CASSANDRA » quindici

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Sono passati tre giorni. Tre interminabili giorni. Mi sono chiusa in casa, mi sono liberata del cellulare e ho evitato di aprire la porta a chiunque si fosse presentato. Gabriel è stato il primo. È rimasto dietro il legno scuro per circa un'ora sussurrando inutili scuse, per tutta risposta ho acceso il frullatore e lasciato che sovrastasse la sua voce. Poi é passata Emma, al suo dire é passata solamente per portarmi una vaschetta di gelato alla nocciola, ma la conosco, so che non é così. È stata sicuramente informata da Gabriel dell'accaduto o forse insospettita dal mutismo che ha caratterizzato il viaggio di ritorno dall'ospedale. Le ho comunque chiesto di andarsene, le ho promesso che l'avrei cercata se mai avessi avuto bisogno di lei e l'ho pregata di lasciarmi un po' di tempo. Con lei ho parlato, solo con lei. A onor del vero ho rivolto un grazie anche al ragazzo che mi ha consegnato la pizza. Peperoni e salame piccante, una delizia. Stamattina è passato Andrea, ho finto di non essere in casa, ho incollato l'orecchio alla porta e ho cercato i suoi occhi scuri da dietro lo spioncino. L'ho sentito parlare a bassa voce senza capire realmente cosa stesse dicendo e ho sperato per un attimo che sentisse il mio respiro e buttasse giù la porta, o che almeno minacciasse di farlo.

«Cassandra Miranda Ranieri! » Rabbrividisco sentendo quella voce pronunciare per intero il mio nome e mi lascio scivolare sul divano sperando in un allucinazione dovuta ai troppi antidolorifici presi stamattina. « Apri la porta, Cassandra » scuoto il capo in silenzio come se lei potesse vedermi e mi lascio andare in una risata rumorosa  « Sei andato a chiamare mia madre? » Dall'altra parte nessuno risponde, con uno sbuffo punto i piedi. «Apri, non facciamo scenate» mi ordina lei come se avessi ancora sei anni e subito dopo la sento sussurrare qualcosa a quel traditore di Gabriel. Gonfio il petto e zoppico fino alla porta controvoglia, «Appunto non facciamo scenate!» il mio è un ruggito avvelenato che le mie labbra espellono sotto forma di sussurro. Stesse labbra che si incurvano subito dopo in un sorriso al contrario. « Sul serio Gab, lasciami stare» lo sento sospirare e probabilmente il lento toc che arriva al mio orecchio é semplicemente il suono del suo capo che batte piano sul legno freddo. Gelido. « Accendi il telefono Cassandra, per favore. » Il suo sussurro dolente mi pugnala dritta al petto e non posso far altro che annuire lentamente. So che può vedermi, lui può. La mia mano improvvisamente prende il comando e poggia sulla maniglia esitando per un attimo. Trema e prende coraggio. E poi ecco la voce stizzita di mia madre che la obbliga a tornare al suo posto. Sparge consigli indesiderati sulla soglia di casa mia. Consigli giudicanti. Consigli disordinati. Non ne ho bisogno, faccio dietrofront e mi dirigo verso la camera da letto. Lontano dalla porta, dalla sua voce, da lei.  Ma prima, prima accendo il telefono.

Ignoro volontariamente i trentasei messaggi di Gabriel. Non sono ancora pronta a farmi sbattere in faccia la verità, no. Non ci sono messaggi di Andrea, solo un paio di avvisi di chiamata che possono sicuramente aspettare. Il mio dito scorre veloce sui messaggi che ventuno ha scritto, registrato e persino disegnato. Un poco minaccioso 'Dannazione, ti devo venire a cercare?' mi strappa un sorriso e solo dopo il dodicesimo messaggio di minaccia prendo coraggio, respiro e faccio partire la chiamata con il cuore che mi martella nel petto. « Ehi. » Non sono sicura di averlo neppure sentito suonare. «Avevi il telefono incollato alle dita?» C'è un certo frastuono intorno a lui, una ragazza ridacchia e un paio di bicchieri tintinnano. «Dove diavolo eri finita?» La sua voce è roca e lascia trapelare una punta di disapprovazione che ignoro, così come ignoro la sua domanda abbandonandomi sul letto. «Ti sono mancata?» Grugnisce, soffia nella cornette e sputa un : 'Potevi mandare almeno un messaggio', allora ecco che gli soffio un sincero 'Mi dispiace' che lui accoglie allontanandosi dal rumore. «Stai bene?» Sto bene? .Vada per la mezza verità, per la bugia. «Io sto bene, si» poi il silenzio cala e ci culla per un paio di minuti interminabili. «Dove sei?» chiedo senza pensare e lui, senza pensare, mi spara un nome aggiungendo che ha appena raggiunto il giardino posteriore. Troppo rumore, dice. « Torna dai tuoi amici, ci sentiamo più tardi» «Così mi racconterai cosa ti é successo» non rispondo e lui prontamente specifica che non era una domanda ma un ordine. «Ti chiamo tra stasera, ok?» Aggiunge in un dolce sussurro che mi toglie il respiro per un attimo. « Ok », riattacco e sullo schermo lampeggia il nome di Gabriel. Respiro, chiudo gli occhi e rispondo. « Ci vediamo in gelateria alle sei, ok?» Lo sento sorridere e poi, riaggancio.

Capitolo breve lo so, ma spero di pubblicare il prossimo prima di venerdì. Spero. Siete bellissimi, come sempre «3
Voglio consigliarvi un paio di storie - non mi pagano per farlo - che meritano davvero tanto.
« WRITE HER di slutindie » &
« BAIKY di Baikyy »

VentunoWhere stories live. Discover now