CASSANDRA» otto.

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Due profonde ombre scure solcano gli occhi chiari di Gabriel. Puzza di disinfettante e liquirizia, tiene la sua Marlboro rossa spenta, tra le dita. «Hai dormito poco?» Mi scappa un sussurro, ho l'impressione che qualsiasi cosa dica lo sfianchi e che, spenga ancor di più il suo sguardo. «Sono stato dal dentista» la sua risposta scollegata mi agita e lui tira un sorriso facendo scivolare le lunghe dita arrossate tra i capelli castani, forse troppo lunghi. «Sto bene Cass, ho solo bisogno di riposare» le sue parole masticate arrivano al mio orecchio come un suono unico, quasi incomprensibile. Rimango un attimo in silenzio, faccio una pausa e finisco per annuire fintamente. «Come sta tua madre?» Gli scappa un sospiro e il suo sguardo mi oltrepassa, guarda fisso dietro le mie spalle e la voglia di voltarmi, per un minuto, mi solletica. «Sta bene, come al solito» taglia corto e chiude gli occhi massaggiandosi le tempie con estrema delicatezza come se, quel lieve contatto gli provocasse un dolore lancinante. Il suo viso rimane tirato in una smorfia fino a quando non si accorge che lo sto fissando, con insistenza. «Che c'è?» sbuffa aria calda dalle narici e mi guarda a sua volta. «Potrei farti la stessa domanda» sfido il suo sguardo spento che si arrende senza combattere. «Sul serio Cass, sto bene» afferra la mia mano e mi bacia le nocche, le sue mani sono più fredde del solito e le sue labbra tremano sulla pelle tesa delle dita. «Non preoccuparti» la sua voce è meccanica, quelle parole escono sistematiche e l'impressione che abbia ripetuto questa frase più e più volte mi si incolla addosso come miele e non mi lascia. Beve l'ultimo sorso del suo drink color resina cercando con lo sguardo la cameriera bionda. Il suo telefono continua a suonare e lui, continua ad ignorare quella fastidiosa suoneria preimpostata. Conto nove chiamate perse prima di riuscire ad ignorare, quasi completamente, quelle note fastidiose.

«Forse sono semplici pene d'amore». Ho lo sguardo di Andrea addosso e quasi mi strozzo con una patatina a quella sua affermazione. «No, lui non soffre per amore» il mio tono divertito lascia Andrea a mezz'aria, come la sua bottiglia di birra che tiene a pochi centimetri dalle labbra. Mi trovo a pensare che si, vorrei essere al posto di quella bottiglia per poi realizzare che probabilmente potrei. Anzi, sicuramente. «Mi stai dicendo che Gabriel è una specie di robot senza sentimenti?» Il suo sopracciglio ha uno spasmo e finalmente il collo verde della bottiglia si incontra con le labbra. Lo osservo deglutire e chiudere gli occhi, mentre lo fa. «Ti sto solo dicendo che non è da Gabriel struggersi per una ragazza» alzo le spalle e mi inebrio nuovamente del sapore salato delle patatine. «E cosa credi che gli succeda?» Sospiro e lascio che un stanco 'Non ne ho idea' rotoli via dalle mie labbra, senza suono. Mimato. «Questo posto è fantastico!» La voce entusiasta di Filippo mi riporta in sala giochi mentre Martina abbandona la sua mano sistemandosi sulla sedia alla mia destra. «Questo posto fa schifo, Filo» Alessandro invece, poggia la schiena contro il muro scuro annoiato e visibilmente contrariato. «Devo dare ragione ad Ale» è la voce squillante di Ambra a continuare il dibattito e mentre Filippo sostiene la sua tesi, elencando i dieci punti a favore della sala giochi, tra cui i bagni spaziosi io mi abbandono alla mia bevanda zuccherata che profuma di gelsomino. «Tutto bene?» Il gomito di Martina incontra il mio fianco rigido e annuisco concedendomi un sorriso stremato in direzione di Andrea che mi sorride, a sua volta. «Vuoi fare due passi?» Ho lo sguardo di tutto il branco addosso e rabbrividisco quando incontro quello scocciato di Ambra che si allontana con un insulto tra le labbra dipinte di rosso e i fianchi stretti che ondeggiano richiamando l'attenzione di parecchi sguardi.

'Ciao, mi chiamo Elisa ho ventisei anni e bisogno di te' finalmente premo invio e osservo la luce rossa che non accenna diventare verde. Ho passato la serata a mandare messaggi a Gabriel e scusarmi con Andrea per la pessima compagnia. Nonostante i suoi mille e più 'smettila di chiedere scusa' non ho potuto farne a meno, finendo per sfinirlo ed irritarlo. Quando mi ha riaccompagnata a casa gli ho chiesto nuovamente perdono e lui mi ha baciata. Un bacio leggero e alcolico che mi ha fatto dimenticare per un attimo di Gabriel e la mia stupida apprensione. La sua pelle calda premeva contro la mia e il mio cuore pulsava, accompagnato dal ritmo del suo. «Avrei dovuto farlo due ore fa» aveva scherzato passandomi una ciocca ribelle dietro l'orecchio. Ciocca che io, non avevo neppure percepito. «Buona notte Cassandra» avevo risposto a quel semplice augurio sporgendomi verso le sue labbra, premendo forte le mie contro le sue e chiudendo gli occhi al contatto. «Buonanotte, Andrea» ero entrata in casa con quel sussurro e il suo profumo, di nuovo, su di me. E ora, meno di mezz'ora dopo, nonostante il suo profumo sia ancora cucito sulla mia pelle e il suo sapore rannicchiato tra le mie fauci sono qui, alla ricerca di chi, più di tutti al di fuori di Gabriel, mi capisce. 'Ciao Elisa, io sono Alberto' il suono di quel messaggio fa scalpitare il mio cuore e aspetto un pó prima di posare gli occhi sulle lettere nere che lo compongono. 'Come stai?' Passo i pollici sui tasti velocemente e lui risponde che sta bene. Puntualizzando nel messaggio successivo che sta bene, ora. 'Mi sei mancata, sai?' Sorrido a quella domanda e annuisco come se lui potesse percepirlo o persino, vederlo. 'Mi sei mancato un po' anche tu' mento spudoratamente ma diciamocelo, non posso dirgli che ogni mattina frenavo le mie dita dall'impulso di mandargli anche un semplice ciao. O quella sapida emoji raffigurante una scimmia. 'E tu, come stai?' Emulo la sua risposta precedente e mi scopro sorprendentemente sincera. Ora, sto bene. Mi sento quasi una stupida per essermi preoccupata tanto per un paio di occhiaie e una voce roca. Probabilmente Gabriel era reduce da una delle sue serate e aveva veramente, soltanto bisogno di riposare. 'Siamo tornati al nostro gioco?' Quella domanda mi colpisce in pieno petto, violentemente. 'Abbiamo mai smesso?' Lui visualizza e non risponde, la luce diventa improvvisamente rossa e il mio corpo si incurva sotto al peso che porta quel colore. Mi sistemo sotto al lenzuolo color petrolio e sprofondo nel guanciale che emana un forte odore di ammorbidente. Controllo per l'ultima volta la luce e lascio che la mia prenda la stessa colorazione. Mi lascio rapire da Morfeo sperando in un sogno a colori. Mi sveglio verso le tre di notte, un braccio pesa sul mio petto. Inchiostro scuro e profumo di tabacco. Le occhiaie decorano ancora il viso rilassato di Gabriel illuminato dai raggi di luna rubati da quei minuscoli spazi presenti sulle tapparelle chiare.

VentunoWhere stories live. Discover now