di Filippo arriva come un sussurro, lo ignoro e tengo lo sguardo ancorato su di lei, sui suoi occhi.
« Ohi Ale, qualsiasi cosa tu ti sia calato stasera, sei pregato di condividere » Lo sento ridacchiare ed ordinare un paio di bassotti.

Non mi ero mai accorto di quanto fosse bella. Mio fratello non mi perdonerà mai. Dannazione.

• e... BOOM, che dite ve lo aspettavate?

VentunoWhere stories live. Discover now