ALESSANDRO » ventuno.

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Che io sia maledetto. Che la mia boccaccia lo sia. Maledetta.

Quando i miei occhi incontrano di nuovo la porta di casa è già sera. Ho vagato in cerca di lei. La lei reale, palpabile.

Sono andato in gelateria, ho mangiato lentamente una coppetta al pistacchio non staccando mai gli occhi dalla porta, che pur aprendosi ogni cinque minuti, non partoriva mai il suo bel sorriso.

Entrando in casa l'odore di tabacco freddo mi trafigge e noto subito mio fratello incollato al televisore che prende a colpi di pollici il controller.

« C'è della pizza in cucina », me lo urla grattandosi l'accenno di barba che gli colora il viso.

Non stacca mai lo sguardo dal suo pallone virtuale che fa volteggiare con maestria tra un giocatore e l'altro.

« Mi devi dire qualcosa? » Per un attimo ho un sussulto. Respiro. Non può saperlo.

« Non credo » Lo fisso ma lui neppure si accorge che sono seduto a pochi palmi di distanza da lui, infatti continua ad urlare come se fossi in un'altra stanza.

« Hai venduto Icardi. »

Finalmente respiro. Annuisco senza rispondere e mi fisso sul pallone che va in porta. Nella sua porta. Goal subito. Osservo il suo viso stanco, la macchia di salsa che gli colora l'angolo della bocca per poi cercare il colpevole. Un pezzo di pizza masticato giace a terra e le tracce del suo passaggio sono ben visibili su pantaloni e calzini di Andrea.

« Che hai fatto oggi? » Torno a guardare lo schermo aspettando la sua risposta. Risposta che non arriva, mi arrendo e ricomincio a seguire il pallone che rimbalza da una parte all'altra della televisione.

-

Dopo due ore siamo ancora nella stessa posizione. Lui continua il suo campionato infinito imprecando ad ogni passaggio mancato e io spero in un messaggio di lei ad ogni trillo del cellulare. Mi andrebbero bene anche insulti.

Ma non é mai lei.

« Sento i tuoi pensieri e fanno più pena dei miei, cazzo. » Grugnisce Andrea mordendosi il labbro cercando un assist che non arriva mai e io scuoto il capo. « La tua negatività influisce sul mio gioco », gol subito, di nuovo.

« Io credo che sia piuttosto il tuo far schifo a fifa che influisce sul tuo gioco! » Lui ridacchia dandomi del coglione e per un attimo penso di potergli dire qualsiasi cosa, che lui capirebbe. Che non é stata una cosa voluta. Che non é colpa mia. Che... Ma poi il campanello suona e le parole rimangono comodamente al loro posto.

« Vado io », mi defilo dal suo sguardo e scatto verso la porta. Guardo l'orario e penso a mia madre che quasi sicuramente è passata per tendere un imboscata ad Andrea. Gli avrà portato la sua solita torta al limone sperando che finalmente lui riesca a perdonarla.

Torta al limone che io odio.

Il campanello suona nuovamente quando sono ormai a mezzo metro dalla porta. Non faccio in tempo ad aprire che una raffica di parolacce sussurrate mi invade. Rimango immobile ad osservare il viso di Cassandra che paonazza mi supera. Per un secondo penso che abbia capito, che abbia risolto l'equazione e sia qui per me. Ma no.

« Sei un maledetto pezzo di merda. Sei un ragazzino.»

Le tremano le mani mentre affronta quello che pensa essere il traditore ed ora i sussurri si trasformano in urla. Vorrei dirle che ha sbagliato fratello ma il codardo che è in me mi tappa la bocca.

« Ce l'hai con me? » Andrea balza in piedi, si indica con l'indice e si prende ogni singolo insulto in silenzio. Per un attimo mi guarda in cerca di aiuto ma io abbasso lo sguardo, lo evito. Codardo due volte nel giro di trenta secondi. Record.

« Avevi realmente bisogno di mettere in scena questo teatrino? Cos'era, un gioco? O forse un tuo contorto piano per mettermi alla prova. » Continua ad urlare avanzando verso di lui che confuso non riesce a proferir parola.

« Perché lo hai fatto? Mi fai schifo. » Ora torna a sussurrare e le lacrime iniziano la corsa.

« Non so di cosa tu stia parlando. Sei tu quella che ha voluto chiudere Cass. » Le dita di lui sfiorano quelle di Cassandra che reggono la stampella, la invita ad accomodarsi ma lei lo trafigge con lo sguardo e fa dietrofront.

« Non cercarmi mai più, stronzo manipolatore. » Gli sputa quelle parole in faccia prima di zoppicare verso la porta. Il suo profumo mi accarezza le narici quando mi passa di fronte e nonostante tutto riesce a regalarmi un sorriso che cela delle scuse.

« Vado io, torno subito » Andrea annuisce in silenzio visibilmente confuso. 

Supero la porta e la vedo, sta camminando verso la fermata dell' autobus . Urlo il suo nome un paio di volte prima di riuscire a raggiungerla. E devo dire che nonostante a reggerla sia quella stupida stampella le forze non le mancano.

Adrenalina.

« Ehi » la raggiungo affiancandola.

« Ehi. » Tira su con il naso e la trovo ugualmente bellissima. Il nero del mascara le é colato sulle guance lasciando due lunghi solchi neri ma lo é lo stesso.

Bellissima.

« Mi dispiace Cass... » e sono sincero.

« Non é colpa tua se tuo fratello é un coglione! » Sussurra quell'offesa e nel farlo le si colorano le gote di rosso. Lei che odia le parolacce oggi é a quota tre.

« Ti riaccompagno, ti va? » Vigliacco.

« Credo che a quest'ora gli autobus non passino più. » Risponde senza rispondere realmente e prende a zoppicare in direzione del parcheggio in silenzio ed io non posso far altro che seguirla, in silenzio.

Vigliacco.

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